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Il lastrico solare può essere a uso esclusivo di un condomino?

Il lastrico solare corrisponde alla superficie superiore di ogni edificio. Essendo la sua parte terminale, spesso coincide con il tetto, ad eccezione dei casi di terrazza a livello. Ad ogni modo, il lastrico svolge un’essenziale funzione di protezione per tutto il condominio. In quali casi il lastrico solare può essere a uso esclusivo? Cosa comporta questo nell’utilizzo e nella ripartizione delle spese per il suo mantenimento.

Partiamo col distinguere due situazioni. Un lastrico solare può essere ad uso esclusivo di alcuni condomini ma non per questo di sua proprietà. O meglio, il titolo di proprietà di un bene ne comprende anche il vantaggio dell’uso esclusivo. Non è vero il contrario, ossia il lastrico solare può essere a uso esclusivo di un soggetto che non ne detiene la proprietà. Un uso esclusivo può essere attribuito a un condomino dall’atto di vendita o dal regolamento, senza che però questo elemento ricada nella sua piena proprietà. Si tratta di una situazione vantaggiosa, nella quale si può usufruire liberamente di un bene come se fosse il proprio ma senza accollarsi in toto gli oneri e le spese.

Per questo, non è raro che in un condominio ci sia un lastrico solare (o parte di esso) ad uso esclusivo di un proprietario. Spesso, si tratta di un naturale prolungamento della loro abitazione o terrazza. In questi casi, tenendo presente anche la funzione di copertura di cui godono tutti, la ripartizione delle spese per la manutenzione del lastrico solare ad uso esclusivo in condominio non spetta solo al titolare.

Il lastrico solare può essere a uso esclusivo o non coprire tutto il condominio: cosa succede?

A questo proposito è dedicato l’articolo 1126 del Codice Civile. Riportiamolo.

Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.

Il disposto cerca quindi un equilibrio fra la partecipazione di tutti ai costi di un bene comune e l’onere maggiore spettante a chi ne usufruisce a uso esclusivo. La quota del suo “proprietario” è quindi fissa a un terzo della spesa totale. La distribuzione dei 2/3 fra gli altri condomini avviene invece regolarmente in base alle tabelle millesimali.

Il lastrico solare può essere a uso esclusivo anche quando non copre tutto l’edificio. Qui, si configura una situazione ancora diversa. Pur mantenendo la proporzione dei 2/3, al suo interno non sono compresi tutti i condomini, ma solo quelli che cui unità immobiliari sono coperte dal lastrico nella linea verticale effettiva. Rimane invariato, invece, il contributo per 1/3 del condomino che ha un uso esclusivo del lastrico.

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Lavori condominiali non pagati: quali conseguenze?

Le spese condominiali dovute da tutti i proprietari non servono solo per i lavori di manutenzione ordinaria. Queste somme devono anche coprire eventuali interventi straordinari o di riparazione a parti comuni dell’edificio. Può accadere però che, anche complice un innalzamento delle quote dovute, si creino per alcuni condomini delle situazioni di debito. Abbiamo visto cosa succede quando il debito è dovuto nei confronti del condominio. Se però viene coinvolta anche una ditta esterna alla quale vengono appaltati dei lavori, le cose possono ulteriormente aggravarsi. Vediamo cosa succede in caso di lavori condominiali non pagati e quali sono le conseguenze.

Ricordiamo innanzitutto che l’amministratore è tenuto a compiere tutte le azioni necessarie per la riscossione di un debito a un condomino moroso. Il termine per l’avvio di questi provvedimenti è di 6 mesi a partire dalla chiusura dell’esercizio, approvato dall’assemblea. Sappiamo anche che un condomino moroso può ricevere un decreto ingiuntivo anche oltre questo termine, in base ai tempi di prescrizione del debito. La situazione si complica ulteriormente in presenza di un terzo danneggiato. Ossia, quando una ditta realizza dei lavori condominiali non pagati.

L’impresa danneggiata può in questo caso intraprendere azioni di recupero del credito. Provvedimenti che saranno indirizzati al condominio, e non, naturalmente, ai singoli condomini morosi. È per questo che un intervento dell’amministratore si rende ancora più necessario, per tutelare anche i proprietari in regola con i pagamenti. In virtù di questa urgenza e del fatto che la riscossione rientra fra i doveri dell’amministratore, egli può agire anche senza l’approvazione dell’assemblea. I condomini hanno infatti già implicitamente acconsentito all’azione, approvando la delibera assembleare sullo stato di ripartizione.

Cosa serve all’amministratore per agire in casi di lavori condominiali non pagati?

Trattandosi di spese straordinarie – e, quindi, dal costo straordinario, è però necessario che l’assemblea approvi un resoconto dettagliato. In particolare, si ritiene che per agire contro un condomino moroso è necessario che il verbale condominiale riporti in maniera più dettagliata possibile i costi e la ripartizione delle spese straordinarie. Ricordiamo anche che per approvare spese per manutenzioni straordinarie è richiesta la maggioranza degli intervenuti con il voto favorevole di almeno metà del valore millesimale del condominio.

La delibera deve inoltre contenere i dati della ditta appaltata, con specifica dell’oggetto dei lavori e del prezzo complessivo. Le opere straordinarie da svolgere devono anche essere descritte nel maggior dettaglio possibile, con le specifiche ripartizioni di costi e natura degli interventi. Solo in seguito all’approvazione di questo verbale potrà quindi costituirsi il debito del condomino. E dunque, a quel punto, la possibilità per l’amministratore di agire con la messa in mora ed eventualmente con un decreto ingiuntivo, allegando al giudice il verbale di approvazione delle spese. Ricordiamo infine la possibilità per il moroso di chiedere la rateizzazione delle proprie quote condominiali.

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Spese condominiali: come si ripartiscono?

La ripartizione delle spese condominiali è uno degli argomenti più spinosi. Tanto per l’assemblea che deve approvare e mettere ai voti la loro distribuzione, quanto per l’amministratore che deve porsi come mediatore fra i vari interessi e interprete della legge. In linea di massima, le spese condominiali si ripartiscono secondo un criterio di proporzionalità. Ciascuno pagherà cioè una somma proporzionale alla propria quota di proprietà nel condominio. Stiamo parlando del calcolo delle tabelle millesimali condominiali.

Questo principio però non sempre è sufficiente a risolvere controversie e liti legate ai contributi economici dei singoli condòmini. Bisogna infatti tenere conto del fatto che diversi tipi di intervento o diverse voci di spesa richiedano specifici criteri di ripartizione che l’amministratore deve conoscere bene se vuole evitare l’impugnazione di delibere condominiali da parte dei proprietari.

Alcune parti comuni sono infatti soggette a una legislazione specifica, che dipende dal principio che ciascuno deve accollarsi le spese delle aree comuni che abbiano un’utilità manifesta alla loro vita in condominio. Da precisare che si tratta di godimento potenziale e non godimento effettivo.

Così, ad esempio, calcolo a parte è richiesto per le scale. Pur essendo proprietà comune a tutti i condòmini, esse vengono logorate maggiormente dagli inquilini ai piani superiori che hanno modo di utilizzarle. Proprio per questo, le spese di manutenzione delle scale condominiali spettano per metà a tutti i condòmini in base alle quote millesimali e per metà proporzionalmente all’altezza dove sono collocate le unità immobiliari.

In base allo stesso principio, le spese per il lastrico solare ad uso esclusivo sono coperte da tutti, ma secondo quote diverse. Il titolare del diritto di proprietà ne pagherà un terzo delle spese. I restanti due terzi saranno ripartiti fra gli altri condomini che non hanno accesso al lastrico ma che usufruiscono della sua funzione di copertura dell’edificio.

Come si ripartiscono le spese in caso di pignoramento, asta o affitto

Altri casi particolari di ripartizione delle spese condominiali riguardano situazioni come il pignoramento di un bene, la compravendita o la messa all’asta di un’unità condominiale. Quando a un condòmino viene pignorata l’unità immobiliare i costi continuano a ricadere su di lui. Un immobile messo all’asta, comporta invece delle spese a carico del nuovo acquirente solo a partire dall’anno precedente al suo atto di compravendita. Le spese precedenti ricadranno sugli altri proprietari.

Ricordiamo anche che nel caso di affitto di un’unità immobiliare, il proprietario rimarrà il solo obbligato a versare la propria quota di spese al condominio. Eventuali accordi presi con il conduttore non sono sufficienti per dispensare il proprietario da tale obbligo, scaricandolo sull’affittuario. Debitori e creditori faranno bene anche a conoscere la prescrizione delle spese condominiali: dopo quanto intercorre e come deve comportarsi l’amministratore in caso di proprietario moroso?

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Spese di un immobile all’asta: chi paga i debiti?

Supponiamo che, all’interno di un condominio, venga messo all’asta un immobile. La procedura di ricollocamento dell’appartamento va per le lunghe ma, nel frattempo, le spese condominiali corrono. Ad esempio, per una spesa improvvisa che prevede l’istituzione di un fondo speciale. Oppure per una semplice riparazione. In questo caso, chi è tenuto a partecipare alle spese di un immobile all’asta? Una volta venduto, il nuovo proprietario è costretto a contribuire a questi costi o ne è esonerato?

L’atto di vendita di un immobile all’interno di un condominio non dovrebbe ricadere negativamente sugli altri proprietari. La legge ha quindi previsto una precisa soglia temporale, stabilendo a chi spettano le spese prima e dopo questo limite. Una norma da conoscere se si ha intenzione di rivalersi sul nuovo o sul vecchio proprietario per spese sostenute/da sostenere. La premessa fondamentale da sottolineare è che un condominio può far valere un proprio credito sulle spese solo se queste risultano chiaramente nel bilancio annuale conservato dall’amministratore.

Un’indicazione su chi deve pagare le spese di un immobile all’asta in un condominio ce la fornisce l’articolo 63 delle disposizioni attuative del Codice Civile sulla riscossione dei contributi. In particolare, i commi 4 e 5:

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

E per le spese arretrate di un immobile all’asta?

In questo senso, la legge vuole “tutelare” i condomini, obbligando il nuovo acquirente al pagamento anche dei debiti per le spese dell’anno precedente all’acquisto. Il problema si pone quando fra il pignoramento di un bene (o comunque la sua messa all’asta) e il suo acquisto intercorre più di un anno. Situazione che costituisce la maggior parte dei casi, per la verità. Gli altri condomini, nel mentre, sono tenuti ad accollarsi tutte le spese, ridistribuendo la quota dell’immobile all’asta in base alle tabelle millesimali.

Proprio per questo motivo è fondamentale che l’amministratore metta in atto tutte le pratiche necessarie già a partire dalla prima notizia di messa all’asta dell’immobile, registrando il debito nei confronti degli altri proprietari. Debito che, spesso, comprende anche le spese antecedenti alla messa all’asta. Questo passaggio, infatti, purtroppo è solo il culmine di una situazione economica incresciosa che può aver portato l’ex proprietario a non pagare nemmeno le precedenti spese e l’amministratore a sospendere i servizi comuni ai morosi.

A questo punto spesso si innesca un cortocircuito del sistema. I crediti condominiali infatti sono esigibili solo dopo il pagamento di altri crediti privilegiati. Trattandosi, come detto, di situazioni economiche difficili, nonostante il diritto degli altri proprietari a vedersi rimborsate le spese versate, spesso il loro credito resta tale. Per questo motivo, un utile consiglio può essere quello di mettere in stand-by, ove possibile, le riparazioni di maggiore entità ma non urgenti e attendere l’acquisto dell’immobile.

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Vizi di costruzione del lastrico solare: vale la responsabilità in solido?

Un’inesauribile fonte di dibattito per gli amministratori condominiali è la gestione dei lastrici solari. Questo, data la loro doppia funzione di bene comune e, talvolta, di superficie calpestabile di proprietà o ad uso esclusivo di un singolo condomino. La ripartizione delle spese di riparazione di un lastrico solare ad uso esclusivo è definita dall’articolo 1126 del Codice Civile. Nonostante ciò, è comunque frequente vedere arrivare in tribunale cause su risarcimenti danni e spese di riparazione. Ad esempio, vale la responsabilità in solido per vizi di costruzione del lastrico solare? O le spese spettano solo al proprietario?

Ripassiamo innanzitutto la natura del lastrico solare. Questa area svolge una fondamentale funzione di protezione per tutto l’edificio, rivestendone la superficie più alta. Rientra, quindi, nei beni condominiali tanto quanto la facciata del palazzo o il suo cortile. Spesso, però, il lastrico solare non coincide con il tetto, ma costituisce un’area calpestabile e perfino abitabile. Si tratta quindi di una situazione ibrida, nella quale un elemento è sia privato sia condiviso in comunione fra tutti i condòmini.

Come dicevamo, è l’articolo 1126 a stabilire in che modo debbano essere ripartite le spese quando l’utilizzo effettivo del lastrico non sia comune a tutti i proprietari. In tal caso:

quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve.

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Gli altri condomini contribuiranno naturalmente in proporzione alle tabelle millesimali del condominio.

Responsabilità in solido per vizi di costruzione

Premessa questa linea teorica generale, andiamo a vedere il caso specifico in cui siano presenti dei vizi di costruzione sul lastrico solare, tanto da causare danni e infiltrazioni all’appartamento sottostante. Chi deve riparare il danno? E il risarcimento? È possibile affermare che, a disciplinare la ripartizione delle spese, sia anche in questo caso la proporzione un terzo/due terzi dell’articolo 1126. Il condominio, quindi, deve rispondere in solido con il proprietario anche di vizi edificatori, come specificato dalla sentenza n. 9449 del 10/5/16 delle SS.UU. Questo, se non fosse possibile imputare il danno a uno specifico soggetto.

La Cassazione ammette anche, però, che per ottenere la responsabilità in solido per vizi di costruzione è necessario che i malfunzionamenti che hanno provocato i danni non siano stati «indebitamente tollerati dal singolo proprietario». Se il proprietario del lastrico ha quindi ignorato, per dolo o negligenza, i difetti di progettazione, ricade nella responsabilità relativa e nel dovere di custodia richiamati dall’articolo 2051. In tal caso, il condominio sarà esonerato dal pagamento.

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Danni da infiltrazioni: il condominio risponde in solido?

Quando si parla di “beni comuni condominiali” ci si riferisce a una categoria delicata. Da un lato, infatti, essi sono in comunione fra diversi proprietari, i quali però ne rispondono per conto di una figura giuridica unitaria, vale a dire il condominio. Non sempre, quindi, è facile scindere i due soggetti, specialmente quando si parla di responsabilità per danni a terzi o ai condòmini stessi. Ne è un tipico esempio il caso dei danni da infiltrazioni, nei quali spesso si configura una responsabilità in solido. Quando un condominio risponde in solido con i singoli condòmini per danni da infiltrazioni?

Si tratta, innanzitutto, di stabilire di chi sia la responsabilità di un danno. L’ultima parola spetta, come sempre, al giudice che risalirà al responsabile valutando chi avesse in cura la causa del danno. Ad esempio, la Corte di Cassazione ha di recente affermato di prediligere il “criterio dell’ubicazione” per stabilire la responsabilità per custodia di un elemento. Dunque, se la tubatura causa di rottura è situata nell’appartamento di un proprietario, la responsabilità ricade unicamente su di esso e non sull’intero condominio (sentenza n. 27248/2018). In tal caso, nessuna responsabilità in solido per il condominio.

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Solidarietà impropria per danni da infiltrazioni: il condominio risponde in solido?

Se invece la causa di un danno dipendesse, ad esempio, dall’incuria del condominio stesso? Il quale, magari, non provvedendo alla tempestiva manutenzione di un bene, ne ha generato il deterioramento causando danni alla proprietà esclusiva di un singolo. Si tratterebbe, di fatto, di una solidarietà impropria, dato che il danno è stato causato da più soggetti (il condominio in toto e i singoli proprietari) legati a quel bene da titoli extracontrattuali diversi.

La solidarietà impone comunque che chi ha subito il danno debba ricevere l’intera somma del risarcimento da chi l’ha causato, indipendentemente dalle quote corrisposte da ciascuno. In tal caso, a pagare il risarcimento danni da infiltrazione sarà l’intero condominio. Naturalmente, in ragione delle quote stabilite dalle tabelle millesimali.

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Servitù di passaggio in condominio

Non sono rari i casi in cui un condominio si trovi a concedere la servitù di passaggio a terzi esterni. Succede, ad esempio, quando il cortile di accesso di un edificio costituisce anche l’unico varco verso una proprietà distinta dal condominio stesso. Oppure, quando un terzo acquisisce la proprietà di un box auto collocato nell’autorimessa di un condominio. Come ci si comporta in questi casi? Come si concede la servitù di passaggio in condominio? Quando e come è possibile apportare modifiche al bene in oggetto – come, ad esempio, il cortile condominiale?

La servitù è un diritto reale su cosa altrui, poiché permette il legittimo godimento di un bene di proprietà di un altro soggetto. Il più tipico esempio è proprio la servitù di passaggio, giustificata dalla presenza di un accesso unico per proprietà distinte. Trattandosi di un meccanismo che riguarda l’utilizzo di un bene di proprietà, la giurisprudenza ritiene che questo atto sia esclusivamente in capo ai condòmini. Non può essere quindi una decisione dell’amministratore di condominio, che si occupa di gestire un bene di cui non detiene alcuna proprietà. Per concedere una servitù di passaggio è richiesto quindi il consenso di anche solo un proprietario. O, in alternativa, una procura scritta che conferisca all’amministratore questo diritto.

Servitù di passaggio in condominio e lavori: chi paga?

Per quanto riguarda eventuali lavori? Che si tratti di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o di innovazione, il fatto che su un determinato tratto di strada permanga una servitù di passaggio non modifica la titolarità dei diritti dei suoi proprietari. Saranno dunque i condomini a decidere se e come intervenire, ad esempio, installando un cancello automatico al posto di un vecchio accesso. Qualsiasi azione sul bene non richiede quindi il permesso né la richiesta preventiva a chi gode della servitù. Questo, purché l’esercizio di questa servitù (nel caso del cancello, appunto, il transito) non sia reso meno agevole o più difficoltoso.

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Parlando di spese, dobbiamo precisare che anche in questo caso vale il principio della ripartizione in proporzione all’utilità che si trae dall’oggetto in questione. Una qualsivoglia miglioria di un bene condominiale comune dovrà quindi essere sostenuta nelle spese da chi ne possa derivare un beneficio, che si tratti dei proprietari del fondo servente  o di chi gode della servitù di passaggio in condominio.

Facciamo un esempio. Poniamo che un condominio sia dotato di un viale di accesso che rappresenti anche l’unica via di transito per una casa indipendente costruita nel fondo attiguo. I proprietari della casa indipendente godono di una servitù di passaggio. Se il condominio dovesse intervenire per riparare delle buche presenti su questo viale, non dovrebbe chiedere il permesso ai proprietari della casa, che dovrebbero però in ogni caso partecipare in proporzione alle spese dei lavori.

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Passo carrabile in condominio

Il passo carrabile serve per facilitare l’accesso di un utente alla sua proprietà privata. Quando, però, la proprietà privata in questione è un’unità immobiliare contenuta in un condominio, possono crearsi delle liti. Il permesso di affiggere un passo carrabile, richiedibile al Comune, ha infatti dei costi di gestione rappresentati dalla TOSAPTassa per l’Occupazione dei Suoli e delle Aree Pubbliche. Chi deve pagare queste spese? In alcuni casi, il divieto di sosta rivolto a terzi è a beneficio dell’intero condominio. In altri casi no. Vediamo tutto quello che c’è da sapere sul passo carrabile in condominio.

Per esaminare questa controversia dobbiamo rifarci alle norme relative ai beni condominiali comuni. Il Codice Civile dispone infatti che la manutenzione e le spese relative a cose ad uso comune vada ripartita fra i condomini che traggano utilità (effettiva o potenziale) dai beni stessi. Questo, parafrasando l’articolo 1123 del CC. Se ne deve dedurre che le tasse che bisogna versare al Comune in caso di passo carrabile vadano ripartite fra tutti coloro che traggano un beneficio da questo divieto. Quindi, fra quanti abbiano diritto di parcheggiare la macchina sui posti “protetti” dal passo carrabile o nel cortile interno cui si accede tramite un ingresso con passo carrabile. Il tutto, naturalmente, secondo le tabelle millesimali.

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Chi paga le tasse del passo carrabile in condominio?

Se dunque il condominio è dotato di un ampio cortile che funge da autorimessa accessibile a tutti i condòmini e protetto, all’ingresso, da un passo carrabile, il pagamento delle tasse è da dividersi fra tutti i proprietari. Saranno esclusi dal pagamento i condòmini che non abbiano diritti di proprietà o di utilizzo degli spazi condominiali per il parcheggio. È ad esempio il caso degli edifici dotati di box auto di proprietà esclusiva di alcuni condòmini o dei parcheggi condominiali utilizzati da terzi.

Tutto, insomma, dipende dall’autorimessa del condominio e dalla possibilità di accedervi e usufruirne dei vari proprietari. Notare che il passo carrabile può anche fungere da accesso privilegiato a veicoli di soggetti che si occupano della manutenzione di altri beni comuni. Se, ad esempio, si rompesse l’ascensore, i tecnici incaricati di ripararlo potrebbero usufruire di quel passo carrabile. In tal caso, sarebbe da intendersi che l’utilità, seppur indiretta, ricada su tutti. Dunque, è necessario distribuire le spese fra tutti i proprietari.

La richiesta per l’ottenimento di un passo carrabile andrà fatta al Comune tramite apposito modulo. Per quanto riguarda l’ammontare della spesa? Bisogna consultare il regolamento comunale che fissa, con cadenza annuale, le tariffe per la concessione di suolo pubblico in quanto passo carrabile in condominio.

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Lastrico solare ad uso esclusivo: ripartizione delle spese

Il lastrico solare è la superficie che riveste il piano superiore di un palazzo. Quest’area si presenta, a volte, come uno spazio calpestabile e dunque adatto per allestire una terrazza o montare altre costruzioni. Forse è anche per questo che si tratta di uno dei beni comuni condominiali più contesi e, spesso, invidiati. Vediamo come ci si comporta quando il lastrico solare è ad uso esclusivo. Chi deve pagare? Le spese di manutenzione del lastrico spettano al solo proprietario? O vanno ripartite fra tutti i condomini?

La prima cosa da tenere presente è che il lastrico solare svolge una fondamentale funzione di copertura del condominio. La sua stabilità e il suo mantenimento sono quindi nell’interesse di tutti. Anche di chi non ha diritto di calpestarlo. Non sempre, infatti, questo bene comune è accessibile a tutti i condomini. In alcuni palazzi, il lastrico solare è ad uso esclusivo, dunque di proprietà di uno o più condòmini. Questo significa che saranno solo i proprietari a doversi occupare delle sue riparazioni? In realtà no.

Il fatto che non tutti vi abbiano un accesso diretto non rende il lastrico meno funzionale alla copertura dell’edificio. In altre parole, anche se ad uso esclusivo, questa superficie svolge una funzione collettiva ed è dunque compito di tutti occuparsene. Lo spiega bene l’articolo 1126, dedicato proprio alle spese di riparazione del lastrico solare.

Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.

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Lastrico solare ad uso esclusivo o non coprente: a chi spettano le spese di riparazione?

È evidente dunque che la spesa per la manutenzione di un lastrico solare vada sempre ripartita fra i condomini. In quote diverse a seconda che la proprietà sia in parte esclusiva e in parte comune o totalmente in comunione. Anche quando l’intervento riguardi un lastrico solare ad uso esclusivo nella sua totalità. La ripartizione è, come stabilito dal Codice Civile, di un terzo/due terzi.

Un caso particolare si verifica quando il lastrico non copre tutto l’edificio. In queste situazioni, si mantiene il principio per il quale devono concorrere alle spese di riparazione i condòmini che traggano beneficio dal bene. Quindi, i danni saranno ripagati da tutti i proprietari compresi nella verticale effettiva al di sotto del lastrico in oggetto.

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Il lastrico non copre tutto l’edificio: come si dividono le spese?

Il lastrico solare è a tutti gli effetti un bene a uso comune per un condominio, poiché la sua funzione di copertura è a vantaggio dell’intero palazzo. Può capitare, tuttavia, che una parte del lastrico o l’intera superficie siano di proprietà di un solo condomino (o di un gruppo di essi). Come spiegavamo in un articolo precedente, la manutenzione dei lastrici in condominio dipende, naturalmente, anche dalla sua proprietà. Cosa succede, invece, se il lastrico solare non copre l’intera struttura? Vediamo come si dividono le spese se il lastrico non copre tutto l’edificio.

La manutenzione del lastrico solare è uno di quegli interventi che si tendono a rimandare, ma che prima o poi presentano il loro conto. A pagarne le conseguenze sono tipicamente gli inquilini dell’ultimo piano del palazzo, che ritrovano infiltrazioni e muffe sul proprio soffitto. È bene, quindi, sapere in anticipo come andranno ripartite le spese di manutenzione e riparazione del lastrico solare, per non trovarsi nel bel mezzo di un litigio proprio quando il danno è già fatto.

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 Il primo elemento da considerare, come abbiamo detto, è la proprietà del lastrico. Se si tratta di un bene comune, la ripartizione va fatta fra tutti i condomini secondo le tabelle millesimali. Se si tratta di un bene con titolarità esclusiva o in parte di un condomino, la ripartizione per le spese di manutenzione va fatta secondo il criterio di un terzo/due terzi. Queste ripartizioni condivise sono però giustificate dal fatto che il lastrico solare ha una funzione di copertura di cui gode l’intero edificio. E se così non fosse?

Chi ripara un lastrico che non copre tutto l’edificio?

Nel caso in cui un lastrico copra solo una parte del condominio, si applica il principio della verticale effettiva. Vale a dire, si devono occupare delle spese di manutenzione solo i condòmini compresi nella linea verticale di copertura del lastrico.

Questa fattispecie si può verificare quando parte del lastrico solare abbia un terreno calpestabile e sia quindi assimilabile a unaterrazza di proprietà dell’inquilino dell’ultimo piano. In questo caso, se la copertura effettiva svolta dal lastrico non si estende a tutta la superficie ma solo a una parte, bisogna ripartire diversamente le spese. Va seguito, in ogni caso, il principio dell’articolo 1126. Devono quindi concorrere alle spese sia il proprietario che ha diritto esclusivo di utilizzo sia i condòmini sottostanti che fruiscono della sua copertura.