La “cosa comune” è uno dei tanti motivi di controversia che caratterizzano i rapporti fra condomini. Scale, parcheggio, giardino, cortile, tetto: si tratta di spazi che fanno parte di un palazzo e che sono detenuti da ogni singolo proprietario dell’immobile in forma di comunione. La legge infatti descrive l’uso della cosa comune in condominio rimandando proprio all’istituto della comunione e alle sue regole.
L’articolo 1102 del Codice Civile è molto chiaro su questo. Ogni condomino può servirsi della cosa comune, a condizione che:
- non ne alteri la destinazione.
- «Non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto»
Come ha poi più volte specificato la giurisprudenza, il godimento e l’uso delle cose comuni in condominio non dipende dalla quota di proprietà del singolo rispetto al valore totale. Ogni condomino, a prescindere dalla quota di valore che detiene, può usufruire pienamente della cosa comune. Fermo restando i divieti esplicitati qui sopra.
È bene specificare che se condomino sfrutta più di un altro una cosa comune non ne sta necessariamente abusando. Ciò che conta per la legge è che ciascuno possa potenzialmente utilizzare uno stesso bene allo stesso modo (il cosiddetto uso paritetico). Così, ad esempio, il fatto che un condomino al terzo piano utilizzi l’ascensore più di un inquilino al primo piano non lede in nessun modo il diritto di quest’ultimo di farne un uso altrettanto frequente.
Interventi sulla cosa comune
In ogni caso, la legge non esclude che il condomino possa, compiendo gli atti idonei richiesti, mutare il titolo del suo possesso sulla cosa comune. Allo stesso modo il partecipante può anche «apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa». Gli altri condomini avranno a quel punto tutto il diritto di acquisire questa innovazione usufruendone a pieno titolo, a meno che non ne richiedano la rimozione.
Di quali interventi parliamo? Anche qui, è la Corte di Cassazione a risponderci. Il criterio primario da rispettare è quello della destinazione d’uso attuale di una cosa comune, che non può essere modificata a discapito di altri. Così, se un condomino vuole aprire una finestra sulle scale del condominio, può farlo perché non modifica la funzione alla quale è adibito il bene comune, in questo caso appunto le scale.
Allo stesso modo, se un condomino utilizza uno spazio destinato a giardino come posteggio, ne modifica la funzione d’uso ed esercita un diritto di proprietà maggiore rispetto ad altri, dunque un abuso di diritto.
In ogni caso, sempre la Cassazione specifica che «l’uso paritetico deve essere valutato in concreto e non in astratto» (ordinanza n. 28111, 5/11/2018). Bisogna quindi valutare caso per caso se l’uso di un bene comune da parte di un condomino stia effettivamente e concretamente limitando l’uso dello stesso da parte di un altro. Non sono quindi intesi come violazione dell’uso paritetico i casi in cui la negazione dell’uso rimanga potenziale e astratta.