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Lavori condominiali non pagati: quali conseguenze?

Le spese condominiali dovute da tutti i proprietari non servono solo per i lavori di manutenzione ordinaria. Queste somme devono anche coprire eventuali interventi straordinari o di riparazione a parti comuni dell’edificio. Può accadere però che, anche complice un innalzamento delle quote dovute, si creino per alcuni condomini delle situazioni di debito. Abbiamo visto cosa succede quando il debito è dovuto nei confronti del condominio. Se però viene coinvolta anche una ditta esterna alla quale vengono appaltati dei lavori, le cose possono ulteriormente aggravarsi. Vediamo cosa succede in caso di lavori condominiali non pagati e quali sono le conseguenze.

Ricordiamo innanzitutto che l’amministratore è tenuto a compiere tutte le azioni necessarie per la riscossione di un debito a un condomino moroso. Il termine per l’avvio di questi provvedimenti è di 6 mesi a partire dalla chiusura dell’esercizio, approvato dall’assemblea. Sappiamo anche che un condomino moroso può ricevere un decreto ingiuntivo anche oltre questo termine, in base ai tempi di prescrizione del debito. La situazione si complica ulteriormente in presenza di un terzo danneggiato. Ossia, quando una ditta realizza dei lavori condominiali non pagati.

L’impresa danneggiata può in questo caso intraprendere azioni di recupero del credito. Provvedimenti che saranno indirizzati al condominio, e non, naturalmente, ai singoli condomini morosi. È per questo che un intervento dell’amministratore si rende ancora più necessario, per tutelare anche i proprietari in regola con i pagamenti. In virtù di questa urgenza e del fatto che la riscossione rientra fra i doveri dell’amministratore, egli può agire anche senza l’approvazione dell’assemblea. I condomini hanno infatti già implicitamente acconsentito all’azione, approvando la delibera assembleare sullo stato di ripartizione.

Cosa serve all’amministratore per agire in casi di lavori condominiali non pagati?

Trattandosi di spese straordinarie – e, quindi, dal costo straordinario, è però necessario che l’assemblea approvi un resoconto dettagliato. In particolare, si ritiene che per agire contro un condomino moroso è necessario che il verbale condominiale riporti in maniera più dettagliata possibile i costi e la ripartizione delle spese straordinarie. Ricordiamo anche che per approvare spese per manutenzioni straordinarie è richiesta la maggioranza degli intervenuti con il voto favorevole di almeno metà del valore millesimale del condominio.

La delibera deve inoltre contenere i dati della ditta appaltata, con specifica dell’oggetto dei lavori e del prezzo complessivo. Le opere straordinarie da svolgere devono anche essere descritte nel maggior dettaglio possibile, con le specifiche ripartizioni di costi e natura degli interventi. Solo in seguito all’approvazione di questo verbale potrà quindi costituirsi il debito del condomino. E dunque, a quel punto, la possibilità per l’amministratore di agire con la messa in mora ed eventualmente con un decreto ingiuntivo, allegando al giudice il verbale di approvazione delle spese. Ricordiamo infine la possibilità per il moroso di chiedere la rateizzazione delle proprie quote condominiali.

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Chi paga le spese di una casa pignorata in condominio?

All’interno di un condominio, a uno dei proprietari viene pignorato l’appartamento. Chi deve pagarne le spese condominiali? Spettano al proprietario o sono invece gli altri condomini a doversi sobbarcare la quota dell’unità immobiliare pignorata? Si tratta di una situazione spiacevole purtroppo non rara, sulla quale è bene fare chiarezza per evitare di aggravare ulteriormente la posizione del soggetto in difficoltà economica. A rispondere chiaramente a questo quesito è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3354/16 del 19/02/2016). Chi paga le spese di una casa pignorata in condominio?

Il pignoramento è un’azione volta a esigere il pagamento di un debito cospicuo da parte di un soggetto moroso. È il caso di un condomino che abbia accumulato migliaia di euro di debiti con il proprio condominio. In seguito a un’azione legale dello stesso, il giudice può stabilire il pignoramento della sua unità immobiliare, che viene così estratta dalla lista di beni di cui il debitore può disporre per una compravendita o una donazione.

L’appartamento in questione rimane di proprietà del debitore, ma funge da garanzia per il pagamento del suo debito e quindi non può essere venduto o donato al di fuori della partecipazione a un’asta immobiliare. Solitamente, il proprietario viene nominato come custode del suo appartamento, senza il diritto di ricavarne alcun compenso.

Spese condominiali: chi paga per una casa pignorata?

Chi paga quindi le spese di una casa pignorata in condominio? Per rispondere a questa domanda la Corte di Cassazione ha evidenziato un principio: il pagamento della propria quota, in base alle tabelle millesimali, di spese di amministrazione, spetta ai condomini in funzione del loro diritto reale di proprietà sugli immobili.

Le spese non hanno quindi nulla a che vedere con la possibilità di utilizzare il bene o dell’effettiva abitazione nello stesso. Del resto, è lo stesso principio per il quale il pagamento delle spese condominiali non spetta direttamente all’inquilino, ma sempre al proprietario. Eventuali accordi per la distribuzione delle spese fra i due non sono in nessun caso sufficienti a esimere il proprietario dal pagamento della sua quota di rate condominiali.

Se ne deduce, quindi, che anche se l’autorità giudiziaria stabilisce il pignoramento di una casa, questo non incide affatto sulla proprietà del condòmino, che continua a essere l’unico titolare del diritto reale sull’immobile. È quindi il proprietario a dover pagare le spese di una casa pignorata in condominio. Non gli altri membri dell’assemblea. Il pagamento dovrà, naturalmente essere effettuato entro i termini di prescrizione del credito del condominio. Spetta all’amministratore agire in tutti i modi a lui consentiti per garantire il saldo del debito, pena la revoca della sua nomina.

Il proprietario destinatario del pignoramento sarà esonerato dal pagamento delle spese solo quando il suo appartamento verrà aggiudicato, tramite l’asta, a un nuovo proprietario. È con il trasferimento (tramite decreto del giudice) della proprietà che l’onere delle spese passa al nuovo proprietario. Questo, tenendo presente le norme sulla riscossione dei contributi degli immobili all’asta.

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L’amministratore può fornire informazioni sui pagamenti di altri condomini?

Il pagamento della propria quota di spese e rate condominiali è un obbligo in capo a tutti i proprietari di unità immobiliari in condominio. Lo stato di un condòmino moroso può però creare, oltre a un certo imbarazzo, anche delle vere e proprie contese giudiziarie. Non solo per il mancato pagamento di un debito, ma anche per la comunicazione di informazioni sui pagamenti degli altri condomini. Questa tipologia di dati può essere condivisa dall’amministratore con gli altri proprietari o si tratta di violazione della privacy? La legge e l’interpretazione giuridica hanno chiarito la questione.

L’amministratore è tenuto alla gestione economica e contabile del condominio, ed entra quindi direttamente a conoscenza di un mancato pagamento. Fra i suoi compiti, c’è inoltre anche quello della rendicontazione. Infatti, nell’articolo 1130 del Codice Civile relativo alle ulteriori attribuzioni dell’amministratore di condominio, è compreso l’obbligo di

redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

Tale rendiconto deve riportare lo stato di amministrazione patrimoniale del condominio, con entrate, uscite e mancati incassi. Ricordiamo, a tal proposito, che il debito delle spese condominiali può andare in prescrizione e che è compito dell’amministratore prendere tutte le misure necessarie per la sua riscossione.

Lo stesso articolo, al punto 9, specifica inoltre che è compito dell’amministratore anche

fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso.

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Questo, in funzione del generale principio per il quale ogni condomino ha il diritto di vigilare sulla gestione proprio patrimonio, seppur condiviso con gli altri condomini. La situazione contabile del condominio non può quindi essere tenuta nascosta agli altri proprietari, anche se questo implica la comunicazione di informazioni sui pagamenti degli altri condomini.

Come può avvenire la comunicazione di informazioni sui pagamenti degli altri condomini

Una recente sentenza del Tribunale di Torino (12/3/19, IV sezione civile) ha integrato l’interpretazione di queste disposizioni normative. Da un lato, è certamente vero che rientra fra le prerogative – anzi, fra gli obblighi – dell’amministratore comunicare lo stato patrimoniale del condominio ai singoli proprietari. Compresi, quindi, gli eventuali debiti di alcuni condomini. Tuttavia, questa comunicazione deve avvenire nel rispetto della privacy e nella tutela della dignità delle persone, quindi secondo precise procedure.

La prima procedura di comunicazione ha luogo annualmente quando viene sottoposto all’approvazione dell’assemblea il rendiconto patrimoniale del condominio. In tal caso, è il diritto degli altri proprietari a conoscere la condizione contabile del condominio, debiti compresi. Al di fuori di questa approvazione assembleare, l’amministratore può comunicare lo stato dei pagamenti di un condòmino solo a un altro condòmino e solo previa esplicita richiesta di chiarimenti in merito all’inadempimento di un pagamento. In assenza di tale richiesta e al di fuori della comunicazione del rendiconto, l’amministratore non può di propria iniziativa divulgare informazioni sui pagamenti degli altri condomini e sullo stato debitorio dei proprietari.

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Spese di un immobile all’asta: chi paga i debiti?

Supponiamo che, all’interno di un condominio, venga messo all’asta un immobile. La procedura di ricollocamento dell’appartamento va per le lunghe ma, nel frattempo, le spese condominiali corrono. Ad esempio, per una spesa improvvisa che prevede l’istituzione di un fondo speciale. Oppure per una semplice riparazione. In questo caso, chi è tenuto a partecipare alle spese di un immobile all’asta? Una volta venduto, il nuovo proprietario è costretto a contribuire a questi costi o ne è esonerato?

L’atto di vendita di un immobile all’interno di un condominio non dovrebbe ricadere negativamente sugli altri proprietari. La legge ha quindi previsto una precisa soglia temporale, stabilendo a chi spettano le spese prima e dopo questo limite. Una norma da conoscere se si ha intenzione di rivalersi sul nuovo o sul vecchio proprietario per spese sostenute/da sostenere. La premessa fondamentale da sottolineare è che un condominio può far valere un proprio credito sulle spese solo se queste risultano chiaramente nel bilancio annuale conservato dall’amministratore.

Un’indicazione su chi deve pagare le spese di un immobile all’asta in un condominio ce la fornisce l’articolo 63 delle disposizioni attuative del Codice Civile sulla riscossione dei contributi. In particolare, i commi 4 e 5:

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

E per le spese arretrate di un immobile all’asta?

In questo senso, la legge vuole “tutelare” i condomini, obbligando il nuovo acquirente al pagamento anche dei debiti per le spese dell’anno precedente all’acquisto. Il problema si pone quando fra il pignoramento di un bene (o comunque la sua messa all’asta) e il suo acquisto intercorre più di un anno. Situazione che costituisce la maggior parte dei casi, per la verità. Gli altri condomini, nel mentre, sono tenuti ad accollarsi tutte le spese, ridistribuendo la quota dell’immobile all’asta in base alle tabelle millesimali.

Proprio per questo motivo è fondamentale che l’amministratore metta in atto tutte le pratiche necessarie già a partire dalla prima notizia di messa all’asta dell’immobile, registrando il debito nei confronti degli altri proprietari. Debito che, spesso, comprende anche le spese antecedenti alla messa all’asta. Questo passaggio, infatti, purtroppo è solo il culmine di una situazione economica incresciosa che può aver portato l’ex proprietario a non pagare nemmeno le precedenti spese e l’amministratore a sospendere i servizi comuni ai morosi.

A questo punto spesso si innesca un cortocircuito del sistema. I crediti condominiali infatti sono esigibili solo dopo il pagamento di altri crediti privilegiati. Trattandosi, come detto, di situazioni economiche difficili, nonostante il diritto degli altri proprietari a vedersi rimborsate le spese versate, spesso il loro credito resta tale. Per questo motivo, un utile consiglio può essere quello di mettere in stand-by, ove possibile, le riparazioni di maggiore entità ma non urgenti e attendere l’acquisto dell’immobile.

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Cosa fare se l’inquilino non paga il condominio?

Non è purtroppo una situazione troppo rara: un inquilino conduttore di un contratto di affitto smette, per qualche motivo, di pagare il proprio compenso al locatore. Oltre alla quota di affitto, viene quindi meno anche il pagamento delle rate condominiali, le cosiddette spese di amministrazione. Cosa succede in questo caso? Chi deve pagare questi contributi? Il proprietario che non riceva l’affitto può scegliere di intraprendere alcune misure; non sempre, però, esse sono sufficienti a tutelare al 100% un locatore che non riceva quanto dovuto. Cosa fare se l’inquilino non paga il condominio?

Innanzitutto, specifichiamo che il pagamento delle rate condominiali dipende dal contratto di locazione stipulato fra le parti. In tal senso, se debba essere l’inquilino o il proprietario a pagare questa quota va stabilito in anticipo. Anche quando il contratto preveda l’onere in capo all’inquilino, però, questo non lega contrattualmente il conduttore al condominio che, in ultima istanza, deve sempre e comunque riscuotere i propri soldi dal proprietario. Il contratto di affitto è infatti un impegno che lega i soli contraenti, e non può essere opposto al condominio.

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Se l’inquilino non paga il condominio perché ha smesso di pagare l’affitto, le quote dovute spettano in ogni caso al proprietario dell’immobile. Una situazione evidentemente di svantaggio, in questo caso, per il locatore che oltre a mettere in conto la mancata riscossione, nei fatti può anche dover coprire tutte le spese condominiali lasciate scoperte dall’inquilino. Tanto più che, se il proprietario si rifiuta di onorare il debito perché convinto che non gli spetti, egli può invece incorrere in una responsabilità per inadempimento, comprese le estreme conseguenze di decreto ingiuntivo e pignoramento dei beni richiesto dal condominio stesso. Salvo, poi, potersi rivalere sull’inquilino moroso, ma solo in un secondo momento.

L’inquilino non paga: il condominio può sfrattarlo?

Come detto poc’anzi, il rapporto legale fra l’inquilino e il locatore non coinvolge in alcun modo il condominio, che continuerà ad esigere il pagamento delle spese dal proprietario. Naturalmente, la legge permette al proprietario di richiedere lo sfratto di un inquilino moroso. Fra le giustificazioni ammesse c’è anche il mancato pagamento di oneri accessori quali spese condominiali.

Questo, però, solo a determinate condizioni. Deve trattarsi di una morosità di almeno due mesi, per un importo almeno equivalente (o superiore) a due canoni di affitto. In tal caso, il proprietario dovrà provvedere in ogni caso a saldare i debiti di un inquilino che non abbia pagato il condominio e poi, eventualmente, rivalersi su di lui se il contratto di locazione addossava queste spese a lui. Nessuno “sconto”, naturalmente, neanche se dovesse avvenire un passaggio di proprietà, quindi una compravendita dell’appartamento in questione. A quel punto la ripartizione delle spese fra vecchio e nuovo proprietario manterrebbe il debito comunque in capo al vecchio locatore.

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Pagamento delle rate condominiali: credito in prescrizione?

Oggi parliamo di debiti e prescrizione. I compiti di un amministratore di condominio si estendono infatti a vari ambiti della vita comune. Fra questi, anche il gravoso ma necessario ruolo di riscuotere debiti e morosità dei condomini. In molte situazioni infatti, il pagamento della quota mensile o periodica subisce dei ritardi. L’interrogativo che dobbiamo porci è: riguardo al pagamento delle rate condominiali, il credito va in prescrizione? O, in altre parole, fino a quando un condominio ha diritto di richiedere il pagamento delle rate?

La legge stabilisce che un condominio è titolare di un vero e proprio diritto alla riscossione dei debiti. Se però questo diritto non viene esercitato per mano dell’amministratore entro i tempi stabiliti dalla legge, si cade nel campo della prescrizione. Il limite temporale fissato dal codice civile è di sei mesi entro la chiusura dell’esercizio: come si legge all’articolo 1129 del Codice Civile:

Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

Questi sei mesi non sono da considerarsi come il tempo ultimo entro il quale è possibile esigere il pagamento di una rata condominiale. Va inteso invece come periodo entro il quale l’amministratore deve esercitare il proprio dovere, richiedendo al giudice un decreto ingiuntivo. Pena la revoca dell’incarico. E la prescrizione?

Come spesso accade, è stata la giurisprudenza a dover interpretare in senso estensivo la legge per rispondere a questo problema. Specifichiamo innanzitutto che bisogna distinguere fra oneri ordinari e oneri straordinari.

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Rate condominiali: credito in prescrizione per spese ordinarie

In questo caso parliamo quindi di rate condominiali relative a spese di ordinaria amministrazione. La riscossione del debito è esigibile a partire dalla data della delibera di approvazione del rendiconto e della ripartizione delle spese. La legge fissa, per il pagamento delle rate condominiali, un credito in prescrizione dopo cinque anni.

Tuttavia, bisogna tenere presente che ogni volta che l’assemblea approva un nuovo riparto delle spese, vi può includere anche le morosità pregresse. Questo significa che il termine dal quale contare i cinque anni di prescrizione si rinnova praticamente all’infinito, ogni volta che si approva un nuovo rendiconto. I debiti delle rate condominiali per le spese ordinarie sono insomma esigibili per sempre.

Credito in prescrizione per spese straordinarie

In questo caso, si applica al diritto di riscossione dei debiti per le spese condominiali straordinarie il termine ordinario previsto dalla legge. Parliamo quindi di dieci anni. Decorso questo tempo, è da considerarsi civilmente responsabile l’amministratore condominiale come causa di pregiudizio economico al condominio. Subentrata la prescrizione, la richiesta di risarcimento danno va quindi fatta all’amministratore.