img1

Liti condominiali: quali le cause principali?

Gli italiani sono un popolo litigioso? Se dovessimo giudicare il loro comportamento basandoci sulla quantità di liti condominiali attive ogni giorno probabilmente dovremmo rispondere di sì. Esistono decine (se non centinaia!) di motivi che possono spingere i proprietari dello stesso edificio a discutere, fra di loro o con il Condominio stesso. Diamo un’occhiata alle cause principali delle liti condominiali per capire quali sono i punti di discussione più delicati.

Cominciamo con qualche dato. Nel 2020 le cause civili pendenti hanno superato i 2 milioni. Si stima che addirittura il 50% di tutte le procedure civili riguardino casi di liti condominiali. Con qualche variazione fra regione e regione: in testa alle classifiche per numero di cause civili per litigi con i condomini nell’ultimo anno abbiamo visto la Campania e il Lazio. Ma quali sono le cause principali delle liti condominiali in Italia?

Una classifica stilata dal Codacons ci suggerisce i motivi che più di tutti portano i dirimpettai a confrontarsi davanti a un giudice. Nell’elenco rientrano grandi classici che chiunque, abitando in condominio, ha già conosciuto, ma anche pretesti apparentemente futili che a volte nascondono dissapori ben più radicati. Al primo posto della classifica naturalmente rientrano gli odori e i rumori molesti in condominio. Fumo della griglia, barbecue, odore di fritto, puzza di fumo. E ancora musica a tutto volume, tono alto di voce, spostamento di mobili, camminate con i tacchi, lavori condominiali nelle fasce protette.

Vi sono poi i litigi per l’utilizzo condiviso delle aree comuni. Qui si verificano spesso incomprensioni e malumori a causa degli animali domestici in condominio e dello sporco, del parcheggio di moto o biciclette in cortile, dell’utilizzo di sottoscala e terrazze comuni come ripostigli privati. Abbiamo già visto come anche il semplice orario di gioco dei bambini in cortile possa far nascere delle discussioni. Naturalmente, anche i balconi sono grandi protagonisti in questi litigi: per i vasi pericolanti, per l’innaffiamento delle piante, per lo sbattimento della tovaglia con le briciole – rispettivamente, stillicidio e getto pericoloso.

img2.jpg

Liti condominiali? Ecco il vero motivo

Se è vero che alcuni di questi motivi possono apparire futili a chi non si è mai trovato in una situazione simile, bisogna anche attribuire la giusta responsabilità di questi problemi. Un basso tasso di sopportazione e la poca propensione al dialogo da parte dei condomini sono parte della causa. Un ruolo dirimente per la risoluzione delle controversie però spetta proprio all’amministratore di condominio. Questa figura, a volte schiva, a volte del tutto ininfluente, dovrebbe infatti farsi carico anche di liti o diverbi oltre che delle incombenze fiscali. Come?

Adottando una maggiore chiarezza comunicativa riguardo le regole e le procedure di ripartizione delle spese. Ricordando ai proprietari i loro diritti ma anche i loro doveri. Proponendo una mediazione extragiudiziale. Fornendo spunti di soluzione e favorendo il compromesso. Questo non sarebbe necessario “solo” per alleggerire il carico dei Tribunali. Permetterebbe anche un diverso approccio alla vita condominiale, rassicurato da un punto fermo che faccia rispettare le regole interne e le leggi del Codice Civile. Un Condominio troppo litigioso è, quindi, anche colpa di un amministratore poco informato o non abbastanza presente.

2

Spese per la mediazione condominiale: chi le paga?

Lite in condominio? Prima di arrivare davanti al giudice, la legge impone il ricorso a una mediazione extragiudiziale. Uno step obbligato per non sovraccaricare il già imponente lavoro dei Tribunali civili e dei Giudici di pace. La mediazione, come vedremo, è quindi obbligatoria per alcune categorie di dispute che riguardano condominio e un proprietario, condominio e un terzo o due condomini. Il procedimento deve poi necessariamente svolgersi in presenza di un avvocato. Chi deve pagare le spese per la mediazione condominiale?

Partiamo con il vedere quando la mediazione condominiale è obbligatoria. Con il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, si stabilisce che il ricorso a questo istituto extragiudiziale è obbligatorio in materia di:

  • Condominio – per questioni come, ad esempio, l’impugnazione di una delibera o il contesto di un’opera di un condomino, un presunto utilizzo illegittimo della cosa comune, un provvedimento preso dall’amministratore.
  • RCA e contratti bancari, finanziari e assicurativi o contratti di locazione.

In questi casi, la procedura della mediazione è addirittura condizione di procedibilità per poi poter avviare una domanda giudiziale davanti al giudice. Fanno eccezione invece (non vige l’obbligatorietà ma è comunque possibile ricorrere alla mediazione anziché direttamente al giudice):

  • Ricorsi d’urgenza (cautelari) o ricorsi contro decreti ingiuntivi.
  • Procedure per la revoca e la nomina dell’amministratore.
  • Procedimenti d’istruzione preventiva.

Una volta che si decide di intraprendere una mediazione condominiale, un ruolo centrale spetta all’assemblea. Quest’organo legittima l’amministratore a prendere parte alla gestione della procedura e nomina l’avvocato al quale affidare le pratiche. A questo punto, sorge spontaneo un dubbio: chi deve pagare le spese per la mediazione condominiale? All’interno di queste spese sono comprese sia la parcella dell’avvocato sia altre eventuali spese procedurali.

Ripartizione spese per la mediazione

Anche in questo caso, vige il principio generico che tutti i condomini devono concorrere al pagamento delle spese per la mediazione. Questo, naturalmente, perché la figura giuridica del Condominio è data dall’insieme delle singole parti di proprietà. Da questo si deriva anche che, se la lite è fra il Condominio e un singolo condomino, quest’ultimo non trova nello specifico caso una rappresentanza nel condominio, ed è quindi escluso dalla ripartizione delle spese.

Il criterio di ripartizione è, come è facile dedurre, quello stabilito all’articolo 1123. Ciascuno, quindi, pagherà le spese di mediazione condominiale in proporzione alla propria quota iscritta nelle tabelle millesimali.

img1

Il ruolo dell’amministratore nelle molestie condominiali

L’espressione molestie condominiali è una delle più discusse tanto nelle assemblee di condominio quanto a livello giuridico. Nel concetto di molestia rientrano infatti moltissimi comportamenti, volontari o meno, che pregiudicano in qualche modo il quieto vivere della comunità o dei singoli condomini. A volte si tratta di azioni che ledono esplicitamente i diritti di tutti in aree comuni. Altre volte sono comportamenti che pur avendo luogo nelle proprietà private, incidono sul quieto vivere anche dei dirimpettai. Spesso, allora, ci si chiede: qual è il ruolo dell’amministratore nelle molestie condominiali? È sempre a lui che bisogna rivolgersi per tutelarsi?

Ricostruiamo, innanzitutto, un quadro di quali comportamenti possano costituire una molestia condominiale. Si parte dalle piccole azioni, fatte spesso con poca accortezza ma senza l’intento di danneggiare o infastidire gli altri. Parliamo, ad esempio, di una grigliata con il barbecue in balcone. Un’azione legittima di chi voglia approfittare di un terrazzo spazioso, che può però infastidire i vicini con fumi e odori molesti, oltre a macchiare i muri nei casi più eclatanti. Ricordiamoci che anche il semplice friggere con la finestra aperta può provocare molestia, se l’azione viene ripetuta più volte e senza riguardo per le richieste dei vicini.

Vi sono poi azioni apparentemente semplici che però implicano un danno alla proprietà comune o altrui. Ad esempio, la pessima abitudine di gettare mozziconi di sigaretta dal balcone, sporcando così il cortile interno o il balcone sottostante. Anche pulire la tovaglia rovesciando briciole dal balcone o innaffiare le piante costituisce una molestia a tutti gli effetti se ogni giorno si inonda il vicino sottostante dei propri avanzi o di acqua. Tutti questi casi rientrano nella fattispecie di stillicidio e gettito pericoloso di cose, penalmente perseguibile ex art. 674. Il ruolo dell’amministratore nelle molestie condominiali sembra, quindi, fondamentale.

Molestie e liti condominiali: che ruolo ha l’amministratore?

È bene ricordare che questi comportamenti, portati all’estremo, possono sfociare anche nel cosiddetto stalking condominiale. Anche qui, parliamo di un vero e proprio reato, commesso con il preciso intento di disturbare un vicino causandogli ansia o costringendolo a cambiare le proprie abitudini. Per non parlare dei rumori molesti in condominio, praticamente all’ordine del giorno nelle liti condominiali. A questo punto ci si chiede quali siano gli obblighi di un amministratore in merito a condotte moleste. I doveri di questa figura sono esplicitamente elencati all’articolo 1130 del Codice Civile. Qui, tuttavia, non si trova menzione del ruolo dell’amministratore nelle molestie condominiale.

Egli è tenuto ad agire nelle liti condominiali in soli due casi:

  • Quando il comportamento di un condomino è lesivo di un bene o di un’area comune.
  • Quando un’azione viola esplicitamente una norma contenuta nel regolamento condominiale.

In tutti gli altri casi, l’amministratore è quindi legittimato a tirarsi fuori dalla risoluzione di un litigio causato da una molestia condominiale. I condomini offesi dovranno quindi rivolgersi direttamente al proprio avvocato per capire se la molestia subita costituisce un reato e, quindi, procedere per vie legali.

Questo spiega anche perché è fondamentale avere un buon amministratore condominiale. Nonostante la legge non lo obblighi a fare da paciere, questa figura rappresenta un po’ il custode del quieto vivere condominiale. È importante, per questo, che l’amministratore sappia (e voglia) consigliare i condomini, aprendo spazi di discussione civile nelle assemblee e fornendo tutte le soluzioni in suo possesso per evitare futuri litigi.

img1

Isolamento acustico in condominio

Quando pensiamo a un condominio, non dobbiamo credere che i motivi di disturbo siano tutti legati a un comportamento indisciplinato degli altri proprietari. All’interno di un edificio convivono realtà assai diverse fra loro: famiglie con bambini piccoli, musicisti professionisti, locali in affitto ad attività commerciali, turnisti. Il problema più ricorrente fra queste categorie riguarda i rumori molesti in condominio. Abbiamo visto come superare la tollerabilità del suono costituisca un reato vero e proprio, ma ci sono alcuni casi in cui la soluzione migliore è trovare un compromesso di convivenza nell’isolamento acustico in condominio, anziché semplicemente protestare per abitudini diverse dalle proprie.

Molte famiglie, consapevoli di vivere una routine di suoni, ritmi e orari diversi dai propri dirimpettai, pensano all’isolamento acustico come una soluzione a liti condominiali su rumori molesti. Discorso tanto più valido per attività commerciali, come ad esempio una palestra in condominio che volesse tenere anche dei corsi serali con musica e movimento. A tal proposito, esistono anche lamine capaci di assorbire rumori da calpestio, da montare sul proprio pavimento per impedire che il rumore di passi, salti o pressioni continue disturbi il vicino del piano di sotto.

È bene innanzitutto fare una precisazione. I pannelli fonoassorbenti spesso venduti come potenziali alleati dell’isolamento acustico in condominio non hanno in realtà una funzione isolante. Si tratta piuttosto di un trattamento acustico per pulire il suono all’interno di una stanza, che però non impedisce ai rumori di viaggiare oltre il muro. Per isolare i rumori del proprio appartamento è necessario invece un intervento più complesso, che comprenda l’installazione di contropareti, pavimenti galleggianti e controsoffitto sospeso. Operazioni più invasive ma che possono finalmente riportare la pacifica convivenza all’ordine del giorno.

Prevenire meglio che litigare: perché scegliere l’isolamento acustico

Come abbiamo visto più volte, il regolamento condominiale può predisporre un determinato modo di utilizzare i beni comuni. In tal senso, l’amministratore, in quanto garante del rispetto del regolamento, può far valere le ragioni dei suoi rappresentati quando rumori molesti invadono le aree comuni. Se però la questione del disturbo riguarda due dirimpettai che, sfortunatamente, subiscono una costruzione vecchia e poco isolante, potrà muovere un’azione legale solo il singolo proprietario infastidito.

Come stabilito dal Codice Civile, all’articolo 844, le immissioni hanno una soglia di tollerabilità che però, nel caso dei rumori, non è facile valutare. È possibile rivolgersi a dei tecnici specializzati del Comune che registrino i decibel, provandone un’immissione continuativa e in orari inappropriati. Il caso più frequente, però, vuole che in tribunale giungano le sole testimonianze dei proprietari di casa. Ecco perché, per evitare procedimenti lunghi e capaci solo di inasprire i rapporti, molti proprietari optano per l’isolamento acustico in condominio. Un buon modo per prevenire, anziché curare.

A tal proposito un ulteriore consiglio va a chi è in procinto di acquistare un appartamento o prendere in locazione un’unità immobiliare. La fonoassorbenza e l’isolamento delle pareti sono dettagli che troppo spesso ci si dimentica di controllare ma che, nel vivere quotidiano, assumeranno un’importanza cruciale. Meglio informarsi prima.

Cattivi-Odori-,-Rumori-Dispetti

Cattivi Odori, rumori, dispetti. Quante liti di condominio!

La convivenza tra condomini non sempre è pacifica. Basta poco: un odore fastidioso o i panni che sgocciolano, e le liti di condominio si trasformano in lunghe battaglie legali

Sono ben 67 mila i casi di liti di condominio trattati dall’Associazione Nazionale Europea degli Amministratori di Immobili nel corso di soli 12 mesi.

L’odore di fritto e di spezie. L’olezzo della pipì di cani e gatti. Gli effluvi pestilenziali della candeggina e di altri detersivi. I barbecue. La TV e la radio ad alto volume le urla dei bambini che giocano. L’acqua che gocciola dai panni stesi e dai vasi di piante appena innaffiate. I disegnini osceni sulla cassetta della posta e sul citofono. I bigliettini di insulti. Le gomme della macchina tagliate e via elencando. È sterminata la casistica dei piccoli – grandi problemi che possono sorgere tra vicini di casa e condomini.

Per non parlare dei fastidi e delle reazioni di chi si ritrova con un bar aperto fino a notte sotto le finestre, un ristorante al piano terra, una discoteca all’angolo o un laboratorio artigianale nello scantinato. A volte basta poco, nei casermoni popolari così come nelle residenze signorili, per alleggerire le tensioni di vicinato e trovare soluzioni positive. A volte invece si arriva alle mani, ai dispetti, alle vendette. In molti casi di liti di condominio si ricorre alla giustizia, con querele e richieste di risarcimento danni, intasando un sistema già sovraccarico e lento.

Le cause di liti di condominio possono arrivare addirittura alla Cassazione.

Processi penali e cause civili, come è successo di recente per l’odore di cibi fritti e per un persistente profumo di pizza, possono trascinarsi fino alla Cassazione. Con i supremi giudici costretti a occuparsi di guerre dei Roses da pianerottolo e battaglie legali i da cortile. Non solo.

A Milano, nel quartiere Bande Nere, un gruppo di residenti è arrivato a denunciare una scuola di calcio per “il disturbo del riposo e delle occupazioni” causato dai giocatori. In primo grado hanno vinto i grandi, gli abitanti ipersensibili al rimbalzare dei palloni, alle urla dei  atleti e degli allenatori, dai fischi degli arbitri.

Le situazioni, però, possono anche sfuggire di mano e virare in tragedia. Nella storia noir del nostro Paese non mancano omicidi e ferimenti innescati dall’esasperazione per il baccano di bimbi vivaci e mamme chiassose o per una spruzzata d’acqua dal piano di sopra.

Basterebbe poco per convivere in pace: tolleranza e dialogo.

«Secondo l’articolo 844 del codice civile» ricorda ancora il leader dell’Anammi Bica:

L’ immissione non può essere impedita a meno che non superi la normale tollerabilità, rilevata nel contesto di riferimento. Tuttavia, non è facile definire i parametri di ciò che è sopportabile e ciò che non lo è, in particolare quando si tratta di odori. Ecco perché sarebbe sempre meglio trovare una soluzione amichevole e cercare di essere tolleranti. In questo, le capacità negoziali dell’amministratore di condominio sono fondamentali. La strada ideale, infatti, è il cercare di sanare le situazioni critiche e tese prima che i rapporti tra i vicini peggiorino.