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Residenza dell’inquilino in affitto in condominio

Un proprietario affitta la propria unità immobiliare collocata in un condominio a un conduttore. Quest’ultimo, per esigenze di varia natura, chiede al locatario di poter spostare la propria residenza anagrafica nell’appartamento. Si tratta di una situazione assai frequente, che riguarda in particolar modo gli affitti prolungati ma che spesso si verifica anche per le locazioni brevi (annuali). In che modo questo può vincolare il proprietario? Vi sono delle conseguenze fiscali o legali per il condomino? Per quanto riguarda il pagamento delle spese condominiali?

Va tenuta innanzitutto presente la distinzione legale fra residenza e domicilio. Quest’ultimo rappresenta il luogo in cui si stabilisce «la sede principale dei suoi affari e interessi». Si tratta di un punto, quindi, nevralgico per affari di natura prevalentemente professionali ma che corrispondono anche a esigenze di altra natura. Può essere, ad esempio, un luogo dove ci si trasferisce temporaneamente per una trasferta di lavoro, o di un ufficio al quale indirizzare la propria corrispondenza.

La residenza anagrafica coincide invece con il luogo in cui ha sede la propria dimora abituale. Vale a dire, dove abitualmente si vive, si dorme, si mangia. Essa dev’essere obbligatoriamente comunicata all’ufficio anagrafico del proprio Comune, il quale provvederà agli accertamenti dovuti per stabilire l’effettiva residenza del soggetto all’indirizzo indicato. Ricordiamo che spostare la propria residenza può comportare per l’inquilino dei vantaggi fiscali, ma anche sanitari. Dunque raramente questa pratica viene ostacolata dal proprietario.

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Con queste premesse, possiamo ora chiederci: quali conseguenze può avere la residenza dell’inquilino in affitto in condominio? La prima e più evidente consiste nell’invio della corrispondenza del soggetto presso l’indirizzo. Vi sono implicazioni rilevanti anche per quanto riguarda le spese?

Spostare la residenza dell’inquilino in affitto: quali conseguenze?

Il primo punto sul quale vogliamo portare l’attenzione è che il contratto di locazione non vincola il conduttore al pagamento delle quote condominiali. Queste spese sono infatti a carico del proprietario, poiché derivano esclusivamente dal suo titolo di proprietà. È poi possibile che l’affittuario e l’inquilino si accordino per dividere il pagamento delle spese includendone una quota fissa forfettaria nel contratto. Questo significa, però, che se un inquilino smette di pagare l’affitto, le spese condominiali ricadranno comunque interamente sul proprietario. Soprattutto, a prescindere dal fatto che un conduttore abbia spostato o meno la sua residenza nell’appartamento.

Ciò che conta ai fini della legge è che l’inquilino provveda a spostare la propria residenza una volta trasferitosi. La comunicazione del cambio di dimora, come detto, spetta a lui. Il proprietario può, ad ogni modo, richiedere presso il proprio ufficio dell’anagrafe l’avvio di un procedimento amministrativo che verifichi l’effettivo cambio di residenza e dunque spinga l’ex conduttore a registrare il nuovo indirizzo.

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Risarcimento danni degli inquilini: si pagano anche i mesi di riparazione?

Se un inquilino danneggia il tuo immobile, come e quanto ti deve risarcire? Una domanda che tutti i proprietari, almeno una volta, si sono chiesti. Le diatribe fra proprietari e inquilini in affitto sono una vera e propria storia infinita. Dai litigi di natura economica riguardo a locatari che non pagano il condominio al risarcimento danni degli inquilini alle questioni legate a danni materiali. Non è raro che queste liti si trasformino poi in vere e proprie odissee giudiziarie, che approdano fino all’ultima istanza, in Corte di Cassazione. Conoscere alcune di queste sentenze può essere utile per comprendere alcune dinamiche sulle quali la legge stessa, spesso, non è così chiara.

A fare chiarezza rispetto la questione di risarcimenti degli inquilini a danni provocati a un immobile è stata una sentenza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (7/3/19 n. 6596). Nel caso in esame un inquilino, al termine del contratto di affitto, lascia l’immobile in condizioni di degrado ben oltre il danno da utilizzo solitamente tollerato. Il proprietario, essendo quindi costretto a dei lavori lunghi e invasivi, deve rinunciare ad affittare nuovamente l’appartamento per tutto il periodo delle riparazioni. Per questo motivo, chiede che il risarcimento del danno sia comprensivo del mancato guadagno causato dall’impossibilità di affittare l’immobile nel periodo dei lavori.

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L’articolo 1590 del Codice Civile stabilisce chiaramente che:

Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto.

È pacifico quindi che l’inquilino debba accollarsi il pagamento dei danni causati all’immobile. Non solo. La Corte di Cassazione con questa sentenza ha anche accolto la richiesta del proprietario riguardo al risarcimento danni degli inquilini.

Risarcimento danni degli inquilini per il mancato affitto?

La Corte ha infatti stabilito che nel conteggio dei danni da risarcire debbano rientrare anche le mensilità nelle quali i lavori di riparazione abbiano  impedito nuovi contratti di locazione. In sostanza, l’inquilino responsabile di un danno deve risarcire il proprietario anche di tutti gli affitti mancati che non ha potuto riscuotere a causa del danno stesso. Il risarcimento di questo mancato guadagno inoltre, come ha specificato la Corte, non deve essere sostenuto da effettive offerte di locazione alle quali il proprietario ha dovuto rinunciare. È sufficiente che sussista la mancata disponibilità del bene alla sua riconsegna.

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Cosa fare se l’inquilino non paga il condominio?

Non è purtroppo una situazione troppo rara: un inquilino conduttore di un contratto di affitto smette, per qualche motivo, di pagare il proprio compenso al locatore. Oltre alla quota di affitto, viene quindi meno anche il pagamento delle rate condominiali, le cosiddette spese di amministrazione. Cosa succede in questo caso? Chi deve pagare questi contributi? Il proprietario che non riceva l’affitto può scegliere di intraprendere alcune misure; non sempre, però, esse sono sufficienti a tutelare al 100% un locatore che non riceva quanto dovuto. Cosa fare se l’inquilino non paga il condominio?

Innanzitutto, specifichiamo che il pagamento delle rate condominiali dipende dal contratto di locazione stipulato fra le parti. In tal senso, se debba essere l’inquilino o il proprietario a pagare questa quota va stabilito in anticipo. Anche quando il contratto preveda l’onere in capo all’inquilino, però, questo non lega contrattualmente il conduttore al condominio che, in ultima istanza, deve sempre e comunque riscuotere i propri soldi dal proprietario. Il contratto di affitto è infatti un impegno che lega i soli contraenti, e non può essere opposto al condominio.

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Se l’inquilino non paga il condominio perché ha smesso di pagare l’affitto, le quote dovute spettano in ogni caso al proprietario dell’immobile. Una situazione evidentemente di svantaggio, in questo caso, per il locatore che oltre a mettere in conto la mancata riscossione, nei fatti può anche dover coprire tutte le spese condominiali lasciate scoperte dall’inquilino. Tanto più che, se il proprietario si rifiuta di onorare il debito perché convinto che non gli spetti, egli può invece incorrere in una responsabilità per inadempimento, comprese le estreme conseguenze di decreto ingiuntivo e pignoramento dei beni richiesto dal condominio stesso. Salvo, poi, potersi rivalere sull’inquilino moroso, ma solo in un secondo momento.

L’inquilino non paga: il condominio può sfrattarlo?

Come detto poc’anzi, il rapporto legale fra l’inquilino e il locatore non coinvolge in alcun modo il condominio, che continuerà ad esigere il pagamento delle spese dal proprietario. Naturalmente, la legge permette al proprietario di richiedere lo sfratto di un inquilino moroso. Fra le giustificazioni ammesse c’è anche il mancato pagamento di oneri accessori quali spese condominiali.

Questo, però, solo a determinate condizioni. Deve trattarsi di una morosità di almeno due mesi, per un importo almeno equivalente (o superiore) a due canoni di affitto. In tal caso, il proprietario dovrà provvedere in ogni caso a saldare i debiti di un inquilino che non abbia pagato il condominio e poi, eventualmente, rivalersi su di lui se il contratto di locazione addossava queste spese a lui. Nessuno “sconto”, naturalmente, neanche se dovesse avvenire un passaggio di proprietà, quindi una compravendita dell’appartamento in questione. A quel punto la ripartizione delle spese fra vecchio e nuovo proprietario manterrebbe il debito comunque in capo al vecchio locatore.