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Ripartizione delle Spese Condominiali: Chiarezza per Evitare Conflitti

La ripartizione delle spese condominiali è uno degli argomenti che genera più discussioni all’interno dei condomini. Comprendere come vengono suddivise, su quali basi normative si fondano e come gestire eventuali controversie è fondamentale per garantire una convivenza pacifica e il corretto funzionamento del condominio.

Cosa Sono le Spese Condominiali?

Le spese condominiali comprendono tutti i costi necessari per il mantenimento e la gestione delle parti comuni dell’edificio. Questi costi si dividono in due principali categorie:

  1. Spese ordinarie: Riguardano le attività ricorrenti e di gestione quotidiana, come la pulizia delle scale, l’illuminazione degli spazi comuni, la manutenzione degli ascensori, il funzionamento degli impianti centralizzati e i consumi idrici per le aree condivise.
  2. Spese straordinarie: Si riferiscono a interventi non programmati o di grande entità, come il rifacimento della facciata, il consolidamento strutturale dell’edificio o la sostituzione degli impianti obsoleti.

Le spese straordinarie richiedono generalmente una delibera assembleare, approvata con specifiche maggioranze, mentre quelle ordinarie sono gestite direttamente dall’amministratore.

Come Avviene la Ripartizione delle Spese?

Il Codice Civile regola la ripartizione delle spese condominiali, stabilendo due criteri principali:

  1. Millesimi di proprietà: Le spese sono suddivise in base alla quota millesimale di ciascun condomino. I millesimi rappresentano la proporzione tra il valore dell’unità immobiliare e l’intero edificio. Questo criterio è applicato soprattutto per le spese di gestione generale, come quelle relative alla pulizia delle scale o all’illuminazione.
  2. Uso e godimento: Per le spese legate a servizi o parti comuni utilizzate in modo diverso dai condomini (ad esempio, l’ascensore o il riscaldamento centralizzato), il criterio di ripartizione considera l’uso effettivo. Questo principio, sancito dal Codice Civile, mira a garantire equità tra i condomini.

Il Ruolo del Regolamento Condominiale

Il regolamento condominiale è uno strumento essenziale per stabilire regole chiare sulla ripartizione delle spese. Esso può integrare o modificare le disposizioni di legge, specificando dettagli operativi e introducendo criteri aggiuntivi. Ad esempio, un regolamento può prevedere l’esenzione dalle spese relative all’ascensore per i negozi al piano terra o definire regole particolari per l’uso di determinati spazi comuni.

Tabelle Millesimali: La Base della Ripartizione

Le tabelle millesimali sono documenti tecnici che attribuiscono a ciascuna unità immobiliare un valore espresso in millesimi. Questo valore si calcola considerando parametri come:

  • Superficie dell’immobile.
  • Destinazione d’uso (abitazione, ufficio, negozio).
  • Esposizione e posizione (ad esempio, piano alto o basso).
  • Altri fattori specifici, come l’accessibilità o la presenza di terrazze.

Le tabelle millesimali devono essere approvate dall’assemblea condominiale e rappresentano uno strumento indispensabile per una gestione trasparente.

Esempi di Ripartizione delle Spese

Pulizia delle scale: Le spese vengono suddivise considerando l’uso, con un contributo maggiore da parte dei condomini dei piani superiori.

Ascensore: Le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria sono ripartite tra i condomini in base ai millesimi, ma spesso con un peso maggiore per chi risiede ai piani più alti, data la maggiore frequenza di utilizzo.

Riscaldamento centralizzato: Se l’impianto è dotato di contabilizzatori di calore, le spese si dividono in una quota fissa, basata sui millesimi, e una quota variabile, calcolata in base al consumo effettivo.

Casi Particolari: Dubbi e Controversie

Alcune situazioni possono generare dubbi o contestazioni, ad esempio:

  • Unità immobiliari non utilizzate: Anche se vuoti o sfitti, gli immobili sono tenuti a contribuire alle spese ordinarie, poiché il beneficio potenziale resta invariato.
  • Modifica delle tabelle millesimali: La modifica delle tabelle è possibile solo con l’unanimità dei condomini, salvo che vi siano errori o mutamenti significativi delle condizioni dell’immobile.
  • Spese non deliberate: Qualora un intervento straordinario non urgente non sia stato approvato in assemblea, la richiesta di pagamento potrebbe essere contestata.

Come Prevenire i Conflitti

La trasparenza è la chiave per evitare conflitti. L’amministratore deve fornire una documentazione chiara e dettagliata, assicurandosi che i condomini comprendano i criteri di ripartizione e i motivi delle spese. Ecco alcune buone pratiche:

  • Comunicazione chiara: Fornire bilanci dettagliati e spiegazioni sulle spese.
  • Coinvolgimento dei condomini: Discutere eventuali dubbi in assemblea per garantire un confronto costruttivo.
  • Mediazione: Nei casi di conflitti persistenti, la mediazione può rappresentare una soluzione rapida ed economica.

Il Ruolo dell’Amministratore

L’amministratore di condominio ha un ruolo centrale nella gestione delle spese, che include:

  • Redazione dei bilanci: Fornire documenti chiari e trasparenti.
  • Applicazione del regolamento: Garantire che le regole siano rispettate.
  • Gestione delle controversie: Agire come mediatore tra i condomini e proporre soluzioni condivise.

Un amministratore preparato è essenziale per prevenire malintesi e garantire la corretta gestione delle finanze condominiali.

Conclusione

La corretta ripartizione delle spese condominiali è fondamentale per mantenere l’armonia tra i condomini e garantire una gestione efficiente del condominio. Il rispetto delle normative, un regolamento chiaro e il supporto di un amministratore competente possono prevenire conflitti e promuovere una convivenza serena. Se hai bisogno di supporto nella gestione delle spese o desideri rivedere le tabelle millesimali del tuo condominio, il nostro studio è a tua disposizione per offrirti consulenza professionale e personalizzata.

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Insegna sulla facciata di condominio: lede il decoro architettonico?

Parlando di decoro architettonico ci riferiamo a un elemento fondante nei rapporti fra i singoli condomini e le parti comuni. Tutti devono infatti considerare il rispetto dell’estetica e del complesso ornamentale del condominio anche quando si tratta di un elemento di loro proprietà che però ha ripercussioni sull’aspetto globale dell’edificio. Parliamo, ad esempio, di tutte quelle decorazioni o modifiche che riguardano il lato esterno dei balconi, i parapetti e le ringhiere e, naturalmente, la facciata. A tal proposito: l’insegna sulla facciata di condominio lede il decoro architettonico?

Un’insegna può essere l’indicazione di un’attività commerciale che ha sede in un’unità dell’edificio condominiale. Oppure, può semplicemente derivare dall’affitto di una porzione di muro di proprietà di un singolo. Fra i due casi non esistono grosse differenze perché, in entrambi, è coinvolta la facciata del condominio, sulla quale l’assemblea ha diritto di dire la propria. Questo diritto deriva dall’interpretazione dell’articolo sulle parti comuni dell’edificio (1102). Qui si legge che ciascuno può utilizzare un bene comune purché non leda il pari godimento dello stesso bene anche agli altri condomini.

La facciata, come abbiamo visto più volte, svolge innanzitutto la funzione comune di protezione esterna dell’edificio. Ogni modifica apportata non può quindi in alcun modo minare la stabilità strutturale del condominio. La facciata ha anche una funzione estetica, il cui decoro va mantenuto per ragioni architettoniche e anche economiche. Come bisogna comportarsi quindi se si intende installare un’insegna sulla facciata di condominio?

È possibile affiggere un’insegna sulla facciata di condominio?

Il primo step è sicuramente la consultazione del regolamento condominiale. È infatti possibile che con una clausola contrattuale i condomini abbiano posto dei limiti all’affissione di insegne sulla facciata condominiale. Tenete anche presente che se l’insegna si affaccia su pubblica via, è necessaria anche l’autorizzazione comunale. Un permesso che non sostituisce in alcun modo il consenso condominiale, ma che va comunque richiesto.

Se non dovessi incontrare limiti espliciti riguardo l’apposizione di un’insegna sulla facciata condominiale nel regolamento, puoi procedere all’affissione. Tieni però presente che l’assemblea potrebbe in ogni caso sollevare un dubbio sul rispetto del decoro architettonico. Per esempio, l’insegna potrebbe essere troppo grande e quindi pregiudicare il loro pari diritto di utilizzare la facciata per scopi pubblicitari. Oppure, la grafica e i caratteri del cartello potrebbero contrastare con le linee ornamentali e i colori dell’edificio.

Basti pensare che a volte persino le zanzariere sui balconi condominiali sono considerate lesive del decoro! Anche in questo caso, non è quindi obbligatorio richiedere il permesso all’assemblea. Sottoponendo il progetto e la grafica dell’insegna all’attenzione degli altri condomini prima dell’affissione però, si potrebbero evitare possibili discussioni a posteriori.

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Orario dei lavori in condominio: esistono regole?

Fra le questioni perennemente al centro di dispute condominiali c’è il rispetto della quiete. Vicini rumorosi, bambini che giocano in cortile e animali domestici sono le principali cause in oggetto. Esiste però anche il problema dei lavori. Il trapano che parte nelle primissime ore del mattino o altri rumori che si perpetrano per tutta la durata della giornata possono davvero costituire una molestia. Come risolvere la questione dell’orario dei lavori in condominio? Esistono regole precise in merito? È possibile imporre delle limitazioni o delle fasce orarie?

Come abbiamo ribadito più volte, i rumori molesti in condominio possono essere regolarmente denunciati nel momento in cui superano la soglia di normale tollerabilità, così come stabilito nel Codice Penale all’articolo 844. Allo stesso tempo, così come per gli orari di gioco dei bambini, non esistono limitazioni o fasce orarie dettate dalla legge. L’unico atto al quale fare riferimento è, anche nel caso di lavori in condominio, il regolamento condominiale.

Qui solitamente sono indicate delle fasce orarie di silenzio. Vale a dire, momenti della giornata nei quali si richiamano tutti i condomini (e i loro ospiti) a rispettare la quiete dell’abitato. Va da sé che, oltre ai rumori della quotidianità, in questi orari sono vietati anche dei lavori fastidiosi o invasivi. Non esiste quindi un vero e proprio orario dei lavori in condominio. È possibile, però, limitarne il rumore a una fascia pomeridiana o di mattinata, in base all’accordo preso dai proprietari in sede di assemblea.

Quali fasce per l’orario dei lavori in condominio?

Le fasce orarie tendenzialmente protette sono:

  • Ore precedenti alle 8 del mattino.
  • Fascia del primo pomeriggio (14 – 16).
  • Fascia serale, dalle 22 in poi.

Ogni assemblea potrà stabilire il proprio orario dei lavori in condominio approvando una clausola contrattuale nel regolamento, qualora ne fosse sprovvisto. Ricordiamo che questo tipo di modifiche alla modalità di utilizzo di un bene comune richiedono l’approvazione all’unanimità.

A questo punto, sarà possibile far sentire la propria voce con i vicini molesti. Il primo step consiste in una lettera di diffida. Un tentativo pacifico di risoluzione che precede il più impegnativo ricorso alle vie legali. Il tribunale, se dovesse stabilire il mancato rispetto di una norma del regolamento condominiale, potrebbe infatti condannare il trasgressore a un’ammenda e a una reclusione fino a massimo 3 mesi. Un’ipotesi estrema, ma che aiuta a percepire la gravità di tali infrazioni che pregiudicano il quieto vivere altrui.

Tenete comunque presente che è necessario che il rumore costituisca una molestia non per un proprietario solo, ma per un numero indefinito di condomini. È sempre buona norma, quindi, rivolgersi all’amministratore per invitarlo a convocare un’assemblea e parlare del problema apertamente.

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Cosa comune in condominio: uso e gestione

Le norme civilistiche relative al condominio sono contenute all’interno del Libro III della Proprietà, più nello specifico nel Titolo dedicato alla Comunione. Questo spiega i rapporti di proprietà che caratterizzano i proprietari di un’unità immobiliare in condominio. Ciascuno ha un diritto reale esclusivo sul proprio appartamento, risultante dagli atti di compravendita, di lascito o di usucapione. Al contempo, le aree comuni dell’edificio sono in comproprietà fra tutti i condomini. Si tratta della cosiddetta cosa comune in condominio: che uso se ne può fare e quali sono i principali limiti imposti dalla legge?

Trattandosi di una comunione, è necessario che tutti abbiano rispetto di queste aree comuni, in base a due principi fondamentali sanciti nell’articolo 1102 del Codice Civile. Innanzitutto, ciascuno può servirsi della cosa comune. È dunque illegittimo impedire a un condomino di avere accesso a un’area o di usufruire di un bene in comproprietà (fanno eccezione i regolamenti contrattuali di cui parleremo più avanti). Questo utilizzo è però sottoposto a due condizioni. Il condomino non può:

  • Alterare la destinazione d’uso della cosa comune.
  • Estendere il proprio diritto a danno degli altri partecipanti: ciascuno deve poterne fare «parimenti uso».

Da questi semplici principi derivano interi corollari di norme su cosa si può fare e cosa non si può fare in condominio. Ad esempio, si parla spesso di miglioramento della cosa comune. Ciascuno ha il diritto di intervenire, anche a proprie spese, per il miglior godimento di un bene comune, purché non ne modifichi la destinazione d’uso o non ne limiti l’utilizzo degli altri. Se si tratta di interventi di piccolo conto, come ad esempio l’abbellimento di un’aiuola condominiale, non è necessaria nemmeno l’autorizzazione assembleare. A questo punto, se gli altri condomini vorranno acquisire il miglioramento fatto da un proprietario dovranno rimborsargli le spese.

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Uso della cosa comune in condominio

Un punto sul quale è già intervenuta più volte la giurisprudenza riguarda la nozione di pari uso. Essa non va intesa come un uso perfettamente identico. Ad esempio, è normale che un condomino che abita al quarto piano utilizzi l’ascensore maggiormente rispetto a un inquilino del primo piano. Un uso “più intenso” della cosa comune in condominio non impedisce, comunque, che tutti gli altri possano potenzialmente farne un uso altrettanto intenso.

Ricordiamo anche che esistono delle ulteriori limitazioni alle modifiche che un singolo può fare alla cosa comune in condominio. Parliamo, innanzitutto, di limiti strutturali: nessuna modifica può in alcun modo compromettere la stabilità dell’edificio. Allo stesso tempo, non è possibile danneggiare il decoro architettonico del palazzo. Questo ne comprometterebbe infatti anche il valore economico e costituirebbe quindi un danno per gli altri proprietari.

Infine, come accennato, il regolamento assembleare tradizionale non può limitare l’utilizzo della cosa comune o menomare i diritti dei condomini in tal senso. Costituisce un’eccezione il regolamento contrattuale, ossia quel codice le cui clausole vengono singolarmente messe ai voti e approvate con l’unanimità. Dunque, anche con il consenso esplicito dei condomini che ne deriverebbero un danno.

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Palestra in un condominio: si può creare?

Potrebbe essere un’esigenza sportiva di un gruppo di condomini, oppure un modo per sfruttare economicamente un proprio locale sfitto. In ogni caso, molti si saranno chiesti, almeno una volta, che tipo di modifiche siano possibili e in che modo dar vita a un’attività commerciale nel proprio condominio, magari pensando proprio a una palestra. È un caso che ha trovato risposta in una sentenza del TAR della Campania, la n. 1881 del 31/3/2014. Si può creare una palestra in condominio?

Come dicevamo, potrebbe trattarsi di un’unità immobiliare sfitta che il proprietario volesse affittare a un’associazione sportiva per ricavarne una palestra in condominio. Oppure, potrebbero essere i condomini stessi a voler creare un’attività commerciale in un locale vuoto del palazzo. È il caso della sentenza citata, nella quale un’associazione sportiva dilettantesca aveva aperto una palestra nel garage di un condominio. Il Comune impugnava tale situazione perché riteneva che essa non avesse richiesto l’autorizzazione comunale per il cambio di destinazione d’uso.

Il TAR ha dato ragione al ricorso dell’associazione, perché essa aveva effettuato un cambio di destinazione d’uso senza opere, mantenendo quindi intatte volumetrie e pavimentazione. La possibilità di cambiare la destinazione d’uso di un locale all’interno di un condominio aprirebbe dunque la strada a possibili evoluzioni o trasformazioni di locali vuoti, come ad esempio un garage o una cantina. Fermo restando che non ci sia bisogno del permesso di costruire comunale (la famosa s.c.i.a.).

Creare una palestra in condominio: quali vincoli?

Bisogna naturalmente tener presente che il regime di comunione vigente in condominio richiede la piena collaborazione per una convivenza civile e rispettosa. Tolta dunque l’incombenza dell’autorizzazione comunale, potrebbero rimanere delle rimostranze da parte degli altri condomini. Ad esempio, perché un’attività commerciale potrebbe significativamente incidere sui rumori molesti in condominio. Oppure perché i parcheggi loro assegnati si ritrovano troppo spesso a essere occupati dalle macchine dei clienti.

In ogni caso, è sempre bene comunicare la propria intenzione, seppur legittima, all’amministratore di condominio. Insieme, potrete anche verificare che non sussistano divieti in tal senso nel regolamento condominiale, necessariamente inserito con una clausola contrattuale e quindi votata all’unanimità. Aprire una palestra in condominio è quindi possibile e, anzi, in qualche modo assecondato dalla legge. Soprattutto per andare incontro alle esigenze di associazioni sportive piccole o dilettantistiche.

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Animali domestici in condominio: si possono vietare? Quali regole seguire?

I nostri fidati animaletti domestici sono parte integrante della vita di moltissime persone. Tanti, infatti, non rinunciano a portare con sé i propri amici a quattro zampe anche in condominio. Come vedremo, la legge permette di tenere animali domestici nella propria unità immobiliare condominiale, ma questo non significa che non esistano regole al riguardo. Alcuni disagi, che dipendono soprattutto dalla condotta del padrone più che da quella dell’animale in sé, possono infatti essere causa scatenante di litigi e controversie. Vediamo quindi se si possono vietare gli animali domestici in condominio e quali regole seguire per una convivenza pacifica con gli altri condomini.

Le interpretazioni della giurisprudenza prima e la Riforma del Condominio poi hanno stabilito che un condominio non può vietare la presenza di animali domestici in condominio. Nero su bianco, al quarto comma l’articolo 1138 del Codice Civile stabilisce che

Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.

Nonostante la chiarezza del disposto, è necessario considerare che l’articolo si riferisce a un regolamento condominiale di tipo assembleare. Quindi “tradizionale” e votato a maggioranza. Alcune interpretazioni giurisprudenziali tenderebbero a considerare la possibilità di vietare il possesso di animali domestici in condominio mediante regolamento contrattuale, quindi votato all’unanimità. Il problema si pone quindi in caso di un padrone che sopraggiunga nel condominio dopo l’approvazione di una tale norma nel regolamento. In caso di affitto o di compravendita, quindi, è sempre meglio informarsi prima riguardo alle disposizioni sugli animali domestici nel regolamento condominiale.

Quali regole seguire con gli animali domestici in condominio?

Ammessa la presenza dell’animale nella propria unità di proprietà esclusiva, non ci si deve dimenticare delle aree comuni nelle quali deve vigere il rispetto dei diritti altrui. È quindi buona norma dei padroni ricordarsi che, alcune regole di comportamento e di buon senso, devono in ogni caso essere rispettate.

Parliamo, ad esempio, dell’immissione di rumori e odori molesti che, come abbiamo visto in precedenza, può costituire un vero e proprio reato entro determinati termini. Anche nel caso di animali domestici, va considerata la soglia di tollerabilità dei rumori. Così, il cane ha chiaramente diritto ad abbaiare. Il padrone è però tenuto a limitare questi rumori al minimo possibile e non oltre la soglia di tollerabilità. Curandosi, per esempio, di evitare rumori e confusione nelle ore di riposo. Provvedendo a non lasciare troppo il cane da solo o magari cercando per quanto possibile di isolare il proprio appartamento. In caso di eccessivo disturbo del riposo o della quiete (da dimostrare con prove e testimonianze) la legge prevede anche la possibilità di un risarcimento danni.

Altro punto sul quale riflettere è la libera circolazione degli altri condomini nelle aree comuni, che non può essere limitata dalla libera circolazione del proprio animale domestico. Il rispetto, in tal caso, è sia di un’eventuale paura o allergia degli altri condomini, sia delle norme di igiene e sicurezza. Se quindi non è possibile vietare la presenza di un animale domestico in condominio, è possibile però che i condomini limitino l’utilizzo delle aree comuni agli animali lasciati liberi per tutelare i propri diritti. In linea di massima, il principio è quindi quello del minimo disturbo alla quiete e alla convivenza comune. Altrimenti noto come buon senso.

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Che cosa contiene un regolamento condominiale?

Il regolamento condominiale è la Costituzione del condominio. Vale a dire, è quell’insieme di norme che regola tutti gli aspetti della convivenza condominiale al di fuori delle norme imposte dal Codice Civile. La sua delibera è obbligatoria solo quando nel condominio siano presenti più di 10 proprietari. Tuttavia, anche le realtà più piccole, i cosiddetti condomini minori, spesso decidono di adottare questo testo per stabilire alcuni punti fermi riguardo l’utilizzazione di specifici beni comuni o divieti/permessi per determinati comportamenti. Vediamo cosa contiene un regolamento condominiale e perché è fondamentale fare riferimento a questo documento prima di prendere iniziative che potrebbero violare le sue norme.

Il regolamento di condominio è previsto dallo stesso Codice Civile che. L’articolo 1138, in particolare, indica che cosa contiene un regolamento condominiale e quali disposizioni, invece, non sono da ritenersi valide al suo interno. Leggendo la norma, vediamo che tale documento riguarda:

  • L’uso delle cose comuni.
  • La ripartizione delle spese in base ai diritti di ciascun condomino e alle quote proporzionali disposte dalle tabelle millesimali che devono essere allegate.
  • Le norme per la tutela del decoro dell’edificio.
  • Disposizioni riguardo all’amministrazione condominiale.

Chi scrive il regolamento condominiale? Trattandosi di un documento che legifera sulla convivenza di tutti i proprietari, ciascun condomino ha il diritto di modificare il regolamento condominiale o, nel caso sia assente, di prendere l’iniziativa per redigerlo. Naturalmente, la sua approvazione (in toto o delle singole norme) richiede il voto favorevole dell’assemblea condominiale con la maggioranza degli intervenuti che corrisponda ad almeno la metà del valore dell’edificio in millesimi.

Uso delle cose comuni: cosa contiene il regolamento?

Il regolamento condominiale può predisporre alcuni limiti all’utilizzo delle cose comuni da parte dei condomini. Ad esempio, è possibile stabilire che il cortile condominiale non possa essere utilizzato come parcheggio per motocicli o biciclette. O, ancora, il regolamento può vietare che si giochi a pallone in giardino, che si faccia rumore in determinate fasce orarie o persino che sia vietato l’utilizzo di barbecue.

In generale, la distinzione da fare è fra norme che stabiliscono come utilizzare un bene condiviso e norme che limitano il godimento di un bene o che istituiscono una sorta di disparità fra proprietari.In questi ultimi due casi si tratta quindi di limitazioni al godimento di diritti reali di tutti i proprietari. Per queste norme è non è sufficiente la maggioranza richiesta per modifiche ordinarie. In tali casi è sempre richiesta l’unanimità nel voto dei partecipanti all’assemblea. Si tratta della differenza fra regolamento assembleare e regolamento contrattuale, che vi abbiamo spiegato qui.

Per rendere opponibili anche a terzi determinate clausole che limitano dei diritti reali, è possibile anche richiederne la trascrizione. In tal modo, la clausola sarà poi allegabile ai singoli rogiti di vendita delle unità immobiliari. Si tratta di una tutela nei confronti di chi acquista l’immobile che, così, entra a conoscenza immediata di una disposizione votata all’unanimità dall’assemblea precedentemente alla compravendita.

Un altro argomento spesso trattato nei regolamenti condominiali è il decoro architettonico. Si tratta di norme volte a mantenere l’armonia estetica dell’edificio, garantendone così anche il valore economico. A tal proposito, è possibile addirittura che un regolamento vieti di appendere piante sporgenti dal balcone o che siano disposte delle regole per le forme e i colori delle tende da sole.

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Installazione di zanzariere in condominio: con quali permessi?

Spesso i proprietari di unità immobiliari in condominio tendono a trascurare l’incidenza di modifiche apparentemente piccole alle loro abitazioni. Se questi interventi riguardano il lato esterno del proprio balcone, si va, però, ad agire contemporaneamente anche sulla facciata del condominio. A questo punto, subentrano le norme relative alla gestione di beni e aree comuni che, ricordiamo, è obbligatorio rispettare. Parliamo, in particolare, della facciata del condominio e della tutela del suo decoro architettonico. Un discorso che bisogna valutare con attenzione anche quando si tratta di piccoli interventi come l’installazione di zanzariere in condominio. Quali fattori bisogna considerare in tal caso?

Per decoro architettonico si intende l’insieme armonico delle linee e delle strutture che compongono l’aspetto esterno di un edificio. Aspetto che è dato dall’insieme dei singoli elementi, compresi quelli installati nei balconi che pur corrispondono a spazi privati ad uso esclusivo dei condòmini.

Il rispetto del decoro architettonico non ha valenza solo in termini estetici. Lo stato della facciata esterna di un edificio incide, oltre che sulla bellezza del palazzo in quanto arredo urbano, anche sul suo valore economico. Da un utilizzo sconsiderato di elementi esterni come tende da sole, impianti per l’aria condizionata e perfino zanzariere può quindi derivare un danno economico a tutti i proprietari del condominio. Ecco perché bisogna sapere a cosa si va incontro anche quando si decide di installare delle zanzariere sul proprio balcone.

È obbligatorio il permesso per l’installazione di zanzariere in condominio?

Cominciamo dalle regole. Un regolamento “tradizionale”, quindi assembleare e votato con maggioranze classiche, non può impedire l’installazione di zanzariere sul proprio balcone. È possibile però che in passato l’assemblea abbia votato all’unanimità una norma in tal senso, che impedisca o stabilisca delle condizioni a questo tipo di intervento. È bene quindi verificare la presenza nel proprio regolamento di clausole contrattuali in merito.

Inoltre, piccole modificazioni delle parti comuni del condominio sono permesse, a patto che non ledano il diritto altrui di godere allo stesso modo dell’area condivisa. In altri termini, è quindi possibile installare zanzariere sul proprio condominio solo se il loro aspetto non pregiudica il decoro architettonico dello stabile.

In tal senso, non esiste un obbligo di comunicazione all’amministratore. È bene però sapere che gli altri condomini potrebbero, se ritenessero che zanzariere in questione dannose per l’aspetto estetico dell’edificio, opporsi a tale decisione e persino ricorrere a un Tribunale per ordinarne la rimozione. Ecco perché spesso, in via precauzionale, sarebbe meglio condividere il proprio intento con l’amministratore e con l’assemblea, in modo tale da non dover affrontare la questione in via giudiziale.

Ad ogni modo, spetterà poi al tribunale competente il giudizio finale sull’opera realizzata. Il giudice può infatti ritenere che l’alterazione del  derivante dall’installazione di zanzariere in condominio sia trascurabile, quando non comprometta il valore economico dell’edificio. Una caratteristica che può facilitare questo tipo di valutazione permissiva è, ad esempio, la rimovibilità delle zanzariere o l’adozione di reti con lo stesso colore delle strutture preesistenti quali la ringhiera del balcone condominiale o la tenda da sole.

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Trascrizione del regolamento condominiale: a cosa serve?

Si sente spesso parlare, nei tribunali ma non solo, di trascrizione del regolamento condominiale.  La trascrizione di un atto ne da pubblicità, rendendolo così opponibile a terzi di un diritto reale. Parliamo, ad esempio, del trasferimento di proprietà di un bene immobile, o di altri diritti quali usufrutto, diritto di superficie, di servitù etc. Una volta trascritti nei registri immobiliari, gli atti condominiali acquisiscono così una valenza vincolante anche per i futuri acquirenti degli immobili. Ma in che modo è possibile trascrivere il regolamento condominiale?

La vera domanda da porsi, in realtà, sarebbe: quando è necessario trascrivere il regolamento condominiale? Bisogna infatti tener presente che tutti i proprietari di un condominio nonché i suoi inquilini sono tenuti al rispetto del regolamento anche senza trascrizione. La nota (il documento) di trascrizione si rende quindi necessario solo nel caso in cui si voglia far valere un proprio diritto reale anche nei confronti di terzi. Come, ad esempio, un acquirente che, acquisendo il nostro immobile, ne debba accettare anche determinati diritti preesistenti.

La trascrizione di un regolamento è quindi utile non tanto quando si parla delle comuni norme di convivenza del palazzo. Piuttosto, un proprietario può richiederla per rendere opponibile a terzi determinate clausole contrattuali dello stesso. Le clausole contrattuali, ricordiamo, sono modifiche al regolamento che limitano in qualche modo un diritto reale su una proprietà privata o su un’area comune. Tali clausole vengono accettate dai condomini con voto all’unanimità. I terzi (come un acquirente sopraggiunto in un secondo momento) dovranno attenersi a queste clausole solo quando queste siano state trascritte.

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Come fare la trascrizione di una clausola del regolamento condominiale?

La Corte degli Ermellini ha specificato a più riprese anche come trascrivere un regolamento condominiale. In tal senso, non si tratta di trascrivere l’intero regolamento, ma di evidenziare le singole clausole che implicano limitazioni ai diritti reali. In tal modo, la trascrizione sarà sempre legata ai rogiti di vendita dei singoli immobili e i futuri proprietari saranno portati a conoscenza di eventuali vincoli, non potendo che accettarli.

Oltre all’interpretazione in tal senso della Cassazione, ci conferma questo esito anche una recente sentenza del Tribunale di Roma (2/4/19). Nel caso in oggetto, un proprietario aveva ceduto in affitto il suo immobile in condominio. Il condominio, facendo leva su un divieto espresso nel regolamento, ha quindi denunciato questa condotta come illegittima.

Il Tribunale ha invece dato ragione al proprietario. La clausola del regolamento in questione aveva natura contrattuale ed era quindi stata votata all’unanimità dall’assemblea (evidentemente, non dal proprietario sopraggiunto in seguito). La mancata trascrizione di questa norma l’ha resa inopponibile a terzi.

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Regolamento che vieta il distacco dal riscaldamento centralizzato? È nullo

Nei condomini con servizi centralizzati capita spesso che alcuni singoli proprietari chiedano il distacco dagli impianti condominiali. Questo, per l’incuria del palazzo nei confronti di un’autoclave poco funzionale ad esempio, o per l’installazione di sistemi di riscaldamento alternativi. Esistono vincoli in tal senso? È possibile “tirarsi fuori” da questi impianti condominiali? È valido un regolamento che vieta il distacco dal riscaldamento centralizzato?

Abbiamo già visto come sia possibile richiedere e fare il distacco dall’autoclave condominiale a determinate condizioni. Un discorso analogo è applicabile al riscaldamento centralizzato. In tal senso, sono esiste un principio giuridico che sancisce e garantisce la libertà del singolo condomino di disporre come ritiene dei beni comuni di un condominio. Innanzitutto, l’articolo 1138 del Codice Civile. Qui, al quarto comma, si legge che il regolamento condominiale non può in alcun modo:

«menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni».

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Ciascuno, in sintesi, può disporre dei propri beni come crede e adottare i miglioramenti necessari, nel limite del rispetto del diritto altrui. All’articolo 1118, secondo comma, si legge anche che il condomino non può rinunciare ai suoi diritti sulla cosa pubblica. L’interpretazione di questa norma è legata però ai diritti reali sull’oggetto in sé, e non obbliga in nessun modo il condomino a utilizzare i beni comuni; solo a risponderne in base al principio di comunione. Questo, anche in ragione di un interessi di natura più generale. Gli impianti di riscaldamento autonomi tendono infatti a favorire il risparmio energetico rispetto a quelli centralizzati.

Distacco dal riscaldamento centralizzato: divieto nullo se nel regolamento

È quindi da giudicare nullo il regolamento che vieta il distacco dal riscaldamento centralizzato. A ribadirlo, anche l’ordinanza n. 9387 del 21/05/20 della II Sezione Civile della Corte di Cassazione che, analizzando un caso analogo, ha stabilito l’impossibilità per un regolamento condominiale di porre obblighi o limitazioni in capo ai diritti acquisiti dei singoli sulle loro proprietà.

Il condominio potrà però richiedere al singolo proprietario la partecipazione alla ripartizione delle spese per manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma degli impianti, proprio perché il suo diritto su di essi permane. Escludendo, naturalmente, le spese per i consumi.

Oltre al “vincolo” di partecipazione alle spese, il proprietario dovrà anche accertare tramite il parere di un tecnico che il suo distacco non implichi in alcun modo un pregiudizio per l’utilizzo dell’impianto di riscaldamento centralizzato da parte degli altri.