img1

Superbonus ai condomini morosi: è consentito?

Il Superbonus 110%  è un’occasione unica per ristrutturare il proprio appartamento puntando all’efficientamento energetico e sismico. I fondi stanziati per gli incentivi fiscali sono molti, ed è proprio per questo che le regole sono particolarmente stringenti. Lo scopo è evitare che ad approfittarsene siano i soliti furbetti. L’Agenzia delle Entrate, con le sue Risposte, ha fornito ulteriori chiarimenti in merito all’accesso al Superbonus dei condomini morosi. Se il proprietario di un appartamento in condominio ha dei debiti con lo stesso, può usufruire comunque dei benefici fiscali?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo rifarci direttamente alla Circolare n. 30/E dell’Agenzia delle Entrate rilasciata a fine dicembre. Qui si specifica che la detrazione cui il condominio richiedente ha diritto viene calcolata sulla base delle spese sostenute nel periodo di riferimento per i lavori svolti. Se si intende usufruire della cessione del credito, bisogna però tenere conto del rapporto fra le spese versate da ciascun condomino e quelle dovute.

La circolare specifica che il compito spetta all’amministratore di condominio. Questa figura è tenuta a comunicare all’Agenzia la cessione del credito

«esclusivamente per un ammontare proporzionato al rapporto tra quanto versato da ciascun condomino entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento della spesa e quanto dovuto dal condomino stesso».

In buona sostanza, non si può usufruire della detrazione fiscale sotto forma di credito da cedere per somme che non sono state versate. La cessione del credito concessa al singolo condomino può essere solo proporzionata alle somme da lui versate.

La risposta dell’Agenzia è quindi chiara. Niente Superbonus ai condomini morosi. Questo significa che vengono meno anche alcuni obblighi dell’amministratore. In particolare, egli non è tenuto nemmeno a comunicare al condomino moroso dati riguardanti i lavori sulle parti comuni.

Superbonus ai condomini morosi: I termini per saldare i debiti

E se il condomino moroso volesse saldare i suoi debiti proprio per accedere al bonus? I termini del pagamento cambiano in base alla soluzione di riscossione degli incentivi scelta: sconto in fattura o cessione del credito?

In caso di cessione del credito o di sconto in fattura, il condomino moroso deve saldare i suoi debiti entro la chiusura dell’esercizio del bilancio condominiale. Deve quindi essere già in regola con le tempistiche dei pagamenti dovuti.

Se invece la detrazione del credito viene richiesta nella modalità “spalmata” come taglio delle proprie imposte IRPEF? In questo caso, il condomino richiede come singolo contribuente gli incentivi, e i termini non sono quelli del condominio, ma quelli della propria dichiarazione dei redditi. Il debito dovrà quindi essere saldato entro la sua presentazione.

img1

Lavori condominiali non pagati: quali conseguenze?

Le spese condominiali dovute da tutti i proprietari non servono solo per i lavori di manutenzione ordinaria. Queste somme devono anche coprire eventuali interventi straordinari o di riparazione a parti comuni dell’edificio. Può accadere però che, anche complice un innalzamento delle quote dovute, si creino per alcuni condomini delle situazioni di debito. Abbiamo visto cosa succede quando il debito è dovuto nei confronti del condominio. Se però viene coinvolta anche una ditta esterna alla quale vengono appaltati dei lavori, le cose possono ulteriormente aggravarsi. Vediamo cosa succede in caso di lavori condominiali non pagati e quali sono le conseguenze.

Ricordiamo innanzitutto che l’amministratore è tenuto a compiere tutte le azioni necessarie per la riscossione di un debito a un condomino moroso. Il termine per l’avvio di questi provvedimenti è di 6 mesi a partire dalla chiusura dell’esercizio, approvato dall’assemblea. Sappiamo anche che un condomino moroso può ricevere un decreto ingiuntivo anche oltre questo termine, in base ai tempi di prescrizione del debito. La situazione si complica ulteriormente in presenza di un terzo danneggiato. Ossia, quando una ditta realizza dei lavori condominiali non pagati.

L’impresa danneggiata può in questo caso intraprendere azioni di recupero del credito. Provvedimenti che saranno indirizzati al condominio, e non, naturalmente, ai singoli condomini morosi. È per questo che un intervento dell’amministratore si rende ancora più necessario, per tutelare anche i proprietari in regola con i pagamenti. In virtù di questa urgenza e del fatto che la riscossione rientra fra i doveri dell’amministratore, egli può agire anche senza l’approvazione dell’assemblea. I condomini hanno infatti già implicitamente acconsentito all’azione, approvando la delibera assembleare sullo stato di ripartizione.

Cosa serve all’amministratore per agire in casi di lavori condominiali non pagati?

Trattandosi di spese straordinarie – e, quindi, dal costo straordinario, è però necessario che l’assemblea approvi un resoconto dettagliato. In particolare, si ritiene che per agire contro un condomino moroso è necessario che il verbale condominiale riporti in maniera più dettagliata possibile i costi e la ripartizione delle spese straordinarie. Ricordiamo anche che per approvare spese per manutenzioni straordinarie è richiesta la maggioranza degli intervenuti con il voto favorevole di almeno metà del valore millesimale del condominio.

La delibera deve inoltre contenere i dati della ditta appaltata, con specifica dell’oggetto dei lavori e del prezzo complessivo. Le opere straordinarie da svolgere devono anche essere descritte nel maggior dettaglio possibile, con le specifiche ripartizioni di costi e natura degli interventi. Solo in seguito all’approvazione di questo verbale potrà quindi costituirsi il debito del condomino. E dunque, a quel punto, la possibilità per l’amministratore di agire con la messa in mora ed eventualmente con un decreto ingiuntivo, allegando al giudice il verbale di approvazione delle spese. Ricordiamo infine la possibilità per il moroso di chiedere la rateizzazione delle proprie quote condominiali.

img2

Rateizzazione delle quote condominiali

Come sappiamo, la ripartizione delle spese condominiali avviene fra tutti i proprietari. Ciascuno è tenuto a versare una quota in base al valore della sua proprietà in condominio indicato nelle tabelle millesimali. A volte, però, una manutenzione straordinaria particolarmente costosa o altri versamenti aggiuntivi rendono le spese condominiali un’incombenza difficile da pagare tutte in un’unica soluzione. Un argomento sempre più discusso nei condomini. È possibile, in tali casi, richiedere la rateizzazione delle quote condominiali? Se sì, in quali occasioni e in che modo?

Le spese condominiali sono già ripartite, per comodità di riscossione, in quote la cui cadenza viene stabilita dall’assemblea condominiale. Solitamente si tratta di 12 soluzioni mensili (il bilancio condominiale va redatto annualmente), ma è possibile anche che i pagamenti siano bimestrali, semestrali e così via. In questo caso, stiamo parlando quindi di un’ulteriore rateizzazione delle quote condominiali, richiesta da un condomino che versi in una situazione economica poco felice. Il primo elemento da comprendere sono gli obblighi fissati dalla legge nei confronti dei soggetti coinvolti.

Innanzitutto, l’assemblea condominiale, che è l’organo incaricato di prendere decisioni riguardanti le spese comuni e, quindi, anche un’eventuale transazione. Quest’ultimo è un contratto stipulato fra due parti che si impegnano ciascuna ad un’azione per risolvere una controversia. Si apre, quindi, una vera e propria trattativa fra il condomino moroso e il condominio. In questo caso, è possibile richiedere una diluizione dei pagamenti con un’ulteriore rateizzazione delle quote condominiali stipulata ad hoc. Non solo. È possibile anche contrattare un’eventuale riduzione del proprio contributo. La forma contrattuale scelta è decisiva poiché fissa delle precise tempistiche, assicurando una certezza giuridica al condominio creditore.

L’amministratore può concedere una rateizzazione delle quote condominiali?

Come detto, quindi, l’attore principale di una trattativa volta alla rateizzazione delle proprie spese è l’assemblea. Solo questo organo è infatti intitolato ad approvare una riduzione delle quote spettanti ai singoli. Trattandosi di una deroga al principio generico di condivisione delle spese in base alle tabelle millesimali, questa delibera richiede l’approvazione all’unanimità. Se invece si tratta di una semplice rateizzazione (e non di una rinuncia al credito da parte del condominio), è possibile votare a maggioranza.

Vi è poi la figura dell’amministratore. Questo soggetto non ha il potere di stabilire in anticipo modifiche rispetto alla riscossione delle somme dovute. Egli ha, invece, l’obbligo di agire contro il condomino moroso entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, da considerarsi come l’approvazione del verbale dell’assemblea contenente il bilancio annuale. Anche in questo caso, sarà l’assemblea eventualmente a dispensare l’amministratore dal dovere di intraprendere un’azione legale. La via preferenziale è sempre rappresentata da un contratto di transazione che garantisca tempi certi per il pagamento.

La procedura migliore per richiedere la rateizzazione delle quote condominiali comincia dunque con una comunicazione all’amministratore, che ne porterà la discussione in assemblea. In generale, dimostrare una buona volontà nel pagamento (ad esempio rateizzando i versamenti anche prima dell’approvazione dell’assemblea) significa evitare di incorrere in procedimenti di riscossione. Questi ultimi, che possono sempre culminare in un pignoramento dell’unità immobiliare, hanno tempi lunghi e costi a volte esosi, e si tende quindi a preferire altre modalità di accordo fra le parti.

img1

Decreto ingiuntivo condominiale: quando si può usare?

Nel caso, purtroppo ricorrente, dei condomini morosi il compito di esigere il pagamento dei debiti spetta all’amministratore. Questo rientra esplicitamente fra i suoi obblighi, come l’articolo 1130 del Codice Civile specifica. Non riscuotere i contributi o meglio non mettere in atto tutte le azioni necessarie per la loro riscossione può essere causa di revoca della sua nomina. Fra le azioni previste vi è anche il decreto ingiuntivo condominiale, ossia il ricorso all’intervento dell’Autorità Giudiziaria. Ecco quando e come utilizzare questo strumento legale.

Il primo documento sul quale basarsi per poter parlare di un’azione legale da parte del condominio nei confronti di un moroso è il bilancio consuntivo del condominio. È l’amministratore a redigere questo atto che contiene tutte le uscite e le entrate per la manutenzione di un edificio. Il documento viene sottoposto all’assemblea condominiale e approvato a maggioranza, e ha quindi il potere di ufficializzare una situazione di credito del condominio. A tal proposito, vogliamo sottolineare che in questo caso è legittimo che l’amministratore fornisca informazioni sui pagamenti degli altri condomini, proprio per il carattere del bilancio discusso in assemblea.

L’approvazione del bilancio e, quindi, del debito, ne sancisce la decorrenza anche per quanto riguarda i tempi di prescrizione del credito di riscossione. A questo punto, la legge fornisce all’amministratore di condominio uno strumento legale per intimare il debitore al pagamento. Si tratta, appunto, del decreto ingiuntivo condominiale, ossia un ordine di pagamento che l’Autorità Giudiziaria fa al debitore per conto del creditore. Quando è possibile richiederlo? Quali sono le sue tempistiche?

Quando fare un decreto ingiuntivo condominiale

Questo strumento giuridico è disciplinato dall’articolo 63 delle Disposizioni attuative del Codice Civile. Il primo dato che emerge dalla lettura di questo articolo è che l’amministratore non ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea. Essa ha già approvato lo stato di contabilità dell’edificio nel relativo bilancio, e il compito di riscossione è, come abbiamo visto, già insito fra gli obblighi dell’amministratore. Rivolgendosi al legale del condominio, questa figura quindi si appellerà direttamente al giudice per ottenere un decreto ingiuntivo condominiale che sarà immediatamente esecutivo.

Questo decreto viene però successivamente comunicato al debitore con un’ingiunzione di pagamento. È da questo momento che scattano i 40 giorni per il debitore di informarsi con il proprio legale e, eventualmente, opporsi. Trascorsi questi giorni, al moroso non resterà che pagare poiché il provvedimento diventerà esecutivo, permettendo all’Autorità Giudiziaria interventi diretti sui suoi beni.

Ai 40 giorni si aggiungono, solitamente, altri 10 giorni di tempo concessi al debitore a partire dall’atto di precetto, l’ultima notifica inviata prima dell’esecuzione. Esecuzione che potrà avvenire, ad esempio, attraverso il pignoramento della casa in condominio (che, ricordiamo, non dispensa dal pagamento delle spese condominiali). Per quanto riguarda le tempistiche, tieni anche conto che l’amministratore è tenuto per legge ad agire contro un condomino moroso entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, quindi dall’approvazione del bilancio.

img1

Prescrizione delle spese condominiali: quali sono le tempistiche?

Come sappiamo, ciascuno è tenuto al pagamento delle spese condominiali in proporzione alle quote indicate dalle tabelle millesimali. Purtroppo, una situazione di grave disagio economico può portare i proprietari di unità immobiliari a ritardare i pagamenti e ad accumulare quindi un debito nei confronti del condominio. Tanto la parte debitrice quanto il creditore devono quindi conoscere la normativa relativa all’estinzione di questo debito. Quali sono le tempistiche della prescrizione delle spese condominiali?

Ricordiamo innanzitutto che la riscossione dei debiti spetta, per legge, all’amministratore. Fra i suoi obblighi, elencati all’articolo 1129 del Codice Civile, rientra anche l’azione per la

riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

L’articolo successivo (1130) punisce la negligenza dell’amministratore con la revoca del suo incarico. Non solo: il condominio può anche richiedere all’amministratore il risarcimento del danno per il mancato adempimento di un suo compito. Il termine di 6 mesi è però da intendersi come relativo all’azione dell’amministratore. Per quanto riguarda invece la prescrizione delle spese condominiali? Quali tempistiche intercorrono?

Quando scatta la prescrizione del debito per le spese condominiali?

Ovvero, ribaltando la domanda, fino a quando il condominio creditore può esigere il pagamento delle quote non versate da uno dei proprietari? È importante comprendere che, a tale scopo, non conta solo la durata della prescrizione. È fondamentale infatti comprendere anche da quando intercorre questo periodo.

La prescrizione del debito per le spese condominiali è di 5 anni. Trascorso questo periodo, il condominio non potrà più far valere il proprio credito sul proprietario moroso. La legge prevede che la prescrizione vada calcolata a partire dall’approvazione della delibera dell’assemblea dello stato di riparto delle spese. Questo termine è però rinnovabile.

L’amministratore, infatti, può (anzi, dovrebbe) inviare una lettera di diffida e di messa in mora al debitore. La data della raccomandata indica, a questo punto, il nuovo termine di decorso della prescrizione. Quest’azione ha quindi l’effetto di bloccare il decorso dalla delibera del riparto delle spese, azzerando il conteggio e facendolo ripartire da capo. I cinque anni della prescrizione sono quindi da intendersi in senso continuativo e senza interruzione o azzeramento mediante una diffida.

Non solo. In caso di adempimento, il legale scelto dall’amministratore può anche richiedere al tribunale un decreto ingiuntivo con esecuzione immediata. A tal punto, dopo pochi giorni dalla notifica, il debitore potrà subire il pignoramento dei suoi beni.