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Si può mettere una stufa a legna in condominio?

Abbiamo parlato di come la rivoluzione dell’Ecobonus tocchi da vicino anche gli impianti da riscaldamento delle abitazioni condominiali. A determinate condizioni, la normativa prevede ad esempio degli interessanti sgravi fiscali per la sostituzione o l’acquisto di stufe a pellet o a legna. Pensare a un’innovazione di questo tipo risulta quindi doppiamente vantaggioso: bonus e risparmio sui consumi. Dovresti preoccuparti che gli altri condomini ti possano impedire di installare una stufa a legna in condominio nella tua unità? In realtà, con la guida dei giusti professionisti difficilmente gli altri proprietari potranno impedirti di farlo – né dovrebbero trarne svantaggio.

I requisiti ai quali dovrai fare attenzione sia quando acquisti sia quando sostituisci la tua stufa a legna in condominio riguardano naturalmente la sicurezza. Inutile dire che debba trattarsi di un impianto a norma sotto tutti i punti di vista. Sia nella disposizione all’interno della casa quanto sia nello scarico dei residui della combustione. Cominciamo dalle caratteristiche di installazione nell’appartamento.

Il primo riferimento da tenere presente è che, per ospitare una stufa o un camino, una stanza deve avere un volume di almeno 30 metri cubi, che equivalgono a circa 11 metri quadri. Ricorda inoltre che è obbligatorio l’impiego di stufe a legna con focolare chiuso e presa d’aria che prelevi ossigeno dall’esterno dell’edificio. Fra le altre misure da seguire ci sono l’utilizzo di materiale isolante termico intorno alla stufa e un adeguato impianto di canalizzazione verso l’alto dei fumi (canna fumaria).

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Stufa a legna in condominio e canna fumaria

Parliamo ora dello scarico della stufa a legna, che ha a che vedere anche con l’estetica esterna oltre che con la sicurezza. È obbligatorio infatti che i fumi vengano scaricati oltre il colmo del tetto. Ciò significa che è necessaria una canna fumaria, condominiale o meno, che convogli i residui della combustione verso l’alto. Non sono a norma gli impianti che scaricano direttamente a muro con il classico buco sulla parete. Se il tuo condominio è già dotato di una canna fumaria, non dovrai far altro che realizzare un raccordo di tubi.

Se invece l’edificio ne è sprovvisto, potrai provvedere tu stesso a installare una canna fumaria in condominio. Per farlo, dovrai assicurarti che il tubo aderisca al muro perimetrale e che questo non costituisca un danno per:

  • Il decoro architettonico dell’edificio, ossia che non ne pregiudichi l’aspetto negativamente
  • La distanza minima legale da finestre, balconi, aperture
  • Il diritto di veduta

Tutte condizioni facilmente tutelabili grazie all’aiuto di un buon professionista. Nel rispetto di queste regole, non dovrai chiedere l’autorizzazione preventiva per installare una canna fumaria. E quindi per montare la tua nuova stufa a legno.

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Modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali

Apportare modifiche alle parti comuni del proprio condominio a volte può richiedere un iter più lungo del previsto. La proposta del progetto all’amministratore, la convocazione dell’assemblea, la discussione, a volte una seconda convocazione e così via. Vi sono però alcuni interventi che non richiedono l’approvazione dell’assemblea condominiale, e che possono essere svolti autonomamente dai singoli condomini. Quali sono le modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali? Il criterio per stabilire il limite di “libertà” del singolo sta nella definizione dell’elemento coinvolto e dell’entità dell’intervento richiesto.

Distinguiamo quindi il discorso in due categorie: una di interventi relativi a un bene comune e una di lavori che interessano anche parti in uso esclusivo o di proprietà. Le parti comuni dell’edificio sono naturalmente in comproprietà e, come tali, devono essere rispettate in due modi:

  • Non è possibile alterarne la destinazione d’uso intrinseca nell’oggetto o esplicitata nel regolamento condominiale.
  • Non è possibile usufruirne a danno di altri o limitando il loro pari diritto di goderne.

In questi sensi, è facile pensare che sia possibile, in assenza di eventuali divieti espliciti nel regolamento, apportare delle piccole migliorie alle parti comuni senza chiederne il permesso. Ad esempio, abbellire l’aiuola condominiale con piante e fiori non limita né la destinazione d’uso né l’accesso degli altri condomini allo stesso bene, e sarebbe quindi permesso.

E per quanto riguarda i lavori sulle parti di proprietà individuale?

Posso apportare modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali?

Non è detto che poiché un elemento appartenga alla nostra proprietà si sia liberi di intervenire senza riguardo per i dirimpettai. Lo sa bene chi abita in condominio. Nel Codice Civile troviamo infatti un altro limite dalle modifiche che è possibile apportare, valido tanto per le parti comuni (oltre a quelli già citati) quanto per le parti ad uso esclusivo. L’articolo 1122 vieta al condomino di

eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

Abbiamo più volte fatto l’esempio del balcone che, pur facendo parte dell’unità immobiliare del condomino, è parte integrante anche della facciata del condominio e come tale va gestito. In tal caso, la sostituzione di una ringhiera potrebbe sembrare una modifica irrisoria, ma che richiede comunque «preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea». Agli altri condomini viene così data la possibilità di vigilare sul rispetto dei limiti strutturali, di sicurezza o di decoro architettonico.

In buona sostanza, le modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali si limitano a interventi di piccola entità che rispettino contemporaneamente tutti i limiti posti dalla legge. Non è possibile agire senza autorizzazione se si tratta di migliorie o innovazioni. Oltre che, ricordiamo, dal regolamento interno, che suggeriamo pertanto di consultare sempre insieme all’amministratore in caso di dubbio.

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Orario dei lavori in condominio: esistono regole?

Fra le questioni perennemente al centro di dispute condominiali c’è il rispetto della quiete. Vicini rumorosi, bambini che giocano in cortile e animali domestici sono le principali cause in oggetto. Esiste però anche il problema dei lavori. Il trapano che parte nelle primissime ore del mattino o altri rumori che si perpetrano per tutta la durata della giornata possono davvero costituire una molestia. Come risolvere la questione dell’orario dei lavori in condominio? Esistono regole precise in merito? È possibile imporre delle limitazioni o delle fasce orarie?

Come abbiamo ribadito più volte, i rumori molesti in condominio possono essere regolarmente denunciati nel momento in cui superano la soglia di normale tollerabilità, così come stabilito nel Codice Penale all’articolo 844. Allo stesso tempo, così come per gli orari di gioco dei bambini, non esistono limitazioni o fasce orarie dettate dalla legge. L’unico atto al quale fare riferimento è, anche nel caso di lavori in condominio, il regolamento condominiale.

Qui solitamente sono indicate delle fasce orarie di silenzio. Vale a dire, momenti della giornata nei quali si richiamano tutti i condomini (e i loro ospiti) a rispettare la quiete dell’abitato. Va da sé che, oltre ai rumori della quotidianità, in questi orari sono vietati anche dei lavori fastidiosi o invasivi. Non esiste quindi un vero e proprio orario dei lavori in condominio. È possibile, però, limitarne il rumore a una fascia pomeridiana o di mattinata, in base all’accordo preso dai proprietari in sede di assemblea.

Quali fasce per l’orario dei lavori in condominio?

Le fasce orarie tendenzialmente protette sono:

  • Ore precedenti alle 8 del mattino.
  • Fascia del primo pomeriggio (14 – 16).
  • Fascia serale, dalle 22 in poi.

Ogni assemblea potrà stabilire il proprio orario dei lavori in condominio approvando una clausola contrattuale nel regolamento, qualora ne fosse sprovvisto. Ricordiamo che questo tipo di modifiche alla modalità di utilizzo di un bene comune richiedono l’approvazione all’unanimità.

A questo punto, sarà possibile far sentire la propria voce con i vicini molesti. Il primo step consiste in una lettera di diffida. Un tentativo pacifico di risoluzione che precede il più impegnativo ricorso alle vie legali. Il tribunale, se dovesse stabilire il mancato rispetto di una norma del regolamento condominiale, potrebbe infatti condannare il trasgressore a un’ammenda e a una reclusione fino a massimo 3 mesi. Un’ipotesi estrema, ma che aiuta a percepire la gravità di tali infrazioni che pregiudicano il quieto vivere altrui.

Tenete comunque presente che è necessario che il rumore costituisca una molestia non per un proprietario solo, ma per un numero indefinito di condomini. È sempre buona norma, quindi, rivolgersi all’amministratore per invitarlo a convocare un’assemblea e parlare del problema apertamente.

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Bonus idrico approvato: cos’è e come si richiede

Oltre alla proroga al 2022 del Superbonus 110%, la commissione di Bilancio in Parlamento ha approvato anche un altro emendamento di grande interesse per chi è intenzionato a ristrutturare casa o deve intraprendere dei lavori. Stiamo parlando del cosiddetto Bonus idrico, approvato il 21 dicembre nella Legge di Bilancio. Vediamo in cosa consiste questo bonus, a quanto ammontano le somme stanziate e per quali tipi di interventi è previsto. Le misure previste rientrano tutte in una più ampia ottica di efficientamento, tanto energetico (con gli incentivi Ecobonus) quanto idrico.

In attesa dei dettagli che verranno rilasciati nelle prossime settimane dal Ministero dell’Ambiente, è stato intanto approvato lo stanziamento di 20 milioni per erogare il Bonus idrico. Ciascuno avrà diritto a 1000 euro per interventi di efficientamento idrico e ristrutturazione dei propri sanitari. Condizione è che le opere vengano realizzate entro il 31 dicembre 2021. Beneficiarie del bonus le persone fisiche residenti in Italia.

In cosa consiste?

Si tratta di una somma messa a disposizione di quanti ne faranno richiesta (nei limiti delle cifre stanziate) per le spese di sostituzione ed efficientamento di sanitari, rubinetti o altri apparecchi di approvvigionamento idrico. Il bonus da 1000 euro non sarà rilevante ai fini ISEE, non costituendo reddito imponibile e dunque non essendo tassabile. Lo scopo di questa misura è quello di rendere più efficienti rubinetti e soffioni, onde evitare sprechi d’acqua o distribuzione irregolare di questa risorsa preziosissima.

Per quali tipi di intervento è possibile richiedere il Bonus idrico?

È possibile richiedere il “Bonus acqua” per interventi di efficientamento idrico, compresa la fornitura (quindi l’acquisto) e l’installazione, con tanto di opere murarie, idrauliche e di smontaggio. Parliamo di:

  • Sostituzione di vasi di ceramica e relativi sistemi di scarico con impianti che abbiano un volume di scarico massimo compreso nei 6 litri.
  • Rubinetti e miscelatori per cucina e bagno con scarico non superiore ai 6 litri al minuto.
  • Soffioni e colonne doccia con scarico non superiore ai 9 litri al minuto.

Come si richiede il Bonus idrico?

Ulteriori precisazioni, moduli e procedure saranno rilasciate entro 60 giorni dall’approvazione della Legge Bilancio direttamente dal Ministero dell’Ambiente. Attese anche ulteriori delucidazioni sull’impiego di questo Bonus per la propria unità immobiliare in condominio, anche se non dovrebbero essere previsti ostacoli in merito. Non resta che attendere indicazioni e affrettarsi a richiedere il proprio contributo.

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Modificare le parti comuni senza autorizzazioni: quando è possibile?

I problemi delle aree comuni di un condominio non sono legati solo alla manutenzione o alla ripartizione delle spese per le riparazioni. Accade anche che un proprietario, ritenendo di averne il diritto, prenda decisioni e operi degli interventi in aree condivise dell’edificio senza chiederne prima l’autorizzazione all’assemblea. Un gesto che spesso nasconde un’assunzione di responsabilità e un intento migliorativo per il condominio, che però può scontrarsi con le norme civilistiche. Quando è possibile modificare le parti comuni senza autorizzazioni?

Ne abbiamo parlato, ad esempio, quando abbiamo ipotizzato il caso di un condomino che voglia abbellire le aiuole condominiali con piante e fiori. Ma può succedere anche quando si decida di aprire una finestra sulle scale poco illuminate o di arredare il pianerottolo con dei vasi. In linea di massima, il Codice Civile ci suggerisce che è possibile modificare le parti comuni senza autorizzazioni quando l’intervento

  • Non ne alteri la destinazione d’uso.
  • Non impedisca agli altri proprietari di farne parimenti uso.

Oltre all’articolo 1102, troviamo rifermento a interventi dei singoli condomini sulle parti comuni anche in tema di innovazioni condominiali. In tal caso, si tratta di interventi che alterano la natura materiale di un bene oppure la sua destinazione d’uso. La portata dei lavori richiede quindi l’approvazione preventiva in assemblea con maggioranza degli intervenuti e almeno due terzi del valore dell’edificio (articolo 1136).

Oltre ai limiti posti alle innovazioni, esistono anche dei divieti espliciti riguardo gli interventi per modificare le parti comuni senza autorizzazioni. Si tratta, ad esempio, di azioni che potrebbero compromettere la stabilità strutturale dell’edificio o il suo decoro architettonico. Un’interpretazione ampia che va, di fatto, valutata caso per caso.

Quando si può modificare le parti comuni senza approvazione?

In tal senso, è arrivata una risposta dalla Cassazione che aiuta, in parte, a far chiarezza su cosa sia permesso fare senza autorizzazione dell’assemblea e cosa no. L’orientamento della Corte si è mosso verso un’interpretazione estensiva dell’articolo 1102. Ciascuno ha il pieno diritto di apportare ogni modificazione che gli permetta di trarre maggior godimento dal bene comune. Posto, naturalmente, che non se ne modifichi la destinazione d’uso o che questo non comprima il diritto altrui.

Nel caso specifico, la Cassazione (sentenza n. 11145 del 2015) ha legittimato un condomino che ha allargato un passaggio pedonale di proprietà del condominio, rendendolo carrabile. Sulla scia di questa interpretazione, la Corte ha sottolineato che altri interventi assimilabili a questo sono da considerarsi permessi anche senza l’autorizzazione. Ad esempio, l’installazione di ulteriori luci sulle scale. Oppure l’apertura, con lo stesso scopo, di una finestra.

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Fondo cassa per lavori straordinari: quando è obbligatorio?

I lavori di manutenzione straordinaria, come abbiamo spesso visto, si distinguono dagli interventi ordinari sotto tre aspetti. Innanzitutto, per l’entità degli interventi da realizzare, in questo caso più incisivi. In secondo luogo, per il loro carattere di una tantum. Infine, per il diverso costo dei lavori. Tutto questo si traduce anche in diverse regole di approvazione assembleare. Come ci si deve comportare per quanto riguarda lo stanziamento di risorse? È obbligatorio istituire un fondo cassa per i lavori straordinari? O è possibile delegare la gestione delle spese all’amministratore?

Cominciamo dalle basi. Cos’è il fondo cassa condominiale? Si tratta di una somma stanziata e approvata dall’assemblea per realizzare dei lavori o delle riparazioni su parti comuni del condominio. La sua caratteristica principale è quella di essere una risorsa vincolata. Ciascun fondo condominiale dunque viene istituito ad hoc per uno specifico intervento e può essere utilizzato solo per tale scopo. Questo significa anche che non è possibile creare un fondo cassa “generico” o “preventivo” senza vincolarlo a una destinazione specifica.

È possibile attribuire un fondo cassa condominiale a dei lavori straordinari ma anche a delle opere di manutenzione ordinaria. Ed è proprio questa distinzione che indica le maggioranze richieste per la sua approvazione, che spetta sempre all’assemblea condominiale.

  • Se si tratta di semplici interventi di manutenzione ordinaria, è richiesta la semplice approvazione della maggioranza degli intervenuti, che corrisponda a un terzo del valore in millesimi dell’edificio.
  • Quando gli interventi sono di manutenzione straordinaria, è necessaria la stessa approvazione richiesta per le manutenzioni di notevole entità. Maggioranza degli intervenuti, quindi, che corrisponda alla metà del valore in millesimi del condominio.
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Lavori straordinari in condominio: serve un fondo cassa?

Come detto, lo strumento del fondo cassa è estremamente utile perché garantisce una gestione trasparente delle risorse, vincolate a un’unica opera stabilita e votata a maggioranza dall’assemblea. Proprio per questo motivo il legislatore ha deciso, con la Riforma del Condominio del 2012, di implementarne l’utilizzo.

L’articolo 1135 del Codice Civile è stato così modificato: al quarto comma, si legge che l’assemblea deve deliberare riguardo alla manutenzione straordinaria

costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori.

È quindi obbligatorio instituire un fondo cassa condominiale per lavori straordinari in condominio. Non sempre, chiaramente, è possibile stimare con esattezza l’ammontare dei lavori, ed è possibile quindi spacchettare il fondo approvando un pagamento graduale in funzione del procedere dei lavori. Lo stesso articolo precisa anche il ruolo centrale dell’assemblea in questo caso:

L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.

Il criterio di urgenza quindi è l’unica eccezione che permette all’amministratore di agire tempestivamente, ad esempio quando un guasto sia urgente o potenzialmente pericoloso. Ad ogni modo, l’assemblea andrà interpellata in merito e alla prima riunione convocata.

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Ecobonus 110%: cosa c’è da sapere

È già operativo già dal 15 ottobre, ma non mancano ancora le zone d’ombra dell’Ecobonus 110%. Specialmente nella sua parte attuativa. I documenti richiesti sono tanti e in questi giorni commercialisti, imprese edili e privati cittadini si sono già attivati – Covid permettendo – per mettere in moto la macchina. L’opportunità è particolarmente golosa per chi ha intenzione di ristrutturare casa. Facciamo quindi un riepilogo chiaro. Cosa c’è da sapere sull’Ecobonus 110%? A chi spetta? Come è possibile riscattare il proprio incentivo fiscale e quali documenti servono?

L’Ecobonus 110% è un programma di incentivi fiscali proposto dal Governo nel Decreto Rilancio di maggio 2020 e già sottoscritto dalle Camere. Il pacchetto varato prevede delle detrazioni fiscali per chi voglia ristrutturare il proprio immobile aumentando la sua efficienza di almeno due classi energetiche. Una misura che da un lato va incontro a chi già da tempo rimanda interventi consistenti sul proprio appartamento. Dall’altro, sostiene l’attività delle imprese edilizie, fra le tante colpite dalla crisi.

Chi può beneficiare di questi aiuti? I requisiti minimi per accedere all’Ecobonus 110%  sono elencati già nel testo del Decreto. Accedono agli sgravi persone fisiche proprietarie di singole unità immobiliari autonome, villette a schiera con ingresso indipendente o appartamenti in condominio. Fra le ultime novità sull’Ecobonus anche l’apertura dei fondi a seconde case, castelli e palazzi di valore. Ammessi nell’elenco anche associazioni sportive o dilettantistiche, cooperative di abitazione, organizzazioni non lucrative, Istituti Autonomi Case Popolari.

Per quanto riguarda gli abitati condominiali, ricordiamo che è possibile fare richiesta collettiva del bonus per interventi sulle parti comuni e, al contempo, solo per il proprio appartamento. Le nuove regole abbassano la maggioranza assembleare sufficiente per approvarne la richiesta (ora a un terzo del valore in millesimi).

Cosa sapere su quando e come accedere agli incentivi fiscali dell’Ecobonus

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In cosa consistono questi famosi incentivi fiscali dell’Ecobonus? Il Governo promette di risarcire il 110% delle spese sostenute per le ristrutturazioni, a patto che l’immobile ne guadagni in termini di prestazioni energetiche. Puoi riscuotere il credito in 3 diverse modalità.

  • Pagando la fattura dei lavori, riceverai un equivalente credito che potrai cedere a istituti bancari (informati quindi sulle banche che accettano tale credito) o a privati cittadini. Sarà poi l’Agenzia delle Entrate a riconvertire tale credito ceduto in contanti per chi lo ha acquistato.
  • Puoi direttamente pagare la fattura all’impresa edile che ha svolto i lavori. A questo punto, riscatterai il tuo credito attraverso una detrazione sull’imposta lorda spalmata su 5 anni.
  • Alcune imprese edili si prendono direttamente carico degli incentivi. In questo caso il cliente cede il suo credito d’imposta alla ditta scelta, che gli farà uno sconto in fattura. Sarà poi l’impresa a cedere a sua volta il credito a una banca, oppure a optare per la seconda via e beneficiare della detrazione sulla dichiarazione dei redditi.

Cos’altro sapere sull’Ecobonus? Riguardo al come accedere agli incentivi fiscali, la procedura per garantire un impiego rigoroso dei fondi comincia con lo studio di fattibilità. Un documento che attesta la fattibilità tecnica ed economica del progetto. Per consegnarlo, avrai bisogno di alcuni professionisti, commercialista (o CAF) e tecnico abilitato. Quest’ultimo, ti rilascerà un lasciapassare, vale a dire l’APE – Attestazione di Prestazione Energetica a conferma del miglioramento delle classi energetiche. Un documento che dovrà essere rilasciato sia prima sia dopo i lavori.

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Si può installare lo scarico fognario sul muro perimetrale?

Fino a che punto è possibile intervenire con dei lavori sui muri condominiali? Capita infatti che, per interventi che riguardano la propria unità immobiliare in condominio, si debbano coinvolgere anche delle parti comuni dell’edificio, come ad esempio i muri perimetrali. Ne è un esempio classico l’intervento sulle tubature private di un appartamento che, necessariamente, deve coinvolgere anche delle parti comuni, quali il muro perimetrale o la braga condominiale. Nel caso di lavori di ristrutturazione di un bagno, è possibile installare lo scarico fognario sul muro perimetrale del condominio?

Il principio che regola l’utilizzo da parte dei condomini dei beni comuni è disciplinato dall’articolo 1102. Dalla sua interpretazione emergono due principi cardine che vanno sempre rispettati quando si tratta di operare con aree o servizi in regime di comunione con gli altri condomini. È necessario che:

  • non si pregiudichi la funzione d’utilizzo del bene comune. Per modificarne la destinazione (ad esempio, per adibire un cortile a parcheggio) è infatti necessario modificare il regolamento con una norma contrattuale votata all’unanimità dall’assemblea.
  • L’utilizzo del bene da parte di un singolo deve altresì permettere un analogo e potenziale utilizzo dello stesso anche da parte degli altri comproprietari.

Nel rispetto di questi due principi, i condomini sono liberi di utilizzare le aree comuni, anche intervenendo con modifiche ai fini di un «migliore godimento della cosa». Come ha stabilito la , sembrerebbe rientrare in questa casistica anche l’intervento per installare lo scarico fognario sul muro perimetrale. A tal proposito ricordiamo però che spesso ricorrere a un tribunale è purtroppo necessario. A volte solo l’analisi del giudice di merito può stabilire, caso per caso e valutando la situazione specifica nel complesso, se l’uso di una cosa comune possa effettivamente pregiudicare nel concreto i diritti degli altri proprietari.

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Risarcimento danni di uno scarico fognario sul muro perimetrale

In linea di massima, il muro perimetrale è un bene comune che ha due funzioni. Una di protezione dell’edificio e una strutturale, nella quale rientra il contenimento di tubi e tubature di scarico. Il condomino può quindi disporne (tenendosi nei limiti dei due principi enunciati sopra) anche per installarvi uno scarico fognario privato e destinato al proprio bagno.

Le spese da sostenere per questo tipo di intervento ricadranno, ovviamente, per intero sul proprietario dell’unità immobiliare interessata dall’allaccio dello scarico. Questo si riflette anche su un eventuale risarcimento danni a terzi. Nel caso in cui la rottura sia imputabile alla condotta di un singolo soggetto, è solamente su questo che ricadranno le spese di risarcimento. Ne saranno invece esenti gli altri condomini, anche se la tubatura è installata in un bene da loro condiviso quale un muro perimetrale.

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Quali professionisti servono per il Superbonus?

Superbonus: quanto mi costi! Non in termini reali di spesa, in questo caso, ma in termini di documentazione e di pratiche necessarie per avviare, far procedere e concludere l’iter dei lavori. Gli sgravi fiscali del Decreto Rilancio convertiti in legge nel famoso pacchetto Superbonus sono un’opportunità davvero vantaggiosa per migliorare l’efficientamento energetico del proprio immobile e fare finalmente quei lavori tanto rimandati. Per approfittare di questi incentivi, sono richieste però decine di attestazioni tecniche e documenti fiscali. Ecco perché è fondamentale scegliere delle figure fidate e competenti. Quali professionisti servono per il Superbonus? Quali sono i tecnici da coinvolgere prima e dopo i lavori?

Tecnici e fiscali: quali professionisti servono per il Superbonus?

Per quanto riguarda l’attuazione pratica dei lavori, per mettere in moto l’intera macchina avrai innanzitutto bisogno di un tecnico per il rilascio dell’APE – Attestato di Prestazione Energetica. Questo documento è una sorta di lasciapassare e dimostra il miglioramento energetico di almeno due classi del proprio immobile. Difatti, ne sono richiesti due: uno come garanzia prima dei lavori e uno dopo gli interventi, come certificazione dell’avvenuto miglioramento.

Chi può rilasciare l’APE, ossia lo studio di fattibilità dei lavori? Puoi rivolgerti a un perito quale un geometra, un ingegnere, un architetto o altri professionisti. Questa figura dovrà inoltre vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori, sia per quanto riguarda i requisiti tecnici sia per quanto riguardo al corretto impiego delle somme versate.

Specialmente se ci si rivolge a piccole imprese o se si intraprendono lavori di modesta entità, si tende poi a nominare il tecnico perito cui ci si è rivolti per l’APE anche Direttore dei Lavori e Tecnico Progettista. A lui andrà il compito di redigere in forma scritta e allegare al contratto anche il capitolato dei lavori condominiali per il Superbonus. Il regista insomma di tutto il progetto di rinnovo.

Affidare ruoli giuridicamente diversi ma concretamente affini a uno stesso professionista significa innanzitutto che questo perito, conoscendo le procedure necessarie e tutti gli elementi accessori del caso, saprà gestire meglio anche cambiamenti in corso d’opera o eventuali problematiche. Inoltre, il vantaggio è tutto dell’utente, che dovrà interfacciarsi con una figura sola nel ruolo di committente o rappresentante dei lavori.

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Caf o commercialista?                                       

Senza dimenticarci dell’aspetto fiscale. Per usufruire del Superbonus non servono solo professionisti nel campo dell’edilizia: è necessario anche che le pratiche siano seguite da un commercialista. A questa figura spettano vari compiti, tutti di fondamentale importanza. Innanzitutto, un controllo generico sulla validità dei lavori, compreso un controllo esteso a tutti gli stadi di avanzamento del processo. Il commercialista dovrà consegnare il visto di conformità all’Agenzia delle Entrate a inizio lavori, effettuando quindi la richiesta per il Superbonus. Infine, spetta a lui la gestione dello sgravio, in tutte le sue forme:

  • Fa la richiesta del credito d’imposta
  • Controlla che lo sconto in fattura avvenga a norma.
  • Richiede il recupero fiscale diretto.

Capirai che si tratta di un ruolo particolarmente delicato, che sarebbe bene affidare al proprio commercialista di fiducia. Chi non ne avesse uno può rivolgersi, per questi servizi, anche al CAF.

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È possibile aprire un varco in un muro perimetrale?

Come ci si deve comportare se si intende aprire un varco in un muro perimetrale del condominio? Si tratta di un intervento strutturale spesso adottato. Ad esempio, quando un condòmino proprietario di un immobile al primo piano di un edificio decida di aprire un altro ingresso al proprio alloggio. Oppure, quando si vuole aggiungere un secondo accesso facilitato al palazzo. Ad ogni modo, si tratta di una questione inerente all’utilizzo di un bene comune, qual è il muro perimetrale. E che, quindi, può suscitare delle liti anche gravi fra proprietari.

Ricordiamo innanzitutto qual è la legislazione inerente i beni comuni condominiali. Come specificato all’articolo 1102 del Codice Civile:

Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti  uso secondo il loro diritto.  A  tal  fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

Dunque, l’apertura di una finestra o di una porta d’ingresso al proprio appartamento non dovrebbe teoricamente inficiare l’utilizzazione della cosa da parte degli altri. Ricordiamo anche che il muro perimetrale svolge un ruolo di “protezione” dell’edificio. Funzione di cui i condomini potranno continuare a godere se l’apertura del varco non pregiudichi la sicurezza dell’edificio. Questo, stanti le autorizzazioni comunali.

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Da considerarsi sarebbero anche, quindi, il tipo di varco e l’area antistante ad esso. Ad esempio, aprire un varco in un muro perimetrale del condominio è illegittimo se esso collega l’immobile di proprietà del singolo con una strada pubblica. Questo perché, secondo la Cassazione, tale collegamento sottrarrebbe il muro alla sua funzione di protezione e recinzione dell’edificio.

Aprire un varco lede il decoro?

Questa sentenza ci ricorda che, in questo come in altri casi, l’ultima parola debba spettare proprio al Giudice. Non solo in termini di violazione dell’utilizzo della cosa comune. Un’altra questione che i condomini potrebbero sollevare volendo impedirti di aprire un varco perimetrale in condominio potrebbe essere quella riguardante il decoro architettonico dell’edificio. Un parametro difficile da stabilire a priori, che potrebbe perfino risolversi chiedendo un parere in assemblea condominiale.