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Uso consentito del tetto condominiale: vademecum

Abbiamo più volte discusso sui singoli interventi permessi ai condomini sul tetto condominiale. In linea di massima, per stabilire cosa si può fare e cosa no bisogna innanzitutto accertarsi della sua proprietà. A quel punto, nel caso in cui il tetto rientri fra i beni comuni – come solitamente accade – ci si confronta con i limiti imposti tanto dal Codice Civile quanto dal regolamento condominiale. Come sempre si raccomanda una valutazione caso per caso, rifacendosi anche alle indicazioni giurisprudenziali e della Corte di Cassazione su specifici interventi. Vediamo quindi in generale come capire qual è l’uso consentito del tetto condominiale.

Si comincia, come detto, dalla sua proprietà. Il tetto rientra esplicitamente fra i beni comuni elencati all’articolo 1117, e si ritiene quindi in comproprietà fra tutti i condomini. Questo, salvo proprietà risultante da un diverso titolo. Parliamo quindi di atti di compravendita o di lasciti testamentari che indichino la proprietà privata del tetto condominiale – o di una parte di esso. Una terza ipotesi è quella di un tetto la cui conformazione permette la copertura di una sola parte dell’edificio. In tal caso, richiamandoci all’istituto del condominio parziale, le spese andranno divise fra i soli sottostanti la verticale.

Quello che capita più frequentemente è che il sottotetto condominiale possa essere di proprietà di un condomino, mentre il tetto è solitamente un bene comune. In questo caso, segnaliamo che le spese di riparazione e manutenzione verranno, come da regola, ripartite fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà. Anche l’uso consentito del tetto dipende quindi dalle norme civilistiche dedicate all’utilizzo dei beni comuni.

Proprietà comune e uso consentito del tetto condominiale

Anche in caso di proprietà privata del tetto, non bisogna dimenticare che questo elemento svolge una funzione essenziale per tutti i condomini: quella di copertura e protezione dell’edificio. In tal senso, spese di riparazione del lastrico solare dovranno comunque essere ripartite fra tutti i proprietari anche in caso di esclusività. Ci si richiama in tal senso alle stesse norme stabilite per il lastrico solare ad uso esclusivo e al principio dei 2/3 espresso all’articolo 1126.

Per quanto riguarda l’uso consentito del tetto condominiale, se la sua proprietà è condivisa bisogna rispettare i limiti posti dal Codice Civile all’utilizzo di beni comuni. Nello specifico, possiamo sintetizzare questi vincoli in:

  • Divieto di alterarne la funzione, e dunque di pregiudicarne stabilità e sicurezza.
  • L’utilizzo non deve pregiudicare il potenziale ed uguale uso da parte degli altri condomini.

Così, per questo secondo limite, un condomino può installare sul tetto un’antenna radiofonica amatoriale. Allo stesso modo, può progettare l’installazione di un pannello solare per la produzione di energia fotovoltaica. In entrambi i casi, non è permesso di ricoprire l’intero tetto condominiale con i propri pannelli o le proprie antenne, poiché si pregiudicherebbe il diritto altrui di fare altrettanto. Trasformare invece una porzione del tetto in una terrazza privata è un’innovazione illegittima, come stabilito a più riprese anche dalla Corte di Cassazione.

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Condominio parziale: come si ripartiscono le spese?

La ripartizione delle spese comuni nei condomini avviene in base a un principio di funzionalità. Concorrono cioè alle spese per un bene tutti i condomini che da quel bene traggono un uso funzionale. In alcuni casi affatto rari, dei beni comuni sono utilizzabili, direttamente o indirettamente, solo da alcuni proprietari. In questa situazione si configura il cosiddetto condominio parziale. Questo istituto è previsto dalla legge con specifiche regole. Vediamo come funziona un condominio parziale e come avviene al suo interno la ripartizione delle spese ma anche l’amministrazione delle altre questioni.

Partiamo dall’articolo 1123, dedicato proprio alla ripartizione delle spese comuni. Qui si stabilisce che i costi di conservazione, godimento, prestazione di servizi e innovazioni sono sostenute «in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno». Salvo, naturalmente, diversa convenzione pattuita in un regolamento contrattuale.

Parlando di condominio parziale, dobbiamo però rifarci al quarto comma dell’articolo. Qui si legge che:

Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

Questo comma configura una situazione diversa rispetto a quella proposta dalla prima parte dell’articolo. In tal caso infatti non si tratta di ripartire le spese per «cose destinate a servire i condomini in misura diversa». Parliamo invece di una condizione in cui alcuni condomini non traggono alcuna utilità da determinate parti elementi o servizi del condominio. Per questi beni, quindi, le spese devono gravare esclusivamente sui condomini che traggano una qualche utilità da essi, pur se in misura diversa fra loro. Sono esclusi invece dai pagamenti i proprietari estranei a qualsiasi funzione.

Ripartizione delle spese e assemblea nel condominio parziale

Alcuni dei beni comuni che riguardano il condominio parziale sono elencati nell’articolo. Ad esempio, scale che conducano ad una parte del condominio il cui accesso non ha alcuna utilità per chi ha diritti di proprietà in un’area separata. È anche il caso di un lastrico solare che copra solo una parte dell’edificio. Alle sue spese di manutenzione devono concorrere tutti i proprietari che godono della sua funzione di copertura (seppur in maniera diversa).

In questo caso se ne derivano anche altre conseguenze oltre alla diversa ripartizione delle spese. Ad esempio, nel caso di assemblea condominiale. Se viene messa ai voti una delibera riguardante un elemento “parziale”, quindi non condiviso da tutti, il quorum costitutivo e le maggioranze necessarie all’approvazione variano, tenendo conto dei soli proprietari coinvolti.

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Abuso edilizio in condominio: a chi spetta la demolizione?

Ne abbiamo parlato più volte. Molti lavori condominiali richiedono ben altro di una delibera di approvazione condominiale. In particolar modo quando si parla di modifiche alla volumetria, sono necessari dei permessi dal Comune, le cosiddette autorizzazioni amministrative. La conseguenza, altrimenti, è di ricadere nel reato di abuso edilizio, un illecito di carattere penale. In questi casi, sopraggiunge poi l’ordine di demolizione. A chi spetta la demolizione di un abuso edilizio in condominio? Ai singoli proprietari responsabili o all’intero condominio?

Il Comune infatti predispone dei precisi parametri volumetrici per gli edifici, iscritti nei progetti di lottizzazione. Gli aumenti volumetrici sono un intervento frequente, in special modo per quanto riguarda , ad esempio, l’ampliamento di una terrazza calpestabile o la costruzione su un lastrico solare. Il mancato rispetto dei limiti rilevato da un sopralluogo porta a un’ordinanza di demolizione. È quando successo a un condominio che ha poi impugnato l’ingiunzione del Comune. A dirimere la controversia l’ottava sezione del TAR della Campania, con la sentenza n. 3005/2020. In questo caso, il Comune aveva infatti agito contro il condominio in toto.

Il motivo del rigetto sta in due parametri. Innanzitutto, è necessario stabilire se l’abuso edilizio preso in carica riguardi delle parti di proprietà esclusiva, quindi le singole unità immobiliari, o un’area comune del condominio. Se l’aumento volumetrico registrato interessa una singola abitazione, la demolizione per un abuso edilizio in condominio spetta al proprietario che si è reso colpevole dell’illecito penale.

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Chi si occupa della demolizione di un abuso edilizio in condominio?

In secondo luogo, anche se il reato di abuso edilizio riguardasse una delle parti comuni dell’edificio, non sarebbe corretto imputarne la demolizione al condominio. Nella sentenza citata, i giudici hanno interpretato l’articolo 1117 del Codice Civile sulle parti comuni dell’edificio. Qui si afferma chiaramente che tutte le parti elencate (a titolo non esaustivo ma esclusivamente illustrativo):

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo.

Ne deriva, quindi, che sono i singoli proprietari delle varie unità a detenere la proprietà, seppur condivisa, delle aree comuni. Non quindi il condominio rappresentato dall’amministratore, che risulta essere un semplice ente gestore di un patrimonio in alcun modo riconducibile alla sua proprietà. Ciascuna modificazione rilevante per aumentare le volumetrie delle stesse richiede infatti l’approvazione degli stessi condomini riuniti nell’assemblea.

È dunque la somma dei proprietari che deve occuparsi della demolizione di un abuso edilizio quando esso riguardi parti comuni del condominio. L’errore evidenziato dal TAR non riguardava quindi l’ordinanza di demolizione dell’abuso edilizio in sé, ma il fatto che essa fosse indirizzata al condominio in quanto entità priva di personalità giuridica, anziché ai singoli condomini effettivi proprietari del bene.

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Ripartizione delle spese per i pluviali condominiali

Torniamo a parlare di spese relative ai beni comuni. Oggi ci occupiamo dei pluviali, ossia i canali di scarico che permettono il confluire delle acque piovane. Trattandosi di beni comuni poiché funzionali a tutto l’edificio, di norma le spese di riparazione di questi elementi, così come di grondaie e doccioni ad esempio, andrebbero ripartite fra tutti i condomini. La questione, ad ogni modo, non sempre è così lineare. Vediamo perché e come risolvere eventuali controversie riguardo alla ripartizione delle spese per i pluviali.

Quando bisogna stabilire in che termini effettuare la ripartizione di spese per i pluviali in condominio bisogna ragionare ai sensi dell’articolo 1123 del Codice Civile. Lo stesso che si applica anche alla gestione del lastrico solare, ad esempio. Può infatti capitare che un lastrico sia di proprietà esclusiva di uno o più condòmini e che non rientri dunque esplicitamente fra i cosiddetti beni comuni condominiali. Cio nonostante, il lastrico non funge solo da spazio calpestabile per i suoi proprietari, ma svolge una fondamentale funzione di copertura di cui godono, anche se indirettamente, tutti i condomini.

Allo stesso modo, i pluviali installati su un lastrico solare. Grondaie e canali di scarico possono attenere a una sfera di proprietà esclusiva di alcuni condomini, ma offrono comunque un servizio all’intero edificio. Un servizio che consiste nel far confluire acque piovane verso il suolo. Se ne deduce che, anche in questo caso, la ripartizione delle spese per i pluviali vada effettuata fra tutti i condòmini in base alle tabelle millesimali.

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Spese per i pluviali e applicazione dell’articolo 1123

Questo, in applicazione dei criteri di ripartizione stabiliti all’articolo 1123. Qui si legge infatti che, a prescindere dalla proprietà esclusiva o comune di un bene, l’assemblea debba deliberare la ripartizione delle spese per la «prestazione dei servizi nell’interesse comune». Come? In misura «proporzionale al valore della proprietà di ciascuno». Questo, salvo diversa convenzione.

Questo criterio legale non può essere modificato con nessuna delibera, a meno che non venga approvata all’unanimità una modificazione contrattuale del regolamento in tal senso. Questo, perché non si tratterebbe solo di stabilire una diversa ripartizione delle spese per i pluviali. Sarebbero, invece, coinvolti i diritti stessi di proprietà dei singoli.

Se si tratta invece di pluviali installati su un lastrico solare che ricopra solo una parte di edificio – e, dunque, sia funzionale solo a una parte di condòmini? In tal caso «le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne». Alla ripartizione delle spese per i pluviali parteciperanno dunque solo quei condomini la cui proprietà è compresa sotto la verticale relativa al lastrico.

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Parcheggio condominiale utilizzato da terzi: è possibile?

Quante volte ve lo sarete chiesto: ma che ci fa quella macchina parcheggiata qui?! A meno che non si tratti di un posto auto di vostra proprietà, è bene sapere qualcosa in più su quel parcheggio prima di poter agire. Ecco cosa devi sapere prima di lamentarti che il parcheggio condominiale è utilizzato da terzi. Facciamo innanzitutto un po’ di chiarezza su cosa dice la legge rispetto ai parcheggi dei condomini.

Ad oggi, dobbiamo guardare a due differenti dettati normativi: la legge Ponte valida per i fabbricati costruiti fra il 1968 e il 2005 e la successiva legge di semplificazione (2005 -). Le case erette in quel periodo, nel rispetto della legge, prevedevano un vincolo sulle aree destinate al parcheggio. Questo, in base alla proporzione di 1 parcheggio di 1 mq ogni 10 mc di costruzione. Tutti i parcheggi erano inoltre di pertinenza dell’appartamento: dunque i condomini ne mantenevano sempre il diritto d’uso.

Gli edifici costruiti dal 2005 invece non hanno più questo vincolo di pertinenza: il proprietario può liberamente venderli o metterli a pagamento. L’obbligo di costruire il parcheggio rimane, ma senza che i condomini abbiano automaticamente dei diritti reali. A stabilirlo dev’essere il contratto di compravendita dell’immobile.  Queste prime nozioni devono intanto spiegarci perché spesso capita di vedere posti auto che immaginiamo essere dei proprietari condominiali occupati invece da terzi. Perché non sempre un parcheggio condominiale utilizzato da terzi è di proprietà dei condòmini stessi.

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Ciò detto, prima di capire se un terzo può parcheggiare in un condominio bisogna prima accertarsi che quel posto auto non sia effettivamente di sua proprietà. La seconda cosa da fare è poi consultare il regolamento condominiale. Esso può contenere disposizioni specifiche sull’utilizzo dei parcheggi da parte dei condomini e quindi chiarire alcuni dubbi riguardo all’uso da parte di terzi. Potrebbe, ad esempio, specificare che è vietato ai non residenti l’accesso al parcheggio.Vediamo quindi le linee generali della legge per capire come ci si comporta di solito quando un posto auto è utilizzato da terzi (e non ne avrebbe diritto).

I terzi possono usare il parcheggio condominiale?

Essendo il parcheggio un’area comune del condominio, partiamo dall’articolo 1102 del Codice Civile dedicato proprio alla comunione di questi beni. Qui si legge che ciascun condòmino può servirsi della cosa comune

Di qui la giurisprudenza deriva un’interpretazione fondamentale. Il criterio di utilizzo è che tutti possano continuare a servirsi del parcheggio senza subire limitazioni a causa altrui. Tendenzialmente, non si considerano quindi come “impedimenti” i parcheggi da parte di clienti di negozi o uffici o di ospiti dei residenti. Soste che devono però essere momentanee e, in generale, non di eccessivo disturbo agli altri.

purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Di qui la giurisprudenza deriva un’interpretazione fondamentale. Il criterio di utilizzo è che tutti possano continuare a servirsi del parcheggio senza subire limitazioni a causa altrui. Tendenzialmente, non si considerano quindi come “impedimenti” i parcheggi da parte di clienti di negozi o uffici o di ospiti dei residenti. Soste che devono però essere momentanee e, in generale, non di eccessivo disturbo agli altri.

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Installare una canna fumaria in condominio

Non solo le case indipendenti, ma anche molti immobili condominiali sono dotati di camini, stufe a pellet o forni a legna. Per non parlare delle attività commerciali come ristoranti o pizzerie, spesso situate all’interno di un contesto condominiale. Come è possibile allora installare una canna fumaria in condominio? La legge permette di collocare uno scarico per i fumi da combustione anche sulle parti comuni di un condominio. Vediamo con quali criteri.

Prima di installare una canna fumaria dovrai assicurarti di garantire alcuni requisiti di legalità e sicurezza. Innanzitutto, bisogna accertarsi che il regolamento condominiale non vieti esplicitamente questo tipo di intervento. In tal caso, sarà necessario richiedere una modifica del regolamento in assemblea. Da sottolineare anche che l’assemblea condominiale non può impedire l’installazione di una canna fumaria in astratto e senza averne prima valutato il progetto.

Questo, perché l’intervento di installazione riguarda un bene comune del condominio, che in quanto tale deve essere a disposizione di tutti, secondo le dovute quote millesimali. Non si tratta infatti di un’innovazione, ma di un semplice uso della cosa comune. La canna fumaria può quindi essere installata a proprie spese, sia di costruzione sia di mantenimento.

Unica discriminante per l’impiego di un’area collettiva è il divieto di recare danno alle altre proprietà o di comprometterne l’utilizzo da parte degli altri condomini. È necessario quindi che l’assemblea giustifichi il suo rifiuto dimostrando come una canna fumaria potrebbe ledere i diritti degli altri comproprietari.

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Canna fumaria: quando è possibile installarla

Il proprietario che intenda installare una canna fumaria in condominio ad uso privato può farlo senza richiesta di consenso all’assemblea se la struttura viene costruita in aderenza, appoggio o con incastro al muro perimetrale, considerato bene collettivo. Ci sono però altri criteri che un proprietario deve rispettare se vuole dotarsi di una canna fumaria.

  • Il decoro. L’installazione non deve pregiudicare il decoro architettonico dell’edificio né deve mutarne in modo incisivo l’estetica e l’armonia.
  • La giusta distanza dalle finestre degli altri condomini e dai muri antistanti. La canna fumaria non può recare fastidio agli altri condomini esalando, a distanza ravvicinata, fumi, odori, rumori e immissioni di calore nelle proprietà circostanti. La giurisprudenza ha fissato, con diverse sentenze, una distanza minima di 75 centimetri che, in alcuni casi, arriva anche a 1 metro dai balconi degli altri proprietari.
  • L’impedimento del godimento altrui. La canna fumaria non può sottrarre una porzione di muro comune impedendo nel concreto la possibilità altrui di utilizzare lo stesso muro per installare tubi o altre innovazioni. Allo stesso modo, non può impedire o pregiudicare la visuale dei condomini.
  • La sicurezza. I lavori devono chiaramente rispettare tutte le normative vigenti in termine di sicurezza degli impianti. Deve anche essere dimostrabile nel progetto che l’installazione non pregiudichi la stabilità strutturale dell’edificio.