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Rateizzazione delle quote condominiali

Come sappiamo, la ripartizione delle spese condominiali avviene fra tutti i proprietari. Ciascuno è tenuto a versare una quota in base al valore della sua proprietà in condominio indicato nelle tabelle millesimali. A volte, però, una manutenzione straordinaria particolarmente costosa o altri versamenti aggiuntivi rendono le spese condominiali un’incombenza difficile da pagare tutte in un’unica soluzione. Un argomento sempre più discusso nei condomini. È possibile, in tali casi, richiedere la rateizzazione delle quote condominiali? Se sì, in quali occasioni e in che modo?

Le spese condominiali sono già ripartite, per comodità di riscossione, in quote la cui cadenza viene stabilita dall’assemblea condominiale. Solitamente si tratta di 12 soluzioni mensili (il bilancio condominiale va redatto annualmente), ma è possibile anche che i pagamenti siano bimestrali, semestrali e così via. In questo caso, stiamo parlando quindi di un’ulteriore rateizzazione delle quote condominiali, richiesta da un condomino che versi in una situazione economica poco felice. Il primo elemento da comprendere sono gli obblighi fissati dalla legge nei confronti dei soggetti coinvolti.

Innanzitutto, l’assemblea condominiale, che è l’organo incaricato di prendere decisioni riguardanti le spese comuni e, quindi, anche un’eventuale transazione. Quest’ultimo è un contratto stipulato fra due parti che si impegnano ciascuna ad un’azione per risolvere una controversia. Si apre, quindi, una vera e propria trattativa fra il condomino moroso e il condominio. In questo caso, è possibile richiedere una diluizione dei pagamenti con un’ulteriore rateizzazione delle quote condominiali stipulata ad hoc. Non solo. È possibile anche contrattare un’eventuale riduzione del proprio contributo. La forma contrattuale scelta è decisiva poiché fissa delle precise tempistiche, assicurando una certezza giuridica al condominio creditore.

L’amministratore può concedere una rateizzazione delle quote condominiali?

Come detto, quindi, l’attore principale di una trattativa volta alla rateizzazione delle proprie spese è l’assemblea. Solo questo organo è infatti intitolato ad approvare una riduzione delle quote spettanti ai singoli. Trattandosi di una deroga al principio generico di condivisione delle spese in base alle tabelle millesimali, questa delibera richiede l’approvazione all’unanimità. Se invece si tratta di una semplice rateizzazione (e non di una rinuncia al credito da parte del condominio), è possibile votare a maggioranza.

Vi è poi la figura dell’amministratore. Questo soggetto non ha il potere di stabilire in anticipo modifiche rispetto alla riscossione delle somme dovute. Egli ha, invece, l’obbligo di agire contro il condomino moroso entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, da considerarsi come l’approvazione del verbale dell’assemblea contenente il bilancio annuale. Anche in questo caso, sarà l’assemblea eventualmente a dispensare l’amministratore dal dovere di intraprendere un’azione legale. La via preferenziale è sempre rappresentata da un contratto di transazione che garantisca tempi certi per il pagamento.

La procedura migliore per richiedere la rateizzazione delle quote condominiali comincia dunque con una comunicazione all’amministratore, che ne porterà la discussione in assemblea. In generale, dimostrare una buona volontà nel pagamento (ad esempio rateizzando i versamenti anche prima dell’approvazione dell’assemblea) significa evitare di incorrere in procedimenti di riscossione. Questi ultimi, che possono sempre culminare in un pignoramento dell’unità immobiliare, hanno tempi lunghi e costi a volte esosi, e si tende quindi a preferire altre modalità di accordo fra le parti.

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Manutenzione dei lastrici in condominio

Per lastrico solare intendiamo la superficie terminale che ricopre l’ultimo piano di un edificio. All’interno di questa zona, sono da comprendersi tutti gli elementi che compongono il lastrico, da eventuali accessi, ascensori o cabine alla pavimentazione. Trattandosi quindi di una superficie di copertura, possiamo intendere che rientrino nella definizione di lastrico tanto l’area calpestabile quanto il tetto. A chi spetta il diritto di proprietà del lastrico solare? E come avviene la ripartizione delle spese per la manutenzione dei lastrici in condominio?

Per stabilire a chi spetta la manutenzione dei lastrici in condominio, dobbiamo innanzitutto guardare ai singoli contratti di proprietà dei condomini. In questo modo, è possibile tracciare una prima distinzione e comprendere se l’uso dei lastrici solari del palazzo sia comune a tutti, in toto o in parte, o se invece essi siano di proprietà esclusiva di un solo proprietario.

È evidente che, se il lastrico solare è interamente inteso come bene ad uso comune di tutti i condomini, le spese per manutenzioni ordinarie e straordinarie saranno ripartite fra tutti secondo le tabelle millesimali. Nel caso in cui, invece, tutto o parte di esso sia di proprietà esclusiva?

Manutenzione dei lastrici: come distribuire le spese?

La logica vorrebbe che debba essere il proprietario ad accollarsi da solo le spese. Tuttavia, anche se non ne detengono il diritto di proprietà e quindi di accesso, gli altri condomini godono comunque della funzione del lastrico solare. Volenti o nolenti, anche le loro unità immobiliari sono ricoperte e protette dal tetto o lastrico. L’articolo 1126 del Codice Civile stabilisce quindi che le spese vadano sempre ripartite. Come?

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La spesa totale per la manutenzione dei lastrici in condominio (intesa come riparazioni o ricostruzioni) va divisa in tre parti. Un terzo spetterà al condomino (o ai condomini) che detengano l’uso esclusivo del lastrico solare. Gli altri due terzi sono invece da ripartirsi fra tutti gli altri proprietari del condominio che beneficiano della sua funzione di copertura. Anche in questo caso, ciascuno secondo le sue tabelle millesimali di proprietà.

Altro discorso per i lavori di innovazione. In questo caso, se il lastrico è ad uso esclusivo, il proprietario che intenda innovarlo dovrà chiedere un parere favorevole all’assemblea condominiale e infine accollarsi tutti i costi.

È bene anche tenere presente la differenza fra lastrico solare e terrazza. Quest’ultima è una superficie calpestabile delimitata da recinzioni, che si tratti di muretti, balaustre o ringhiere. Così, circondando il perimetro di un lastrico si andrebbe a modificarne la destinazione d’uso trasformandolo a terrazza. Per far ciò è necessario richiedere delle apposite autorizzazioni.

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Dissenso dalle liti condominiali: le spese da pagare

Il condominio accorpa e gestisce collettivamente un insieme di proprietari che condividono unità immobiliari nello stesso palazzo. Non sempre, però, l’azione coesa del condominio inteso come soggetto giuridico deve corrispondere in tutto e per tutto all’azione dei singoli condomini. Può capitare, infatti, che un condominio entri in lite contro terzi e che uno dei proprietari non si trovi d’accordo con tale decisione. Questo può avere importanti conseguenze anche rispetto alle spese da pagare. Entriamo quindi nello specifico e vediamo come funziona il diritto di dissenso dalle liti condominiali.

La legge conferisce esplicitamente questo diritto ai condòmini all’articolo 1132 del Codice Civile. I proprietari “dissenzienti”, che non intendano quindi unirsi alla lite in via giudiziale promossa dal condominio, possono notificare la loro intenzione all’amministratore. La notifica può essere fatta tramite ufficiale giudiziario o anche con semplice raccomandata a/r dopo aver espresso il dissenso nel verbale dell’assemblea condominiale. Notare che queste azioni sono da compiere entro 30 giorni dalla comunicazione della deliberazione del condominio.

A quel punto, il condomino «può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza». In altre parole, se il condominio dovesse perdere la causa e quindi risarcire in qualche modo la terza parte, il condòmino dissenziente non dovrebbe partecipare a queste spese. Si tratta quindi di una tutela giuridica che permette a un condomino di non subire le perdite di una causa che non intende portare avanti. Anche se non sempre perdere una causa significa rimettere dei soldi, molti condomini decidono di dissentire per non dover risarcire le spese processuali alla parte vittoriosa.

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Dissenso dalle liti condominiali in caso di vittoria

E se invece il condominio vincesse la causa? In questa circostanza, «il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa». In sostanza, il condomino dissenziente sarebbe tutelato dalle eventuali perdite, ma gioverebbe degli eventuali vantaggi della lite. Proprio per giustificare questo diritto di rivalsa, il condomino dissenziente è comunque tenuto a concorrere alle spese processuali del giudizio in caso di vittoria. Questo, a meno che il giudice non condanni la parte soccombente, quindi il terzo che ha perso la lite, al pagamento di tutte le spese processuali.

Ricordiamo anche che questo diritto di dissenso dalle liti condominiali è inderogabile, come reso comprensibile all’articolo 1138 del Codice Civile. Requisito fondamentale è che l’intenzione del condominio di aprire una lite richieda una delibera dell’assemblea. Negli altri casi (quando un’azione ad esempio compete all’amministratore senza bisogno di approvazione assembleare) non esiste diritto al dissenso.

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Muri condominiali comuni: spese e interventi

Fra le parti comuni di un condominio vanno considerati anche i muri. Spesso oggetto di riparazioni e lavori di manutenzione, dunque di dispute riguardo alla ripartizione delle spese, la titolarità sui muri condominiali è in realtà ben assegnata dalla legge. Le parti comuni dell’edificio condominiale sono specificate all’articolo 1117 del Codice Civile, che include fra esse i muri maestri, i pilastri e le travi portanti e anche le facciate. Si tratta, anche stavolta, di dover interpretare il senso della legge e capire cosa si intenda per muri maestri.

I muri maestri trovano una definizione nella loro funzione: sono tali tutti quei muri che sostengono e racchiudono l’intero edificio, garantendone la sicurezza e la stabilità. Per estensione dunque, la locuzione “muri maestri” comprende al suo interno sia i muri portanti sia i muri perimetrali, i cosiddetti pannelli di rivestimento o riempimento. Entrambi infatti svolgono una funzione essenziale di sostegno e delimitazione del condominio.

Fra i muri portanti rientrano pilastri e architravi, la cosiddetta ossatura di un edificio. I muri perimetrali sono invece dei pannelli di riempimento in cemento armato fra un pilastro e l’altro. Pur non essendo strutturalmente equiparabili ai muri portanti, questi pannelli assolvono la medesima funzione di delimitazione della consistenza volumetrica e sostegno. Sono dunque anch’essi delle parti comuni.

Esistono poi i “muri divisori”, che delimitano le proprietà esclusive di due singoli o che separano la proprietà di un condomino e una parte comune dell’edificio. In entrambi i casi, questi muri sono da considerarsi come comproprietà.

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Spese e interventi sui muri condominiali

Come per tutte le altre parti comuni dell’edificio, anche per i muri condominiali le spese necessarie per la conservazione e il godimento:

sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (articolo 1123 Codice Civile, comma 1).

Vale inoltre per i muri maestri anche la norma sull’utilizzo dei beni comuni, secondo l’articolo 1102. Essi sono fruibili a tutti i condomini in egual modo purché non se ne alteri la funzione principale o non se ne limiti il godimento agli altri proprietari.

Notare che la fruizione da parte di tutti i condomini di tutti i muri maestri corrisponde anche a una condivisione di tutte le spese. Questo, a prescindere dalla corrispondenza fisica tra un muro e l’abitazione di un proprietario: la comunione è estesa a tutta la superficie esterna dell’edificio.

La giurisprudenza ha ormai stilato una folta lista di interventi permessi da parte dei singoli proprietari sui muri condominiali. Fra questi rientrano l’apertura di nuove finestre o vedute e l’allargamento di finestre o porte preesistenti. Fermo restando, ovviamente, il salvaguardare le condizioni di sicurezza e stabilità dell’edificio.

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Installare colonnine elettriche in condominio

I vantaggi di acquistare un’auto elettrica o ibrida sono molteplici. Oltre all’evidente impatto ecologico, questo tipo di mobilità ti permette anche di risparmiare sia sui consumi (considerando i costi medi di benzina e di energia elettrica) sia sull’assicurazione. Molti sono tuttavia ancora frenati rispetto all’acquisto di un’auto elettrica. Trattandosi di un mercato in espansione, le colonnine elettriche per l’alimentazione sono ancora poco diffuse sul territorio. Non tutti sanno però che è possibile, anche grazie agli incentivi previsti per legge, installare colonnine elettriche in condominio. Come fare?

Affidarsi alle (ancora poche) stazioni di ricarica presenti sul territorio può essere un rischio, oltre che scomodo. La soluzione migliore per chi intende acquistare un’auto elettrica o ibrida sarebbe quindi quella di installare colonnine elettriche direttamente presso il proprio domicilio. E se abiti in condominio? Come per l’installazione di pannelli fotovoltaici condominiali, per rispondere bisogna innanzitutto fare un distinguo.

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Se possiedi un box auto privato, per installare colonnine elettriche in condominio non dovrai far altro che farne debita comunicazione all’amministratore. Fermo restando la dichiarazione di conformità di un progettista elettrico e il rispetto di norme di sicurezza e spazi di proprietà, nessun condomino potrà opporsi.

Se invece non possiedi uno spazio tuo in cui far installare colonnine elettriche, dovrai attendere l’approvazione di una richiesta, con tanto di progetto, fatta all’assemblea di condominio. Il quorum per ritenere approvata la proposta è della maggioranza dei partecipanti totali all’assemblea – quindi di almeno la metà del valore dell’edificio in millesimi.

Installare colonnine elettriche in condominio: chi paga le spese?

E per quanto riguarda le spese per installare colonnine elettriche in condominio? Sia nel caso in cui i lavori riguardino il tuo box privato, sia nella costruzione su aree condivise come garage o cortile, si parla di innovazione gravosa. Con questo, si intende che devono pagare le spese solo i condomini che hanno intenzione di usufruire di questa innovazione.

Se dunque, una volta presentato il tuo progetto in assemblea, dovessi trovare non solo l’approvazione ma anche l’adesione di altri condomini, sarà l’amministratore a gestire l’equa ripartizione delle spese. Senza l’approvazione di altri condomini aderenti, potrai comunque installare colonnine elettriche in condominio assicurandoti di non pregiudicare zone comuni e di accollarti tutte le spese. I tuoi condomini potranno poi aderire retroattivamente, quindi partecipando a posteriori alla spesa con un contributo nel caso in cui decidessero in futuro di usufruire della tua colonnina.

Un aiuto a sostenere queste spese arriva dallo Stato. La Legge di Bilancio 2019 ha infatti previsto, per chi acquista una colonnina di ricarica elettrica dal primo marzo 2019 al 31 dicembre 2021, una detrazione del 50% spalmabile in 10 anni, fino a un tetto massimo di 3 mila euro. In questa detrazione sono comprese le spese di installazione e di aggiornamento della potenza elettrica del contatore.

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Fondo cassa condominiale. Cos’è?

Capita che, all’interno di un condominio, siano previste delle spese per lavori di manutenzione o ristrutturazione. La gestione di soldi e spese comuni è uno dei tasselli più delicati della vita condominiale, e forse proprio per questo la legge ha fissato nei termini alcuni limiti. Questo, per tutelare l’intera collettività condominiale nel caso in cui sussistano morosità, indebitamenti o inadempimenti da parte dell’amministratore. Nello specifico, l’articolo 1135 del Codice Civile prevede l’istituto del fondo cassa condominiale. Cos’è e come funziona?

Cos’è un fondo cassa e come funziona?

Il fondo condominiale è uno strumento con il quale il condominio raccoglie una somma di denaro vincolandola a uno specifico progetto. Il vincolo è dunque la prima condizione di questo fondo cassa, che non può essere utilizzato al di fuori dello scopo per cui viene costituito. Il fondo, come sottolinea il  Codice Civile, va istituito obbligatoriamente in caso di opere di “manutenzione straordinaria e innovazioni”.

L’obbligatorietà, introdotta dalla Riforma del condominio, è una garanzia doppia. In primis, nei confronti dei condomini più “diligenti”, che si tutelano in questo modo dagli inquilini morosi o debitori. In secondo luogo, per le imprese terze che possono impegnarsi a realizzare un’opera o un servizio a fronte di una garanzia legale.

Una volta esaurite le spese, un eventuale avanzo di denaro rimarrebbe comunque “proprietà” della collettività dei condomini, che possono a questo punto decidere se ridistribuire la somma avanzata o se destinarla a nuove opere comuni. Nel caso invece in cui i lavori richiedano pagamenti progressivi in funzione del loro avanzamento, è possibile costituire il fondo «in relazione ai singoli pagamenti dovuti».

Va da sé che il fondo cassa condominiale debba essere puntualmente rendicontato nel resoconto annuale delle spese del palazzo. Questo, per permetterne la verifica insieme a tutte le altre voci (in entrata e in uscita) relative agli esborsi condominiali.

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Fondo condominiale: chi lo gestisce

L’istituzione del fondo condominiale spetta all’assemblea dei condomini. Lo stesso amministratore deve attenersi rigidamente alla destinazione prevista per questi fondi. Anche in caso di lavori di manutenzione straordinaria, l’amministratore condominiale dovrà prima rivolgersi e chiedere parere all’assemblea.

Per quanto riguarda la maggioranza richiesta nell’assemblea per votare la destinazione di un fondo cassa condominiale, essa varia a seconda che i lavori. Se questi riguardano opere di ordinaria amministrazione è sufficiente la maggioranza degli intervenuti (purché corrisponda a un terzo dei millesimi del valore del condominio).

Se invece gli interventi sono straordinari, si richiede la maggioranza dei partecipanti totali all’assemblea condominiale (e la metà dei millesimi). Allo stesso modo, la Cassazione ha stabilito che per la realizzazione di interventi non ancora specificati i condomini possono ripartire le spese del fondo cassa, in via provvisoria, in base ai millesimi di proprietà.

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Balconi in condominio: i tipi e le spese

Il balcone è una delle prime cose che qualunque acquirente intenzionato ad acquisire un immobile ricerca nella propria futura casa. Non tutti forse sanno che, se l’appartamento fa parte di un condominio, la presenza o meno e, soprattutto, la tipologia di balcone possono determinare anche una serie di conseguenze a livello legale e di spese. Proprio perché spesso le terrazze sono motivo di lite fra condomini, è bene quindi fare chiarezza fra i vari tipi di balconi in condominio e sulle relative spese.

Il conteso principale che insorge sui balconi riguarda le spese di manutenzione e riparazione. I balconi infatti non rientrano esplicitamente fra le parti comuni del condominio, elencate all’articolo 1117 del Codice Civile. Le regole da seguire sono quindi derivabili dai pareri espressi dalla giurisprudenza, che più volte in passato si è trovata a dirimere litigi proprio a causa dei balconi in condominio.

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La prima distinzione da fare per capire come amministrare le spese di una terrazza in condominio è fra balconi aggettanti e balconi incassati.

Balcone aggettante

Si tratta della categoria più comune di balconi sporgenti. Questi balconi si protendono nel vuoto e sono agganciati unicamente al solaio interno (è quindi dotato di autonomia statica). Non svolgendo alcuna funzione di copertura per l’intero condominio, i balconi aggettanti sono considerati come dei prolungamenti dell’unità abitativa.

Le spese di manutenzione e riparazione sono dunque tutte a carico del proprietario dell’immobile.  Unica eccezione è costituita dalla presenza di decorazioni. In tal caso, le spese di riparazione e manutenzione sono ripartite fra tutti i condomini, poiché «i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore» contribuiscono a rendere «esteticamente gradevole» l’intero condominio (sentenza Corte Cass. n. 27083 del 25 ottobre 2018).

Balcone incassato

I balconi incassati sono invece strutture che non sporgono rispetto al perimetro esterno dell’edificio. Sono solitamente chiusi su tre (a U) o su due lati (a L), e rientrano in questa tipologia i balconi di condominio a castello e a loggia. Non essendo dotati di autonomia statica, in questi balconi la ripartizione delle spese si calcola diversamente rispetto a quelli aggettanti.

In questo caso, si considera la parte frontale del balcone, in quanto parte integrante del perimetro murale del condominio, di proprietà comune: è prevista la ripartizione delle spese. La soletta del balcone invece (la parte inferiore sottostante il pavimento) risulta una comproprietà dei due inquilini al piano superiore e al piano inferiore. Le spese di manutenzione spettano dunque:

  • A entrambi i condomini per il solaio;
  • Al condomino del piano superiore per il pavimento;
  • Al condomino del piano inferiore per intonaco ed eventuale decorazione o tinta del soffitto.

Una tipologia particolarmente comune di balcone in condominio è la terrazza a castello. Si tratta di un balcone incassato che, pur non sporgendo, è compreso nel perimetro esterno dell’edificio. Anche in questo caso, le spese per il parapetto frontale spettano a tutto il condominio, mentre le altre sono ripartite fra inquilino superiore e inferiore come per gli aggettanti.

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Ripartizione delle spese fra proprietario e inquilino. Cosa devi sapere

In questo articolo ti spiego come ripartire le spese condominiali tra proprietario o inquilino

Di fatto, le spese condominiali non vengono ripartite in base ad accordi privati tra inquilino e proprietario, bensì in base a una normativa molto ampia in merito al rapporto di locazione in essere. Come funziona in base alla legge la ripartizione delle spese fra proprietario e inquilino? Cominciamo col vedere nel dettaglio quali sono le spese da prendere in considerazione quando si tratta di oneri condominiali.

Quali sono le spese condominiali da ripartire?

Innanzitutto dobbiamo chiederci quali siano le spese condominiali in questione:

  1. Spese di conservazione: spettano a tutti i condomini proprietari.
  2. Spese di uso o di esercizio: spettano solo ai condomini che utilizzano il servizio, nella misura in cui lo utilizzano.

Le spese di manutenzione invece sono tutte quelle spese che servono a mantenere il condominio in buono stato. Si suddividono in:

  1. Spese di manutenzione ordinarie: rientrano in questo tipo di spese ad esempio la sostituzione delle luci delle scale, il mantenimento dell’efficienza degli impianti e così via.
  2. Spese di manutenzione straordinarie: si effettuano o quando le spese ordinarie non sono state eseguite o per un evento appunto straordinario, come ad esempio una tromba d’aria oppure danni vari al lastrico solare del condominio.

Per far fronte ad eventuali lavori improvvisi, l’assemblea condominiale può creare un fondo speciale, che i condomini impiegheranno quindi esclusivamente per questa tipologia di spese condominiali.

Spese condominiali dell’affittuario

Ora vediamo come avviene la ripartizione delle spese fra proprietario e inquilino. Ricordiamo che l’amministratore di condominio può agire solo nei confronti del proprietario dell’appartamento. Per le controversie condominiali esistono inoltre strumenti di conciliazione extragiudiziali.

In generale, possiamo dire che le spese condominiali per gli spazi condivisi e ordinarie spettano all’inquilino. Opere comuni straordinarie (per le quali il condominio può istituire un apposito fondo), rifacimenti di facciate o grandi lavori spettano invece al proprietario dell’appartamento.

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