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Giardino condominiale: la ripartizione delle spese

Non tutti i condomini hanno la fortuna di possedere un giardino. Quest’area verde, che si distingue dal cortile ma che è sottoposta alla sua stessa legislazione, è di proprietà di tutti i condomini. A differenza delle siepi di confine che separano due fabbricati diversi, il giardino condominiale è infatti ricompreso fra i beni di proprietà comune dell’articolo 1117 del Codice Civile. Vediamo quindi come va gestita la ripartizione delle spese di manutenzione del giardino condominiale.

È necessario intanto comprendere la funzione d’uso del giardino che ne determina il godimento da parte dei condomini. È proprio in questo che il giardino condominiale si distingue dal cortile. Mentre quest’ultimo ha la funzione di dare luce e aria all’edificio e può anche essere adibito a zona di transito pedonale o parcheggio, il giardino è invece destinato alla coltivazione di piante e vegetazione varia.

Definita la sua destinazione d’uso, che corrisponde a un abbellimento del decoro architettonico dello stabile, se ne deriva il godimento che ciascuno può trarne. Nell’utilizzo del giardino condominiale, tutti possono contribuire alla sua coltivazione, nel rispetto dell’uguale diritto altrui che non può subire impedimenti. Questo, naturalmente, a meno che il giardino o una sua porzione sia di proprietà esclusiva di un condomino.

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Come tutti i beni di proprietà comune, anche le spese di manutenzione del giardino condominiale vanno ripartite in base alle tabelle millesimali di proprietà. Tutti, quindi, devono contribuire al mantenimento estetico e funzionale del giardino, anche quanti non ne usufruiscano. Questo significa anche che ciascun condomino ha diritto di far valere, all’interno del dibattito assembleare, le proprie rimostranze nei confronti di spese ritenute eccessive. Ad esempio, ci si può opporre alla decisione di piantare una vegetazione particolarmente costosa, pregiata o che richieda delle cure specifiche.

Spese di manutenzione ordinaria e straordinaria del giardino condominiale

Rientrano nella manutenzione ordinaria del giardino tutte quelle azioni che ne mantengono il decoro e ne permettono la destinazione d’uso. Parliamo quindi di pulizia, potatura, innaffiamento, irrigazione. La manutenzione straordinaria riguarda invece interventi che ne innovino in qualche senso l’architettura strutturale. Ne sono un esempio gli innesti di nuove piante o l’installazione di aree gioco per bambini. È possibile anche permettere ai condomini di sfruttare il giardino condominiale come parcheggio, se la proposta, discussa in assemblea, riceve l’approvazione di quattro quinti dei presenti e dei quattro quinti del valore dell’edificio in millesimi.

Per la manutenzione ordinaria del giardino comunale non si richiede pertanto l’autorizzazione dell’assemblea. Sarà direttamente l’amministratore a commissionarle e a provvedere poi a distribuire i costi degli interventi. In caso di manutenzione straordinaria invece le spese devono essere approvate preventivamente dall’assemblea condominiale. La maggioranza richiesta in questo caso è di almeno la metà del valore dell’edificio in millesimi.

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Installare un condizionatore in condominio: come fare?

Tanti, in estate, si saranno trovati a voler installare un condizionatore in condominio. A seconda del tipo di lavoro richiesto, i proprietari possono però trovare delle resistenze a questo tipo di intervento che coinvolge in parte anche beni comuni a tutto l’edificio. Installare un condizionatore in condominio è possibile, a patto che si rispettino alcune conformità strutturali e legali. Vediamo come procedere.

Innanzitutto, un regolamento condominiale non può vietare a priori l’installazione di un condizionatore. A meno che non sia stata votata all’unanimità una norma contrattuale nel regolamento condominiale al riguardo per precise motivazioni discusse precedentemente in assemblea. Ciò che può impedire a un condòmino di installare un condizionatore è l’eventuale coinvolgimento di un bene comune che, in seguito a questo intervento, viene pregiudicato nella sua funzione o nel suo aspetto di decoro.

Si torna quindi a parlare di decoro architettonico. Discutendo un progetto di installazione di un condizionatore, l’assemblea condominiale può stabilire che questo tipo di intervento pregiudichi l’armonia estetica della facciata, che è di proprietà comune, e quindi negare il proprio consenso. Sono compresi in tali valutazioni i muri che si affacciano al cortile interno.

Tieni anche presente che puoi incontrare limitazioni all’installazione di un condizionatore in condominio anche nel regolamento comunale. Molti comuni infatti richiedono autorizzazioni e debite certificazioni di conformità, oltre a porre divieti riguardo gli impatti visivi o ambientali. Anche questo ha a che fare con il decoro e l’armonia architettonica, un fattore quindi che incide tanto a livello condominiale quanto a livello comunale.

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Installare un condizionatore in condominio: come procedere

Se è possibile installare il condizionatore sul proprio balcone senza modifiche sostanziali alla struttura e all’estetica del condominio, non sussistono particolari problemi. Il proprietario non avrà neppure bisogno di richiedere l’approvazione dell’assemblea. Diverso discorso se invece non è possibile limitare i lavori alla propria unità.

Questo accade quando la cassa esterna del condizionatore intacca anche il muro perimetrale. È bene quindi assicurarsi che l’unità esterna del condizionatore non pregiudichi la vista delle altre abitazioni e che mantenga le giuste distanze in verticale. Se la struttura da installare non ha dimensioni ridotti e non è mobile, deve mantenersi a distanza di tre metri dalla soglia delle finestre altrui; stesso discorso per i tubi, distanti almeno un metro dalle unità abitative circostanti.

Assicurati di verificare anche che i tubi di scolo non rechino disagio (si parla altrimenti di reato di stillicidio) e che il rumore e il calore dell’impianto non disturbino i dirimpettai. In ogni caso, il consiglio che ti diamo è quello di comunicazione del proprio progetto all’amministratore di condominio. Sarà lui a valutare poi se aprire un dibattito assembleare sui lavori o a comunicarti eventuali incompatibilità con il tuo regolamento condominiale o comunale. Questo, anche per mettersi al riparo da future contestazioni dei dirimpettai.

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Cortile condominiale: cosa è permesso fare e cosa no?

Un altro bene di proprietà comune a tutti i condòmini è il cortile, spesso al centro di liti e discussioni. Questo spazio appartiene in comunione anche agli inquilini i quali edifici non si affaccino direttamente su di esso, e ad esso si applicano le stesse disposizioni riguardanti eventuali giardini condominiali. Non è raro che nascano dissapori rispetto all’utilizzo che un proprietario faccia del cortile: come parcheggio, come area giochi per bambini, come terreno per piantare vegetazione. Vediamo allora, secondo la legge e le interpretazioni della giurisprudenza, cosa si può fare nel cortile condominiale e cosa non è invece permesso.

Come detto, l’utilizzo del cortile condominiale deve essere paritario per tutti. Questo, nonostante, come per tutti i bene a uso comune, le spese per la sua manutenzione vadano ripartite fra i condomini secondo i valori indicati dalle tabelle millesimali. I limiti al suo utilizzo sono quindi gli stessi applicati agli altri spazi comuni.

L’impiego non deve modificarne la destinazione d’uso, che potremmo riassumere come una generica funzione di areazione e illuminazione della parte interna del condominio e degli spazi ad esso adiacenti o di accesso (compresi altri eventuali spazi verdi e intercapedini). Altro requisito è che l’impiego fatto da un condòmino non ne pregiudichi potenzialmente un paritario utilizzo da parte di un altro proprietario.

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Cortile condominiale: cosa è permesso e cosa no?

Nel rispetto di queste due generiche disposizioni, è quindi possibile apportare alcune modifiche non sostanziali al cortile condominiale. Ad esempio, è permesso installare delle panchine o coltivare delle piantine, perché questo non ne pregiudica la funzione primaria né l’utilizzo da parte degli altri. È possibile anche installare delle tubature o un’autoclave, purché non troppo voluminosi.

Oltre queste indicazioni generali, molti condomini specificano nel proprio regolamento a quali scopi specifici è destinato il cortile. Dalla lettura di queste funzioni si ricava quindi una serie di divieti più o meno impliciti, connessi con il mantenimento della destinazione d’uso del bene comune. Se, ad esempio, l’area interna deve mantenere una funzione di parcheggio, i bambini non possono giocare con il pallone in cortile. Viceversa, se il cortile è destinato al transito pedonale, non è possibile parcheggiarvi i propri veicoli.

Come si può utilizzare un cortile condominiale quindi? Fermo restando i due punti saldi del rispetto delle proprietà comuni, per rispondere è necessario rilevare espliciti divieti o funzioni d’uso scritte nel regolamento condominiale. Per poi, eventualmente, richiederne una modifica con le adeguate maggioranze assembleari.

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Impianti fognari condominiali: la braga è comune o no?

Una questione spesso dibattuta e a volte causa di spiacevoli litigi riguarda gli impianti fognari condominiali,e l’annosa domanda: la braga è comune o no? Come tutti i beni a uso comune, anche i condotti di fognatura condominiali sono infatti soggetti a leggi specifiche. È bene quindi riconoscere fino a che punto si estenda il principio legale della comunione e dove invece inizi la proprietà individuale. Per affrontare questo argomento, dovremo prima fare chiarezza sul termine “braga”.

Per braga si intende il raccordo che unisce la colonna verticale di scarico dell’impianto fognario del condominio e il tratto di competenza esclusiva del singolo proprietario. Come specificato dall’articolo 1117 del Codice Civile, anche gli impianti idrici e fognari appartengono a quelle parti «oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio». Questo, anche se i suddetti proprietari sono «aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo».

Il comma 3 dell’articolo prosegue specificando anche che la proprietà comune si estende fino a:

i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza.

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Secondo una prima interpretazione, la braga, intesa come punto di raccordo con innesto nella colonna verticale, fa parte dei beni a uso comune. Questa lettura della legge è stata fissata dalla giurisprudenza con la sentenza della Cassazione n. 778 del 2012. Qui, la Corte ha stabilito che la braga «va qualificata come bene condominiale».

A giustificare questa decisione, anche il fatto che i lavori di manutenzione delle braghe coinvolgono necessariamente anche i tratti verticali, configurandosi quindi “parte comune” come le tubature stesse. Viceversa, i tratti di proprietà esclusiva sono disposti in modo tale da subire interventi senza compromettere l’intero impianto fognario.

Impianti fognari condominiali: il dietrofront sulle braghe

Nel 2018, con un più recente riesamine della questione, la Cassazione è poi però tornata sui suoi passi, affermando che la braga predispone un utilizzo del singolo e non può quindi essere considerata di proprietà comune. Con questa motivazione, nella sentenza n. 1027 si legge che la braga «non può rientrare nella proprietà comune condominiale».

Come interpretare quindi questo paradosso normativo? La risposta più saggia è che è necessario valutare caso per caso. Se infatti la lite riguarda la competenza di un tratto dell’impianto danneggiato, è necessario considerare in quale punto preciso si trovi il danno. Nel caso della sentenza n 1027, la lesione si trovava nella braga del condomino al piano di sopra, e spettava quindi a quest’ultimo la responsabilità di riparare i danni da infiltrazione.