Odori Condominiali

Odori condominiali insopportabili. Cosa fare?

Colui che è infastidito dagli odori condominiali (come le pietanze cucinate dal vicino) deve analizzare con l’ausilio di un tecnico specializzato l’intensità degli odori

I proprietari di un appartamento sono stati chiamati in giudizio con l’accusa, da parte dei condomini residenti al terzo piano, di aver provocato continue immissioni di fumi, odori e rumori molesti provenienti dalla loro cucina. Quello degli odori condominiali insopportabili è un problema che affligge molti inquilini, e che la giurisprudenza ha già dovuto affrontare.

Nel caso riportato, gli imputati hanno ricevuto una condanna in base alla sentenza 14467/017. La Cassazione ha infatti condannato gli imputati proprio in base all’articolo 674 del Codice penale. La sentenza ha spiegato che

“il getto pericoloso di cose” è “configurabile anche nel caso di molestie olfattive a prescindere dal soggetto emittente con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c.”

Con questa sentenza la Cassazione ha di fatto riconosciuto il reato di molestia olfattiva, compreso all’interno della categoria di getto pericoloso di cose. Superato l’elemento di tollerabilità, anche l’odore di fritto diventa così perseguibile con “l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206”.

Naturalmente, per ottenere una condanna in giudizio occorre fornire la prova della sussistenza d’immissioni che superino la normale tollerabilità. Fondamentale, in materia di odori condominiali, il ricorso alla testimonianza, che può costituire prova di non tollerabilità di un’emissione olfattiva.

Ricordiamo anche che, per la risoluzione di controversie condominiali, esistono anche delle forme di conciliazione e dunque di mediazione extragiudiziali.

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Conciliazione delle controversie condominiali. La legge

Tra le novità del decreto legislativo, l’obbligatorietà della mediazione tra le parti, un  regime specifico per le spese processuali

Per risolvere le controversie civili e commerciali, l’alternativa all’aula di tribunale c’è, e si chiama mediazione obbligatoria. È stato pubblicato infatti sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2010 il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che stabilisce la conciliazione per le liti civili e commerciali, comprese le controversie condominiali. L’alternativa sarà concretamente possibile per i processi introdotti nei tribunali esattamente tra un anno di distanza, a partire dal 20 marzo 2011.

Obiettivo dichiarato di questo nuovo istituto è aiutare le parti a raggiungere un accordo amichevole di definizione della disputa, deflazionando il pesante contenzioso dei nostri tribunali.

Tra le principali novità, l’obbligatorietà del tentativo di mediazione in materia di condominio, locazione, Rca e contratti bancari, finanziari e assicurativi. Per queste specifiche fattispecie, la mediazione si configurerà addirittura come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. È lo stesso avvocato incaricato ad informare il suo assistito della possibilità di risoluzione extragiudiziale della controversia.

Conciliazione delle controversie condominiali: spese e durata

Gli elementi di innovazione del provvedimento non finiscono qui. Il decreto stabilisce un particolare regime delle spese processuali che si discosta dal consueto principio di soccombenza. Se infatti la sentenza del giudice che interviene in mancanza di un accordo tra le parti corrisponde alla proposta finale avanzata dal mediatore, le spese del processo gravano sulla parte che abbia rifiutato la soluzione conciliativa.

Se in quattro mesi non si arriva a conciliare davanti al mediatore, allora la lite torna davanti al giudice. Peraltro, la decisione del mediatore è vincolata all’accettazione delle parti. Nel caso la conciliazione non riesca, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta.

Conciliazione di controversie condominiali. Come funziona?

Ma chi può svolgere il ruolo del mediatore nella conciliazione delle controversie condominiali? Si tratta di  un professionista con requisiti di terzietà, vale a dire un avvocato, notaio, o qualsiasi altra figura iscritta in un organismo di conciliazione, istituito sulla base del decreto del Ministero della Giustizia n.222 del 2004, oppure creato sulla base dell’art. 16 dello stesso decreto legislativo che istituisce la mediazione obbligatoria. Per ottenere l’iscrizione nell’apposito registro, gli enti pubblici e privati, presso i quali si potrà svolgere la mediazione, dovranno dare garanzie di serietà ed efficienza. Dovranno inoltre predisporre un codice etico e un regolamento di procedura, nel quale indicare le modalità telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo e le indennità per lo svolgimento dell’attività.

In concreto, sarà poi una particolare struttura, l’organismo di mediazione, a gestire tutto il procedimento di conciliazione delle controversie condominiali, a partire dalla scelta del mediatore per il singolo caso. E proprio su questa figura giuridica grava l’obbligo di disclosure (accordo di non divulgazione). Eegli, infatti, “deve sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato una dichiarazione di imparzialità”, come afferma l’art. 14, co. 2, lett. a. Deve anche “informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità nello svolgimento della mediazione”.

Benché in concreto l’attività del mediatore possa risolversi anche in una mera assistenza silenziosa alle trattative fino a un apporto persuasivo e propositivo più rilevante, per la buona riuscita della mediazione è fondamentale che il mediatore conosca, oltre alla materia oggetto della lite, le tecniche della conciliazione. In tal senso, la normativa sottolinea l’importanza della riservatezza delle trattative.

Quanto dura il procedimento di conciliazione?

Quanto al procedimento di mediazione, fermo restando l’obbligo di una durata massima di quattro mesi, si svolgerà senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione secondo quanto previsto dal relativo regolamento di procedura.

Tutto questo, è bene ribadirlo, per chi lavora in condominio entrerà in vigore tra un anno. In questo lasso di tempo, ministero della Giustizia, di concerto con quello dello Sviluppo economico, dovranno approvare un apposito decreto sui criteri di iscrizione al registro dei mediatori e sulla sua concreta articolazione.