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Modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali

Apportare modifiche alle parti comuni del proprio condominio a volte può richiedere un iter più lungo del previsto. La proposta del progetto all’amministratore, la convocazione dell’assemblea, la discussione, a volte una seconda convocazione e così via. Vi sono però alcuni interventi che non richiedono l’approvazione dell’assemblea condominiale, e che possono essere svolti autonomamente dai singoli condomini. Quali sono le modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali? Il criterio per stabilire il limite di “libertà” del singolo sta nella definizione dell’elemento coinvolto e dell’entità dell’intervento richiesto.

Distinguiamo quindi il discorso in due categorie: una di interventi relativi a un bene comune e una di lavori che interessano anche parti in uso esclusivo o di proprietà. Le parti comuni dell’edificio sono naturalmente in comproprietà e, come tali, devono essere rispettate in due modi:

  • Non è possibile alterarne la destinazione d’uso intrinseca nell’oggetto o esplicitata nel regolamento condominiale.
  • Non è possibile usufruirne a danno di altri o limitando il loro pari diritto di goderne.

In questi sensi, è facile pensare che sia possibile, in assenza di eventuali divieti espliciti nel regolamento, apportare delle piccole migliorie alle parti comuni senza chiederne il permesso. Ad esempio, abbellire l’aiuola condominiale con piante e fiori non limita né la destinazione d’uso né l’accesso degli altri condomini allo stesso bene, e sarebbe quindi permesso.

E per quanto riguarda i lavori sulle parti di proprietà individuale?

Posso apportare modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali?

Non è detto che poiché un elemento appartenga alla nostra proprietà si sia liberi di intervenire senza riguardo per i dirimpettai. Lo sa bene chi abita in condominio. Nel Codice Civile troviamo infatti un altro limite dalle modifiche che è possibile apportare, valido tanto per le parti comuni (oltre a quelli già citati) quanto per le parti ad uso esclusivo. L’articolo 1122 vieta al condomino di

eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

Abbiamo più volte fatto l’esempio del balcone che, pur facendo parte dell’unità immobiliare del condomino, è parte integrante anche della facciata del condominio e come tale va gestito. In tal caso, la sostituzione di una ringhiera potrebbe sembrare una modifica irrisoria, ma che richiede comunque «preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea». Agli altri condomini viene così data la possibilità di vigilare sul rispetto dei limiti strutturali, di sicurezza o di decoro architettonico.

In buona sostanza, le modifiche su parti comuni senza autorizzazioni condominiali si limitano a interventi di piccola entità che rispettino contemporaneamente tutti i limiti posti dalla legge. Non è possibile agire senza autorizzazione se si tratta di migliorie o innovazioni. Oltre che, ricordiamo, dal regolamento interno, che suggeriamo pertanto di consultare sempre insieme all’amministratore in caso di dubbio.

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Parti comuni dell’edificio: come capire quali sono?

Quando parliamo di beni comuni in condominio ci riferiamo alla categoria di aree, elementi strutturali e vani in comproprietà fra tutti i condomini. Saper distinguere queste parti è fondamentale, perché è proprio qui che nasce la maggior parte delle controversie fra proprietari. Parliamo di ripartizione delle spese per la loro manutenzione, possibilità di usufruirne da parte di tutti ma anche libertà dei singoli di intervenire con eventuali modifiche. Alcuni beni condominiali sono facilmente identificabili come comuni, per altri, la definizione è meno intuitiva. Vediamo in che modo è possibile capire quali sono le parti comuni dell’edificio condominiale.

Partiamo, come sempre, dal testo normativo di riferimento, il Codice Civile. L’articolo dedicato alle parti comuni dell’edificio condominiale è il 1117. Qui si fornisce una descrizione dei beni comuni e di come vadano gestiti, con annesso elenco. Specifichiamo subito, però, che l’elenco riportato è volutamente esemplificativo, e non esaustivo né tassativo. Dunque elementi non esplicitamente inseriti nell’articolo possono benissimo rientrare fra le parti comuni. Viceversa, è possibile che in casi particolari un titolo dimostri la proprietà esclusiva o privata di uno degli elementi elencati.

In generale, quando si parla di beni comuni ci si riferisce a una situazione di presunzione di condominialità. Ovvero, un elemento esplicitamente elencato nell’articolo 1117 o avente un carattere “comune” è presunto in comproprietà «se non risulta il contrario dal titolo». Per “titolo” si intende qualsiasi atto capace di dimostrarne la proprietà non comune. Ad esempio, un contratto di compravendita. Oppure un lascito testamentario. O, ancora, un esplicito riferimento inserito nel regolamento contrattuale.

Si esclude, in ogni caso, che un titolo possa derogare alla comproprietà di un elemento necessariamente condiviso come, ad esempio, le scale di un palazzo o le sue fondamenta. Da cosa si evince, quindi, il carattere “comune” di un elemento non espressamente indicato nel Codice Civile?

Articolo 1117 e parti comuni dell’edificio: come si individuano

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Per comprenderlo, è necessario analizzare quanto indicato dal legislatore. Nell’articolo 1117 sono descritte tre macro-categorie di elementi per i quali vige la presunzione di condominialità.

  • Innanzitutto, le «parti dell’edificio necessarie all’uso comune». Si tratta degli elementi strutturali, come scale, portoni d’ingresso, fondamenta, colonne, facciata, tetto e lastrico solare. Per quanto riguarda questi ultimi, è possibile che un titolo ne conferisca parte della proprietà a un singolo. In tal caso, non viene meno però la funzione “comune” del tetto, che funge da copertura per tutti i condomini al di sotto della sua verticale effettiva. La ripartizione delle spese per un lastrico solare ad uso esclusivo terrà dunque conto di questa duplice natura.
  • In secondo luogo, i «locali per i servizi in comune». Parliamo quindi di parcheggio, portineria, lavanderia, sottotetti che non presentino diverso titolo.
  • Infine, rientrano fra le parti comuni dell’edificio anche «opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune». In questo ampio insieme rientrano tutti quegli elementi accessori ma funzionali a tutti i proprietari, come l’ascensore, gli impianti idrici e fognari, le cisterne, ma anche i sistemi per la trasmissione di segnali radiotelevisivi, energia elettrica e gas. Riguardo questi impianti, lo status di bene comune si estende ai «relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini».