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Gioco dei bambini nel cortile condominiale: si può impedire?

Da un lato il diritto di gioco dei bambini e delle famiglie che vorrebbero approfittare della presenza di un bel cortile condominiale. Dall’altro le legittime esigenze degli altri proprietari che chiedono rispetto della quiete condominiale e possibilità di utilizzare gli spazi comuni. Tenendo presente che queste responsabilità non sono certo in capo ai bambini, semmai ai loro genitori, è bene in questi casi stabilire a priori delle regole per usufruire degli spazi condivisi. Nel rispetto, naturalmente, sia del regolamento condominiale sia del Codice Civile. In base a queste norme, si può impedire il gioco dei bambini nel cortile condominiale? Quali limitazioni si possono imporre e quali no?

Il primo punto di cui tenere conto lo abbiamo già espresso: quello al gioco è un vero e proprio diritto dei bambini, riconosciuto addirittura da Convenzioni internazionali e dalla Corte di Cassazione stessa. Che si tratti di sostare, di giocare o di piantare un vaso di fiori, il principio cardine che vige è quello fissato dall’articolo 1102 del Codice Civile: «Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto».

A questo punto, entra in gioco quindi la destinazione del cortile condominiale. Innanzitutto, la sua generica funzione strutturale, di transito, illuminazione e aerazione del condominio. Una funzione che non viene di certo alterata dal gioco dei bambini. Il punto sul quale è possibile fare leva con degli interventi comuni deve quindi riguardare non la sua destinazione, ma l’impedimento del diritto altrui. Non solo il diritto a utilizzare il cortile stesso, ma anche quello a una civile convivenza. È quindi possibile intervenire con limitazioni che regolino il rumore o le fasce orarie di accesso. Fermo restando che non è possibile vietare il gioco dei bambini nel cortile condominiale.

Gioco dei bambini nel cortile condominiale: cosa è possibile vietare?

Così, è nulla qualsiasi clausola del regolamento contrattuale atta a vietare il gioco dei bambini nel cortile condominiale in modo perentorio. È possibile invece stabilire delle norme che indichino come usufruire di un bene comune quale il cortile. Parliamo, quindi, di modalità per il godimento di un diritto e non di divieti assoluti. Questa procedura richiede l’inserimento nel regolamento condominiale di una clausola contrattuale: votata quindi all’unanimità da tutti gli aventi diritto.

È possibile, ad esempio, stabilire che il gioco sia limitato a orari specifici, assicurando la quiete nelle fasce di riposo del primo pomeriggio (e, naturalmente, serali). Oppure, è possibile limitare il gioco ad attività che non possano arrecare danno alle strutture – per esempio, vietando di giocare con il pallone. Ricordiamo, infine, che quanto appena scritto riguarda naturalmente sia il cortile sia il giardino condominiale, che ne condivide la natura di bene comune e la destinazione d’uso.

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Termini per impugnare una delibera condominiale

All’interno dell’assemblea condominiale, i proprietari esprimono il proprio assenso e il proprio dissenso riguardo alle varie decisioni su spese e vivere comune. Una delibera condominiale approvata, però, non è ancora l’ultima parola. Un condomino dissenziente può infatti impugnare la decisione presa dalla collettività, se ritiene che vi siano irregolarità, violazioni di altre leggi o decisioni su temi non di sua competenza. Il Codice Civile, prevedendo questa possibilità, ne definisce anche le tempistiche. Quali sono i termini per impugnare una delibera? È possibile ridurre il tempo massimo di impugnazione?

Cominciamo dai casi in cui si solleva la questione. Qualunque proprietario ha il diritto di impugnare una delibera presa a maggioranza dall’assemblea condominiale. In tal caso, si solleva il dubbio che questa delibera possa essere nulla o annullabile. Nel primo caso, parliamo di impossibilità giuridica o di illiceità dell’oggetto, quindi di gravi vizi. Nel secondo, di vizi formali e rimovibili. Al giudice il dovere di individuare eventuali irregolarità nella delibera impugnata. Ricordiamo poi che una delibera nulla e una annullabile si distinguono anche per i termini entro i quali è possibile impugnarle.

Un condomino può impugnare una delibera per annullabilità solo se:

  • Si ritiene effettivamente pregiudicato in prima persona dall’esito di questa delibera.
  • Solleva la questione entro 30 giorni dalla sua approvazione nel verbale condominiale.

I termini per impugnare una delibera condominiale per nullità, invece, cambiano, proprio perché in questo caso il vizio è più grave. La richiesta dunque può essere sollevata al giudice da qualsiasi condomino e senza limiti di tempo.

Un regolamento condominiale può ridurre i termini per impugnare una delibera?

È questa la questione sollevata e poi risolta dalla Corte di Cassazione con sent. n. 19714 del 21/9/2020. Nella fattispecie, il condominio aveva approvato mediante regolamento contrattuale (quindi votato all’unanimità) una norma che riduceva il termine di impugnazione di una delibera per annullamento da 30 a 15 giorni.

La Corte Suprema ha però evidenziato come la gerarchia delle fonti non possa essere messa da parte, nemmeno se tutti i condomini hanno approvato una norma mediante regolamento. La legge che regola i termini per impugnare una delibera condominiale costituisce quindi una norma inderogabile dal regolamento contrattuale. I termini per impugnare una delibera, dunque, sono e rimangono quelli prescritti dal Codice Civile all’articolo 1137.

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È possibile modificare il regolamento di condominio?

Il regolamento condominiale è un documento fondamentale per la convivenza di un abitato nel quale diversi proprietari condividono alcuni servizi e spazi comuni. Non solo per stabilire (o ribadire) le basilari norme di comportamento, ma anche per descrivere le specifiche caratteristiche dell’edificio e le sue esigenze, tanto legali quanto strutturali. Naturalmente, trattandosi di un testo normativo, è possibile che richiederne la modificazione di alcune parti in base a sopraggiunte necessità o accordi presi in sede assembleare. In quali casi è possibile modificare il regolamento di condominio? Come proporre nuovi emendamenti? Con quali maggioranze? Vediamolo.

Prima di capire come è possibile modificare questo documento normativo, dobbiamo precisare che, in termini legali, esistono due tipologie di regolamenti condominiali. Il regolamento condominiale assembleare e il regolamento condominiale contrattuale. Quello assembleare corrisponde a un regolamento ordinario, lo stesso descritto dall’articolo 1138 del Codice Civile. In questo caso, il regolamento:

  • Non può stabilire limitazioni ai diritti sugli immobili di proprietà, dunque delle singole unità immobiliari dei vari proprietari.
  • Può però legiferare sulle modalità di utilizzo da parte dei proprietari delle cose e degli spazi comuni.

Ogni modificazione del regolamento che riguardi come è possibile utilizzare un bene comune è quindi da considerarsi “ordinaria”. Rientrano nelle questioni che questo tipo di contratto può definire anche le ripartizioni di spese e oneri. È possibile modificare il regolamento assembleare facendone richiesta in assemblea. La proposta dovrà essere accettata con voto favorevole di almeno la metà degli intervenuti che corrisponda alla metà più una del valore dell’edificio in millesimi. Questa la maggioranza richiesta in prima convocazione.

Modificare il regolamento contrattuale di condominio

Diverso il discorso riguardante il secondo tipo di regolamento, quello contrattuale. Esso deroga in qualche modo ai limiti posti al regolamento assembleare. Permette infatti di modificare i diritti di utilizzazione della cosa pubblica da parte dei condòmini, ad esempio limitandone la fruizione. Può inoltredeterminare situazioni di “disparità”, nelle quali alcuni proprietari risultino avere più diritti rispetto ad altri. Questo documento riguarda, insomma, interventi sui diritti di proprietà e utilizzo tanto delle parti comuni quanto di quelle esclusive.

 Trattandosi di questioni delicate e che vanno a ledere i diritti reali di proprietà dei singoli, per modificare il regolamento condominiale contrattuale si richiedono diversi criteri rispetto a quello assembleare o ordinario. Si richiede innanzitutto la forma scritta. Tutti i condomini devono poi sottoscrivere e approvare all’unanimità gli emendamenti, dimostrando di aver preso visione delle modifiche e di averle accettate.

Chi ha diritto a richiedere una modifica del regolamento? La risposta è: tutti i proprietari, in qualsiasi momento. Se si tratta di un emendamento che riguarda gli ambiti di competenza del regolamento ordinario, è necessario convocare l’assemblea e votare a maggioranza la proposta. Se invece sono modifiche contrattuali, non è necessaria la convocazione assembleare. È sufficiente che l’accordo scritto venga vagliato e approvato da tutti i proprietari.

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Regolamento condominiale: cos’è e a cosa serve?

In più occasioni vi abbiamo ribadito che il primissimo codice normativo da consultare in caso di dubbio è il regolamento condominiale. È qui, infatti, che prendono forma molti degli obblighi (ma anche dei diritti) degli inquilini di un determinato edificio. Andiamo quindi ad approfondire meglio la natura di questa fonte di legge che viene stipulata con l’approvazione dell’assemblea. Che cos’è il regolamento condominiale e a cosa serve? È davvero una legge vincolante per tutti? Come è possibile modificarlo?

Il regolamento condominiale è un atto normativo approvato dall’assemblea condominiale con delibera a maggioranza (degli intervenuti che costituiscano la metà del valore dell’edificio). Attraverso questo codice normativo i proprietari delle unità immobiliari si autoregolamentano. La legge specifica che l’adozione di un regolamento condominiale è obbligatoria solo se il numero dei proprietari supera i 10 condòmini. In sua assenza, vigono comunque per tutti gli abitanti di un plesso condominiale le norme del Codice Civile dedicate alla comunione dei beni.

Di cosa si occupa?

In quali campi legifera il regolamento condominiale? Oltre alla distribuzione di diritti e obblighi dei condòmini, questo codice riguarda i beni comuni e il loro mantenimento e la ripartizione delle varie voci di spesa. Rientrano in questo documento anche norme di carattere amministrativo/procedurale; talvolta, comprende anche indicazioni a tutela del decoro architettonico dell’edificio, della privacy o della condotta dei singoli rispetto a rumori o lavori.

Proprio la presenza di norme relative ai rumori è particolarmente invocata dai condomini. Ad esempio, inserendovi delle fasce orarie in cui vada rispettato il silenzio, si evitano sul nascere future discussioni con i dirimpettai. O, quantomeno, è più facile stabilire se una condotta sia lecita o no. Altro punto che spesso merita una norma nel regolamento condominiale è anche l’utilizzo del cortile come parcheggio; oppure la possibilità di arredare il balcone con piante sporgenti o elementi decorativi, e così via.

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Ricordiamo che ci sono alcuni punti fermi sui quali il regolamento condominiale non può interferire. È il caso, ad esempio, della presenza di animali domestici. Nessun regolamento può infatti impedire a un proprietario di ospitare nella sua unità un animale domestico. L’articolo 1138 del Codice Civile elenca gli altri diritti dei condòmini che il regolamento non può in alcun modo menomare oltre a quelli derivanti «dagli atti di acquisto e dalle convenzioni». Non sono derogabili:

  • Il diritto dei condomini sulle parti comuni;
  • Le norme su indivisibilità (delle parti comuni), sulle innovazioni condominiali, sulla rappresentanza, sul dissenso rispetto alle liti;
  • Le regole su assemblea condominiale, validità delle delibere assembleari e impugnazioni delle stesse.

Modifica del regolamento condominiale: assembleare o contrattuale

A proposito di maggioranze, è bene tener presente che esistono due tipi di regolamenti condominiali: quello assembleare e quello contrattuale. Essi si differenziano per la maggioranza di approvazione richiesta per l’inserimento o il cambio di una norma. Nel caso del regolamento assembleare, è richiesto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che corrisponda alla metà più uno del valore in millesimi dell’edificio. Nel caso di regolamento contrattuale, invece, è obbligatoria l’unanimità per l’approvazione di qualsivoglia modifica o innovazione.

È bene comprendere questa distinzione proprio perché, nel secondo caso, sarà solitamente più difficile far approvare alcune norme. Allo stesso tempo, si è più tutelati rispetto ad alcuni cambiamenti che per il singolo potrebbero risultare peggiorativi. Occorrerà quindi, in sede di assemblea, una buona capacità di mediazione dell’amministratore di condominio.

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Regolamento condominiale: assembleare o contrattuale? Le differenze

Il condominio è un vero e proprio microcosmo, nel quale diversi soggetti convivono condividendo determinati spazi comuni e rispettando delle leggi proprie. Parliamo del regolamento condominiale, il codice normativo che stabilisce le regole del vivere comune che ogni inquilino dello stabile deve rispettare. Se chiunque abiti in un condominio ha avuto a che fare, prima o poi, con il suo regolamento, non tutti forse sanno che ne esistono diversi tipi. Nello specifico, occorre distinguere fra regolamento di condominio contrattuale e assembleare. Quali sono le differenze e perché è così importante conoscerne la distinzione?

Regolamento di condominio: cos’è e chi può modificarlo

Innanzitutto, qualche nozione di base riguardo questo codice normativo. Il regolamento di condominio è obbligatorio per legge solo quando il numero di condomini di un edificio è superiore alle 10 unità. Non è quindi sempre richiesto quando viene costituito un condominio. Esso, come l’articolo 1138 del Codice Civile specifica, contiene

le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

Tutti i condomini hanno diritto a sia a prendere l’iniziativa per redigere un regolamento, sia a richiederne una revisione. Questo, fermo restando il divieto di ledere i diritti dei condomini che risultino dagli atti di acquisto delle proprietà immobili e dalle convenzioni.

È proprio a tal proposito che la giurisprudenza ha elaborato due diverse tipologie di regolamento condominiale: uno contrattuale e uno assembleare. La differenza fra i due ha a che fare con i voti necessari alla loro approvazione, ed è quindi importante conoscerla per poter difendere i propri diritti nell’assemblea condominiale.

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Regolamento condominiale assembleare

È il regolamento “ordinario” descritto dall’articolo 1138 del Codice Civile. La legge vieta a questo regolamento di limitare i diritti di proprietà dei condomini rispetto ai loro immobili o all’utilizzo delle parti comuni. L’approvazione del regolamento assembleare (o di una sua modifica) richiede il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che corrisponda ad almeno la metà del valore dell’edificio in millesimi.

Regolamento condominiale contrattuale

Questo tipo di regolamento è una sorta di deroga a quello assembleare. In alcuni casi, infatti, si richiede che un condomino venga in qualche modo limitato nel suo diritto di proprietà. In altri, la limitazione riguarda l’utilizzo delle parti comuni e può portare a una condizione di disparità, in cui un condomino abbia più diritti di un altro.

Ad esempio, deve per forza avere natura contrattuale un regolamento che impedisca ai condomini di usufruire di un’area comune alla quale avrebbero diritto. Se un condominio decide di adibire un cortile a giardino e vuole quindi impedire l’utilizzo dell’area come parcheggio per le auto, è necessario l’inserimento nel regolamento di una norma contrattuale.

La differenza principale fra i due consiste nel sistema di votazione. Nel caso di regolamento ordinario, come detto, si richiede la maggioranza degli intervenuti. Se invece si va a limitare un diritto di proprietà dei singoli (come ad esempio nel caso del parcheggio), e quindi si parla di regolamento contrattuale, è richiesta l’unanimità.

Non si tratta, quindi, di una semplice distinzione legale. Il regolamento contrattuale ha il potere di “privare” i condomini di alcuni diritti, naturalmente giustificato dal raggiungimento di un bene superiore e collettivo. È quindi importante saper riconoscere quando sia necessario derogare al regolamento ordinario, e in quali casi si debba richiedere l’unanimità per modificare le norme assembleari.