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Balcone aggettante in condominio: cos’è e come gestirne la manutenzione?

In base alla loro conformazione strutturale, esistono diversi tipi di balconi in condominio. Distinguere le varie tipologie è importante, poiché a ciascuna attribuiamo un diverso regime di ripartizione di spese di riparazione. Approfondiamo la categoria del balcone aggettante in condominio: cos’è e come gestirne la manutenzione?

Partiamo dalla definizione. Un balcone si dice aggettante quando sporge dal perimetro murale dell’edificio. Da un punto di vista strutturale e, quindi, anche giuridico, sono considerati meri prolungamenti dell’abitazione dalla quale sporgono. Essi si distinguono da altre tipologie di balconi (come ad esempio i balconi incassati) poiché sono agganciati all’edificio solo attraverso il solaio interno (il pavimento). Questo li dota di autonomia statica e li rende indipendenti dal condominio e dunque anche dalla proprietà comune. A determinare la proprietà esclusiva dei balconi aggettanti anche il fatto che essi non svolgono alcuna funzione per gli altri condomini, né di copertura né di sostegno strutturale.

Già a partire da questa definizione, possiamo comprendere alcune cose sul come gestirne la manutenzione e ripartire le conseguenti spese. Ciò detto, come per tutti gli elementi di un condominio, bisogna comunque analizzare le singole componenti di un balcone aggettante. Non tutti gli elementi che lo compongono sono infatti di proprietà esclusiva del titolare dell’unità dalla quale sporgono. Per capire questo punto è necessario rifarsi alla definizione di decoro architettonico.

Balcone aggettante in condominio e decoro architettonico

Potremmo definire il decoro architettonico come un criterio che tutti i condomini sono tenuti a rispettare nella gestione tanto dei beni comuni quanto delle proprietà private o esclusive. Vi sono infatti alcuni elementi di un condominio che contribuiscono a determinarne l’aspetto estetico. Si tratta dell’insieme di linee, decorazioni ed elementi ornamentali che svolgono quindi una funzione comune. Non parliamo solo della tutela del pregio estetico del condominio, ma anche del suo valore economico, proporzionale alla sua architettura.

Nel rispetto del decoro architettonico, si annoverano quindi fra le parti comuni di un condominio anche alcuni elementi dei balconi aggettanti. Parliamo nello specifico delle parti che compongono la facciata:

  • I rivestimenti, tanto frontali quanto quelli sul lato inferiore.
  • Parapetti, balaustre e altre strutture.
  • Elementi decorativi/accessori: fioriere, tende da sole etc.

Questo non significa che un vaso di fiori appeso al proprio balcone sia di proprietà comune. Significa però che ogni modifica a elementi che possano compromettere il decoro architettonico del condominio possono essere vietati o in qualche modo limitati dall’assemblea condominiale.

Per questo, le spese per gli interventi sui balconi aggettanti in condominio non spettano sempre al loro proprietario. La ripartizione dipende dall’elemento del balcone interessato dai lavori. È bene valutare caso per caso. Esistono interventi meramente estetici che però hanno poca incidenza sul decoro complessivo (ad esempio, una semplice pianta) e che quindi spettano al proprietario. Altri interventi più rilevanti, come ad esempio la riverniciatura dell’intero rivestimento esterno, possono essere ripartiti fra tutti i condomini. La valutazione, anche in caso di infiltrazioni nel balcone aggettante, va effettuata nel singolo caso concreto: impossibile stabilire a priori quali interventi siano comuni e quali no.

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Riparazioni di notevole entità: qual è il quorum richiesto?

I lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria, dei beni comuni di un condominio sono uno degli argomenti all’ordine del giorno nelle assemblee condominiali. Tra i due tipi di intervento sussistono infatti delle differenze non solo nominali, ma anche in termini di quorum assembleare per l’approvazione e gestione. La cosa si fa ancora più complessa quando si parla di riparazioni di notevole entità. Come si distingue un intervento di questo tipo da un normale lavoro di mantenimento “ordinario” delle cose? Cosa cambia nei fatti?

La disciplina relativa ai condomini ha provveduto a dare delle definizioni dei lavori di manutenzione. Tuttavia, si tratta, come  in molti casi, di definizioni passibili di un’ampia interpretazione che, in alcuni casi, rende complicato stabilire se si tratti di interventi ordinari o di manutenzioni straordinarie di notevole entità. Del resto, elencare con precisione tutti i possibili lavori di cui un condominio può avere bisogno non sarebbe stato facile. Ma perché è così importante distinguere la diversa entità di questi interventi sulle cose comuni? La differenza non sta solo nel tipo di lavoro praticamente richiesto, ma anche nei quorum assembleari.

Difatti, è previsto che per i lavori di intervento ordinari possono essere sì decisi all’interno di un contesto assembleare. Ma possono anche essere ordinati e direttamente gestiti anche dall’amministratore stesso. Questo, per velocizzare i processi decisionali quando gli interventi hanno una portata modesta e non richiedono particolari autorizzazioni da parte dei condòmini. Naturalmente, l’amministratore dovrà rendicontare ogni tipo di intervento ordinario realizzato. E per quanto riguarda i lavori straordinari, specialmente le riparazioni di notevole entità?

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Chi stabilisce le riparazioni di notevole entità?

Una manutenzione straordinaria, a differenza di quelle ordinarie, necessita invece dell’approvazione assembleare proprio per la loro natura di “una tantum” che corrisponde, solitamente, anche a una spesa maggiore. È previsto che l’amministratore possa avviare dei lavori di riparazione straordinaria quando l’urgenza dell’intervento lo richieda (ad esempio, se il pericolo di caduta di calcinacci da un balcone pregiudichi la sicurezza di condomini e terzi). Esiste poi una “sottocategoria”, che comprende tutte quelle manutenzioni straordinarie e particolarmente cospicue per spesa, area coinvolta o tipo di intervento. Si tratta quindi di riparazioni di notevole entità.

L’articolo 1136 del Codice Civile relativo ai quorum assembleari cita testualmente queste riparazioni, affermando che richiedono necessariamente l’approvazione di almeno metà degli intervenuti che corrispondano al 50% + 1 del valore dell’edificio in millesimi, così come tutti gli interventi straordinari. Questo, sia in prima sia in seconda convocazione. Diversamente, nel caso della manutenzione straordinaria di entità contenuta o, comunque, non “notevole”, in seconda convocazione è sufficiente l’approvazione di un terzo dei partecipanti che rappresentino almeno un terzo del valore in millesimi. Ecco dunque la differenza.

Chi stabilisce cosa sia di “notevole entità” e cosa rientri invece semplicemente nella manutenzione straordinaria? Solitamente, a meno che non si trovi un accordo nel contesto assembleare, la decisione spetta al giudice, che valuterà nel merito, caso per caso. Una distinzione che terrà conto della spesa da sostenere e della proporzionalità della stessa al valore dell’edificio e, dunque, anche alla ripartizione secondo le tabelle millesimali.

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Lastrico solare ad uso esclusivo: ripartizione delle spese

Il lastrico solare è la superficie che riveste il piano superiore di un palazzo. Quest’area si presenta, a volte, come uno spazio calpestabile e dunque adatto per allestire una terrazza o montare altre costruzioni. Forse è anche per questo che si tratta di uno dei beni comuni condominiali più contesi e, spesso, invidiati. Vediamo come ci si comporta quando il lastrico solare è ad uso esclusivo. Chi deve pagare? Le spese di manutenzione del lastrico spettano al solo proprietario? O vanno ripartite fra tutti i condomini?

La prima cosa da tenere presente è che il lastrico solare svolge una fondamentale funzione di copertura del condominio. La sua stabilità e il suo mantenimento sono quindi nell’interesse di tutti. Anche di chi non ha diritto di calpestarlo. Non sempre, infatti, questo bene comune è accessibile a tutti i condomini. In alcuni palazzi, il lastrico solare è ad uso esclusivo, dunque di proprietà di uno o più condòmini. Questo significa che saranno solo i proprietari a doversi occupare delle sue riparazioni? In realtà no.

Il fatto che non tutti vi abbiano un accesso diretto non rende il lastrico meno funzionale alla copertura dell’edificio. In altre parole, anche se ad uso esclusivo, questa superficie svolge una funzione collettiva ed è dunque compito di tutti occuparsene. Lo spiega bene l’articolo 1126, dedicato proprio alle spese di riparazione del lastrico solare.

Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.

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Lastrico solare ad uso esclusivo o non coprente: a chi spettano le spese di riparazione?

È evidente dunque che la spesa per la manutenzione di un lastrico solare vada sempre ripartita fra i condomini. In quote diverse a seconda che la proprietà sia in parte esclusiva e in parte comune o totalmente in comunione. Anche quando l’intervento riguardi un lastrico solare ad uso esclusivo nella sua totalità. La ripartizione è, come stabilito dal Codice Civile, di un terzo/due terzi.

Un caso particolare si verifica quando il lastrico non copre tutto l’edificio. In queste situazioni, si mantiene il principio per il quale devono concorrere alle spese di riparazione i condòmini che traggano beneficio dal bene. Quindi, i danni saranno ripagati da tutti i proprietari compresi nella verticale effettiva al di sotto del lastrico in oggetto.

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Il lastrico non copre tutto l’edificio: come si dividono le spese?

Il lastrico solare è a tutti gli effetti un bene a uso comune per un condominio, poiché la sua funzione di copertura è a vantaggio dell’intero palazzo. Può capitare, tuttavia, che una parte del lastrico o l’intera superficie siano di proprietà di un solo condomino (o di un gruppo di essi). Come spiegavamo in un articolo precedente, la manutenzione dei lastrici in condominio dipende, naturalmente, anche dalla sua proprietà. Cosa succede, invece, se il lastrico solare non copre l’intera struttura? Vediamo come si dividono le spese se il lastrico non copre tutto l’edificio.

La manutenzione del lastrico solare è uno di quegli interventi che si tendono a rimandare, ma che prima o poi presentano il loro conto. A pagarne le conseguenze sono tipicamente gli inquilini dell’ultimo piano del palazzo, che ritrovano infiltrazioni e muffe sul proprio soffitto. È bene, quindi, sapere in anticipo come andranno ripartite le spese di manutenzione e riparazione del lastrico solare, per non trovarsi nel bel mezzo di un litigio proprio quando il danno è già fatto.

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 Il primo elemento da considerare, come abbiamo detto, è la proprietà del lastrico. Se si tratta di un bene comune, la ripartizione va fatta fra tutti i condomini secondo le tabelle millesimali. Se si tratta di un bene con titolarità esclusiva o in parte di un condomino, la ripartizione per le spese di manutenzione va fatta secondo il criterio di un terzo/due terzi. Queste ripartizioni condivise sono però giustificate dal fatto che il lastrico solare ha una funzione di copertura di cui gode l’intero edificio. E se così non fosse?

Chi ripara un lastrico che non copre tutto l’edificio?

Nel caso in cui un lastrico copra solo una parte del condominio, si applica il principio della verticale effettiva. Vale a dire, si devono occupare delle spese di manutenzione solo i condòmini compresi nella linea verticale di copertura del lastrico.

Questa fattispecie si può verificare quando parte del lastrico solare abbia un terreno calpestabile e sia quindi assimilabile a unaterrazza di proprietà dell’inquilino dell’ultimo piano. In questo caso, se la copertura effettiva svolta dal lastrico non si estende a tutta la superficie ma solo a una parte, bisogna ripartire diversamente le spese. Va seguito, in ogni caso, il principio dell’articolo 1126. Devono quindi concorrere alle spese sia il proprietario che ha diritto esclusivo di utilizzo sia i condòmini sottostanti che fruiscono della sua copertura.