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Mettere un ascensore in condominio: si può vietare l’innovazione?

La realizzazione di un ascensore in condominio dovrebbe essere una notizia accolta positivamente da tutti i proprietari. Può accadere, però, che il progetto di innovazione presenti degli elementi limitanti quando non addirittura penalizzanti per gli altri. Un’incombenza che non dovrebbe stupire, proprio perché la preesistente struttura dell’edificio potrebbe non essere adeguata per ospitare un intervento così. Ne parliamo vedendo in quali casi un altro condominio o l’assemblea possono opporsi all’innovazione di mettere un ascensore in condominio.

Riprendendo quanto detto sulle innovazioni condominiali, questi interventi sono sottoposti a specifici limiti dal Codice Civile. Ad esempio, sono vietate le innovazioni che (articolo 1120, 4° comma):

«possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino».

Rispetto al decoro architettonico, abbiamo già detto come spetti nel complesso all’assemblea stabilire se un determinato intervento possa pregiudicare il valore estetico del condominio. Questo potrebbe essere un valido motivo per i proprietari riuniti per opporsi all’innovazione di un ascensore in condominio.

Altro criterio determinante è la riduzione della possibilità di godere di un determinato servizio o di usufruire di un determinato spazio comune. Come precisato dalla Corte Suprema in alcune occasioni, (sentenza n. 18334 del 25/10/2012), non rientra fra questi casi il semplice disagio creato da un’innovazione. Tanto più se si tratta di un intervento di rimozione di barriere architettoniche che faciliterebbe quindi l’accesso al condominio a persone con disabilità.

Rientrano invece fra i diritti degli altri condomini da tutelare anche la luce e l’aria. Il cosiddetto diritto di veduta rientra a pieno titolo fra le motivazioni valide per vietare di mettere un ascensore in condominio.

Ascensore in condominio: non si può mettere se pregiudica gli spazi comuni

Il punto quindi è, come spesso accade, ritrovare un delicato e condiviso compromesso fra gli interessi diversi che animano il condominio. Da un lato, le esigenze di chi proponendo di mettere un ascensore in condominio vorrebbe migliorarne l’accessibilità. Dall’altro, le ragioni di chi trova in questa innovazione un limite ai propri diritti di proprietà su un bene, che sia comune o esclusivo. La ricerca di questo compromesso spetta in prima istanza all’assemblea riunita, sotto la supervisione diplomatica di un buon amministratore. In ultima istanza, ai giudici.

Possiamo citare a tal proposito una sentenza in merito del Tribunale di Grosseto (n. 669 del 10/10/2020). Qui si accoglieva l’impugnazione promossa da un gruppo di codomini contro la delibera assembleare che stabiliva l’installazione di un ascensore. I giudici hanno, in estrema sintesi, accolto le motivazioni che spingevano gli altri condomini ad opporsi. Nello specifico caso, l’innovazione era stata progettata per una condomina con problemi deambulatori il cui sopraggiunto decesso ha inevitabilmente rimesso sul tavolo la delibera. Il Tribunale ha anche rilevato che, nello specifico caso:

  • Si trattava di una costruzione esterna che avrebbe così violato il rispetto delle distanze di sicurezza imposte dalla legge.
  • La costruzione dell’ascensore avrebbe sensibilmente limitato il diritto di tutti gli altri condomini all’utilizzo di scale, l’ingresso del portone, la disponibilità di aria e luce e l’utilizzo dello spazio esterno (parcheggio e viabilità).
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Diritto di veduta in condominio: cos’è e come rispettarlo

Non tutti tengono conto del fatto che il poter godere di una bella visuale guardando dalla propria finestra costituisce un diritto vero e proprio. Non un diritto al “panorama”, chiaramente, ma un diritto di veduta. Vediamo in che termini è previsto dalla legge e, soprattutto, in che modo vada rigorosamente rispettato, specialmente all’interno di un contesto condominiale. Non è raro, infatti, che il diritto di veduta condominiale sia al centro di infinite liti fra dirimpettai.

Partiamo come sempre dalla fonte principale del diritto condominiale: il Codice Civile. Al suo interno troviamo un’intera sezione Delle luci e delle vedute. Per “veduta” dobbiamo intendere la possibilità di sporgersi dalla propria finestra (o dal proprio terrazzo, balcone condominiale o lastrico solare) e godere di una visuale laterale, frontale e obliqua. Notare che non sono incluse fra le aperture da cui godere di “veduta” ad esempio le porte-finestre.

La legge pone in questo senso dei vincoli espliciti. Il Codice Civile prosegue con la specificazione di precise distanze da mantenere per garantire l’apertura di vedute dirette d ai balconi (articolo 905), laterali e oblique (906) e dalle altre costruzioni (907). In sintesi, per la veduta frontale (diretta) si richiede la distanza di 1,5 m:

  • Tra il fondo del vicino e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette.
  • Fra il fondo del vicino e la linea esteriore del parapetto di balconi, sporti, terrazze, lastrici solari e simili.

Per quanto riguarda la veduta laterale o obliqua, è richiesta la distanza di 75 cm misurabile dal lato più vicino della finestra o dello sporto. In caso di distanza fra le vedute e altre costruzioni, si richiede l’intercorrere di 3 m. Distanza da osservare sia per le vedute dirette sia per quelle oblique, compreso il caso di nuova costruzione appoggiata al muro.

Il diritto di veduta è di tutti?

Il modo migliore per poter rivendicare e quindi tutelare questo diritto è di averlo fissato per iscritto ad esempio nel contratto di compravendita del proprio appartamento. È necessario, per questo, anche il consenso di tutti i comproprietari del fondo vicino sul quale si affaccia la veduta. Altro elemento essenziale è che l’unità immobiliare sia dotata di costruzioni permanenti, visibili e direttamente fruibili per esercitare questo diritto di veduta. Parliamo, quindi, della presenza di finestre, balconi, sporti o altri simili.

È possibile altresì rivendicare l’ottenimento di questo diritto per usucapione. Per far ciò, sono necessari 20 anni continuativi di godimento di un effettivo diritto di veduta, per poter richiedere il pacifico mantenimento di una situazione di fatto.