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Animali domestici in condominio: si possono vietare? Quali regole seguire?

I nostri fidati animaletti domestici sono parte integrante della vita di moltissime persone. Tanti, infatti, non rinunciano a portare con sé i propri amici a quattro zampe anche in condominio. Come vedremo, la legge permette di tenere animali domestici nella propria unità immobiliare condominiale, ma questo non significa che non esistano regole al riguardo. Alcuni disagi, che dipendono soprattutto dalla condotta del padrone più che da quella dell’animale in sé, possono infatti essere causa scatenante di litigi e controversie. Vediamo quindi se si possono vietare gli animali domestici in condominio e quali regole seguire per una convivenza pacifica con gli altri condomini.

Le interpretazioni della giurisprudenza prima e la Riforma del Condominio poi hanno stabilito che un condominio non può vietare la presenza di animali domestici in condominio. Nero su bianco, al quarto comma l’articolo 1138 del Codice Civile stabilisce che

Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.

Nonostante la chiarezza del disposto, è necessario considerare che l’articolo si riferisce a un regolamento condominiale di tipo assembleare. Quindi “tradizionale” e votato a maggioranza. Alcune interpretazioni giurisprudenziali tenderebbero a considerare la possibilità di vietare il possesso di animali domestici in condominio mediante regolamento contrattuale, quindi votato all’unanimità. Il problema si pone quindi in caso di un padrone che sopraggiunga nel condominio dopo l’approvazione di una tale norma nel regolamento. In caso di affitto o di compravendita, quindi, è sempre meglio informarsi prima riguardo alle disposizioni sugli animali domestici nel regolamento condominiale.

Quali regole seguire con gli animali domestici in condominio?

Ammessa la presenza dell’animale nella propria unità di proprietà esclusiva, non ci si deve dimenticare delle aree comuni nelle quali deve vigere il rispetto dei diritti altrui. È quindi buona norma dei padroni ricordarsi che, alcune regole di comportamento e di buon senso, devono in ogni caso essere rispettate.

Parliamo, ad esempio, dell’immissione di rumori e odori molesti che, come abbiamo visto in precedenza, può costituire un vero e proprio reato entro determinati termini. Anche nel caso di animali domestici, va considerata la soglia di tollerabilità dei rumori. Così, il cane ha chiaramente diritto ad abbaiare. Il padrone è però tenuto a limitare questi rumori al minimo possibile e non oltre la soglia di tollerabilità. Curandosi, per esempio, di evitare rumori e confusione nelle ore di riposo. Provvedendo a non lasciare troppo il cane da solo o magari cercando per quanto possibile di isolare il proprio appartamento. In caso di eccessivo disturbo del riposo o della quiete (da dimostrare con prove e testimonianze) la legge prevede anche la possibilità di un risarcimento danni.

Altro punto sul quale riflettere è la libera circolazione degli altri condomini nelle aree comuni, che non può essere limitata dalla libera circolazione del proprio animale domestico. Il rispetto, in tal caso, è sia di un’eventuale paura o allergia degli altri condomini, sia delle norme di igiene e sicurezza. Se quindi non è possibile vietare la presenza di un animale domestico in condominio, è possibile però che i condomini limitino l’utilizzo delle aree comuni agli animali lasciati liberi per tutelare i propri diritti. In linea di massima, il principio è quindi quello del minimo disturbo alla quiete e alla convivenza comune. Altrimenti noto come buon senso.

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Gatti in condominio? La sentenza storica

La sentenza nasce da un diverbio di coppia residente in un condominio di lusso in via Mar Nero e via Nikolajewka, nato nel 2006.

La coppia in questione accusava i gatti, presenti in zona ormai da anni, di portare i topi nelle cantine del condominio, e di disturbare i condomini con il loro miagolio. I gatti erano anche accusati di provocare cattivi odori all’interno del cortile. Per questo, la coppia chiese non solo l’allontanamento dei gatti, ma anche un risarcimento morale a favore dei 500 abitanti del super condominio. Al fianco dei cosiddetti gattari, coloro che si prendevano cura dei mici di strada, è intervenuta a suo tempo anche l’AIDA.

Arriva così la storica sentenza, marchiata poi con il numero 12370/09. La Cassazione ha infine attribuito la ragione alle colonie feline nel condominio e ai loro tutori in seguito a un KO tecnico in virtù della legge 14 agosto 1991, n.281, ovvero la legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

La dottoressa Bocconcello ha sancito che i gatti sono “animali sociali che si muovono liberamente” , sottolineando che “nessuna norma di legge né nazionale né regionale proibisce di alimentare gatti randagi nel loro habitat”. Ergo

i gatti che stazionano e/o vengono alimentati nelle zone condominiali non possono essere allontanati o catturati per nessun motivo.

Del resto, stando all’articolo 2, comma 8 della Legge n° 281 è vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà. E privarli di cibo, cure e di un luogo sicuro non sarebbe forse maltrattamento?

Questa sentenza sancisce una piccola vittoria per tutti gli amanti dei gatti e per la tutela per legge degli animali, anche in un condominio.