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Installare la fibra in condominio

Vuoi installare la fibra nel tuo condominio ma hai paura che gli altri proprietari possano opporsi? Ebbene sappi che la legge è dalla tua parte. Sono infatti molti i provvedimenti legislativi che favoriscono l’opera di impianto e di connessione della fibra ottica. Vediamo quindi quali limiti puoi incontrare nel cammino e come superarli per installare la fibra in condominio.

Partiamo dagli edifici di nuova costruzione. Nel 2014 il Decreto Sblocca Italia ha affermato l’obbligo per tutti gli edifici con le domande di presentazione successive al 1° luglio 2015 di essere equipaggiati con

«impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete».

Lo stesso principio si applica anche alle ristrutturazioni più radicali e profonde, che richiedono un permesso di costruzione.

In caso di vecchie costruzioni, il condomino può appellarsi ad altre leggi per rivendicare il suo diritto a installare la fibra in condominio. Innanzitutto, se l’intervento avviene nei limiti del rispetto della proprietà, non ci si può opporre al semplice passaggio di condutture lungo o dentro le mura del palazzo.

Questo si traduce anche in un generale obbligo per il condominio a far accedere gli operatori anche alla infrastruttura fisica interna. Oltre ad avere accesso a tutte le aree comuni, l’incaricato dell’installazione può anche accedere all’abitazione del singolo che ne faccia richiesta, pur limitando al minimo l’impatto dell’intervento nelle proprietà di terzi.

Serve l’autorizzazione per installare la fibra in condominio?

Sappiamo bene che, al di là delle leggi nazionali, nel condominio vige anche la dura legge dell’assemblea. In questo caso che potere hanno gli altri condomini di controllare l’installazione della fibra? Possono opporsi o negare il proprio consenso?

La risposta ce la suggerisce l’ultimo Decreto Semplificazioni. Qui il legislatore ha equiparato la procedura per installare la fibra in condominio ai lavori di manutenzione straordinaria urgenti. Il carattere di urgenza permette quindi al condomino di bypassare l’assemblea, che non dovrà necessariamente deliberare riguardo a questo intervento che coinvolge le parti comuni. Rimane, in ogni caso, l’eccezione degli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico.

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Insegna sulla facciata di condominio: lede il decoro architettonico?

Parlando di decoro architettonico ci riferiamo a un elemento fondante nei rapporti fra i singoli condomini e le parti comuni. Tutti devono infatti considerare il rispetto dell’estetica e del complesso ornamentale del condominio anche quando si tratta di un elemento di loro proprietà che però ha ripercussioni sull’aspetto globale dell’edificio. Parliamo, ad esempio, di tutte quelle decorazioni o modifiche che riguardano il lato esterno dei balconi, i parapetti e le ringhiere e, naturalmente, la facciata. A tal proposito: l’insegna sulla facciata di condominio lede il decoro architettonico?

Un’insegna può essere l’indicazione di un’attività commerciale che ha sede in un’unità dell’edificio condominiale. Oppure, può semplicemente derivare dall’affitto di una porzione di muro di proprietà di un singolo. Fra i due casi non esistono grosse differenze perché, in entrambi, è coinvolta la facciata del condominio, sulla quale l’assemblea ha diritto di dire la propria. Questo diritto deriva dall’interpretazione dell’articolo sulle parti comuni dell’edificio (1102). Qui si legge che ciascuno può utilizzare un bene comune purché non leda il pari godimento dello stesso bene anche agli altri condomini.

La facciata, come abbiamo visto più volte, svolge innanzitutto la funzione comune di protezione esterna dell’edificio. Ogni modifica apportata non può quindi in alcun modo minare la stabilità strutturale del condominio. La facciata ha anche una funzione estetica, il cui decoro va mantenuto per ragioni architettoniche e anche economiche. Come bisogna comportarsi quindi se si intende installare un’insegna sulla facciata di condominio?

È possibile affiggere un’insegna sulla facciata di condominio?

Il primo step è sicuramente la consultazione del regolamento condominiale. È infatti possibile che con una clausola contrattuale i condomini abbiano posto dei limiti all’affissione di insegne sulla facciata condominiale. Tenete anche presente che se l’insegna si affaccia su pubblica via, è necessaria anche l’autorizzazione comunale. Un permesso che non sostituisce in alcun modo il consenso condominiale, ma che va comunque richiesto.

Se non dovessi incontrare limiti espliciti riguardo l’apposizione di un’insegna sulla facciata condominiale nel regolamento, puoi procedere all’affissione. Tieni però presente che l’assemblea potrebbe in ogni caso sollevare un dubbio sul rispetto del decoro architettonico. Per esempio, l’insegna potrebbe essere troppo grande e quindi pregiudicare il loro pari diritto di utilizzare la facciata per scopi pubblicitari. Oppure, la grafica e i caratteri del cartello potrebbero contrastare con le linee ornamentali e i colori dell’edificio.

Basti pensare che a volte persino le zanzariere sui balconi condominiali sono considerate lesive del decoro! Anche in questo caso, non è quindi obbligatorio richiedere il permesso all’assemblea. Sottoponendo il progetto e la grafica dell’insegna all’attenzione degli altri condomini prima dell’affissione però, si potrebbero evitare possibili discussioni a posteriori.

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Modificare le parti comuni senza autorizzazioni: quando è possibile?

I problemi delle aree comuni di un condominio non sono legati solo alla manutenzione o alla ripartizione delle spese per le riparazioni. Accade anche che un proprietario, ritenendo di averne il diritto, prenda decisioni e operi degli interventi in aree condivise dell’edificio senza chiederne prima l’autorizzazione all’assemblea. Un gesto che spesso nasconde un’assunzione di responsabilità e un intento migliorativo per il condominio, che però può scontrarsi con le norme civilistiche. Quando è possibile modificare le parti comuni senza autorizzazioni?

Ne abbiamo parlato, ad esempio, quando abbiamo ipotizzato il caso di un condomino che voglia abbellire le aiuole condominiali con piante e fiori. Ma può succedere anche quando si decida di aprire una finestra sulle scale poco illuminate o di arredare il pianerottolo con dei vasi. In linea di massima, il Codice Civile ci suggerisce che è possibile modificare le parti comuni senza autorizzazioni quando l’intervento

  • Non ne alteri la destinazione d’uso.
  • Non impedisca agli altri proprietari di farne parimenti uso.

Oltre all’articolo 1102, troviamo rifermento a interventi dei singoli condomini sulle parti comuni anche in tema di innovazioni condominiali. In tal caso, si tratta di interventi che alterano la natura materiale di un bene oppure la sua destinazione d’uso. La portata dei lavori richiede quindi l’approvazione preventiva in assemblea con maggioranza degli intervenuti e almeno due terzi del valore dell’edificio (articolo 1136).

Oltre ai limiti posti alle innovazioni, esistono anche dei divieti espliciti riguardo gli interventi per modificare le parti comuni senza autorizzazioni. Si tratta, ad esempio, di azioni che potrebbero compromettere la stabilità strutturale dell’edificio o il suo decoro architettonico. Un’interpretazione ampia che va, di fatto, valutata caso per caso.

Quando si può modificare le parti comuni senza approvazione?

In tal senso, è arrivata una risposta dalla Cassazione che aiuta, in parte, a far chiarezza su cosa sia permesso fare senza autorizzazione dell’assemblea e cosa no. L’orientamento della Corte si è mosso verso un’interpretazione estensiva dell’articolo 1102. Ciascuno ha il pieno diritto di apportare ogni modificazione che gli permetta di trarre maggior godimento dal bene comune. Posto, naturalmente, che non se ne modifichi la destinazione d’uso o che questo non comprima il diritto altrui.

Nel caso specifico, la Cassazione (sentenza n. 11145 del 2015) ha legittimato un condomino che ha allargato un passaggio pedonale di proprietà del condominio, rendendolo carrabile. Sulla scia di questa interpretazione, la Corte ha sottolineato che altri interventi assimilabili a questo sono da considerarsi permessi anche senza l’autorizzazione. Ad esempio, l’installazione di ulteriori luci sulle scale. Oppure l’apertura, con lo stesso scopo, di una finestra.

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Palestra in un condominio: si può creare?

Potrebbe essere un’esigenza sportiva di un gruppo di condomini, oppure un modo per sfruttare economicamente un proprio locale sfitto. In ogni caso, molti si saranno chiesti, almeno una volta, che tipo di modifiche siano possibili e in che modo dar vita a un’attività commerciale nel proprio condominio, magari pensando proprio a una palestra. È un caso che ha trovato risposta in una sentenza del TAR della Campania, la n. 1881 del 31/3/2014. Si può creare una palestra in condominio?

Come dicevamo, potrebbe trattarsi di un’unità immobiliare sfitta che il proprietario volesse affittare a un’associazione sportiva per ricavarne una palestra in condominio. Oppure, potrebbero essere i condomini stessi a voler creare un’attività commerciale in un locale vuoto del palazzo. È il caso della sentenza citata, nella quale un’associazione sportiva dilettantesca aveva aperto una palestra nel garage di un condominio. Il Comune impugnava tale situazione perché riteneva che essa non avesse richiesto l’autorizzazione comunale per il cambio di destinazione d’uso.

Il TAR ha dato ragione al ricorso dell’associazione, perché essa aveva effettuato un cambio di destinazione d’uso senza opere, mantenendo quindi intatte volumetrie e pavimentazione. La possibilità di cambiare la destinazione d’uso di un locale all’interno di un condominio aprirebbe dunque la strada a possibili evoluzioni o trasformazioni di locali vuoti, come ad esempio un garage o una cantina. Fermo restando che non ci sia bisogno del permesso di costruire comunale (la famosa s.c.i.a.).

Creare una palestra in condominio: quali vincoli?

Bisogna naturalmente tener presente che il regime di comunione vigente in condominio richiede la piena collaborazione per una convivenza civile e rispettosa. Tolta dunque l’incombenza dell’autorizzazione comunale, potrebbero rimanere delle rimostranze da parte degli altri condomini. Ad esempio, perché un’attività commerciale potrebbe significativamente incidere sui rumori molesti in condominio. Oppure perché i parcheggi loro assegnati si ritrovano troppo spesso a essere occupati dalle macchine dei clienti.

In ogni caso, è sempre bene comunicare la propria intenzione, seppur legittima, all’amministratore di condominio. Insieme, potrete anche verificare che non sussistano divieti in tal senso nel regolamento condominiale, necessariamente inserito con una clausola contrattuale e quindi votata all’unanimità. Aprire una palestra in condominio è quindi possibile e, anzi, in qualche modo assecondato dalla legge. Soprattutto per andare incontro alle esigenze di associazioni sportive piccole o dilettantistiche.

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Animali domestici in condominio: si possono vietare? Quali regole seguire?

I nostri fidati animaletti domestici sono parte integrante della vita di moltissime persone. Tanti, infatti, non rinunciano a portare con sé i propri amici a quattro zampe anche in condominio. Come vedremo, la legge permette di tenere animali domestici nella propria unità immobiliare condominiale, ma questo non significa che non esistano regole al riguardo. Alcuni disagi, che dipendono soprattutto dalla condotta del padrone più che da quella dell’animale in sé, possono infatti essere causa scatenante di litigi e controversie. Vediamo quindi se si possono vietare gli animali domestici in condominio e quali regole seguire per una convivenza pacifica con gli altri condomini.

Le interpretazioni della giurisprudenza prima e la Riforma del Condominio poi hanno stabilito che un condominio non può vietare la presenza di animali domestici in condominio. Nero su bianco, al quarto comma l’articolo 1138 del Codice Civile stabilisce che

Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.

Nonostante la chiarezza del disposto, è necessario considerare che l’articolo si riferisce a un regolamento condominiale di tipo assembleare. Quindi “tradizionale” e votato a maggioranza. Alcune interpretazioni giurisprudenziali tenderebbero a considerare la possibilità di vietare il possesso di animali domestici in condominio mediante regolamento contrattuale, quindi votato all’unanimità. Il problema si pone quindi in caso di un padrone che sopraggiunga nel condominio dopo l’approvazione di una tale norma nel regolamento. In caso di affitto o di compravendita, quindi, è sempre meglio informarsi prima riguardo alle disposizioni sugli animali domestici nel regolamento condominiale.

Quali regole seguire con gli animali domestici in condominio?

Ammessa la presenza dell’animale nella propria unità di proprietà esclusiva, non ci si deve dimenticare delle aree comuni nelle quali deve vigere il rispetto dei diritti altrui. È quindi buona norma dei padroni ricordarsi che, alcune regole di comportamento e di buon senso, devono in ogni caso essere rispettate.

Parliamo, ad esempio, dell’immissione di rumori e odori molesti che, come abbiamo visto in precedenza, può costituire un vero e proprio reato entro determinati termini. Anche nel caso di animali domestici, va considerata la soglia di tollerabilità dei rumori. Così, il cane ha chiaramente diritto ad abbaiare. Il padrone è però tenuto a limitare questi rumori al minimo possibile e non oltre la soglia di tollerabilità. Curandosi, per esempio, di evitare rumori e confusione nelle ore di riposo. Provvedendo a non lasciare troppo il cane da solo o magari cercando per quanto possibile di isolare il proprio appartamento. In caso di eccessivo disturbo del riposo o della quiete (da dimostrare con prove e testimonianze) la legge prevede anche la possibilità di un risarcimento danni.

Altro punto sul quale riflettere è la libera circolazione degli altri condomini nelle aree comuni, che non può essere limitata dalla libera circolazione del proprio animale domestico. Il rispetto, in tal caso, è sia di un’eventuale paura o allergia degli altri condomini, sia delle norme di igiene e sicurezza. Se quindi non è possibile vietare la presenza di un animale domestico in condominio, è possibile però che i condomini limitino l’utilizzo delle aree comuni agli animali lasciati liberi per tutelare i propri diritti. In linea di massima, il principio è quindi quello del minimo disturbo alla quiete e alla convivenza comune. Altrimenti noto come buon senso.

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Che cosa contiene un regolamento condominiale?

Il regolamento condominiale è la Costituzione del condominio. Vale a dire, è quell’insieme di norme che regola tutti gli aspetti della convivenza condominiale al di fuori delle norme imposte dal Codice Civile. La sua delibera è obbligatoria solo quando nel condominio siano presenti più di 10 proprietari. Tuttavia, anche le realtà più piccole, i cosiddetti condomini minori, spesso decidono di adottare questo testo per stabilire alcuni punti fermi riguardo l’utilizzazione di specifici beni comuni o divieti/permessi per determinati comportamenti. Vediamo cosa contiene un regolamento condominiale e perché è fondamentale fare riferimento a questo documento prima di prendere iniziative che potrebbero violare le sue norme.

Il regolamento di condominio è previsto dallo stesso Codice Civile che. L’articolo 1138, in particolare, indica che cosa contiene un regolamento condominiale e quali disposizioni, invece, non sono da ritenersi valide al suo interno. Leggendo la norma, vediamo che tale documento riguarda:

  • L’uso delle cose comuni.
  • La ripartizione delle spese in base ai diritti di ciascun condomino e alle quote proporzionali disposte dalle tabelle millesimali che devono essere allegate.
  • Le norme per la tutela del decoro dell’edificio.
  • Disposizioni riguardo all’amministrazione condominiale.

Chi scrive il regolamento condominiale? Trattandosi di un documento che legifera sulla convivenza di tutti i proprietari, ciascun condomino ha il diritto di modificare il regolamento condominiale o, nel caso sia assente, di prendere l’iniziativa per redigerlo. Naturalmente, la sua approvazione (in toto o delle singole norme) richiede il voto favorevole dell’assemblea condominiale con la maggioranza degli intervenuti che corrisponda ad almeno la metà del valore dell’edificio in millesimi.

Uso delle cose comuni: cosa contiene il regolamento?

Il regolamento condominiale può predisporre alcuni limiti all’utilizzo delle cose comuni da parte dei condomini. Ad esempio, è possibile stabilire che il cortile condominiale non possa essere utilizzato come parcheggio per motocicli o biciclette. O, ancora, il regolamento può vietare che si giochi a pallone in giardino, che si faccia rumore in determinate fasce orarie o persino che sia vietato l’utilizzo di barbecue.

In generale, la distinzione da fare è fra norme che stabiliscono come utilizzare un bene condiviso e norme che limitano il godimento di un bene o che istituiscono una sorta di disparità fra proprietari.In questi ultimi due casi si tratta quindi di limitazioni al godimento di diritti reali di tutti i proprietari. Per queste norme è non è sufficiente la maggioranza richiesta per modifiche ordinarie. In tali casi è sempre richiesta l’unanimità nel voto dei partecipanti all’assemblea. Si tratta della differenza fra regolamento assembleare e regolamento contrattuale, che vi abbiamo spiegato qui.

Per rendere opponibili anche a terzi determinate clausole che limitano dei diritti reali, è possibile anche richiederne la trascrizione. In tal modo, la clausola sarà poi allegabile ai singoli rogiti di vendita delle unità immobiliari. Si tratta di una tutela nei confronti di chi acquista l’immobile che, così, entra a conoscenza immediata di una disposizione votata all’unanimità dall’assemblea precedentemente alla compravendita.

Un altro argomento spesso trattato nei regolamenti condominiali è il decoro architettonico. Si tratta di norme volte a mantenere l’armonia estetica dell’edificio, garantendone così anche il valore economico. A tal proposito, è possibile addirittura che un regolamento vieti di appendere piante sporgenti dal balcone o che siano disposte delle regole per le forme e i colori delle tende da sole.

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Abuso edilizio in condominio: a chi spetta la demolizione?

Ne abbiamo parlato più volte. Molti lavori condominiali richiedono ben altro di una delibera di approvazione condominiale. In particolar modo quando si parla di modifiche alla volumetria, sono necessari dei permessi dal Comune, le cosiddette autorizzazioni amministrative. La conseguenza, altrimenti, è di ricadere nel reato di abuso edilizio, un illecito di carattere penale. In questi casi, sopraggiunge poi l’ordine di demolizione. A chi spetta la demolizione di un abuso edilizio in condominio? Ai singoli proprietari responsabili o all’intero condominio?

Il Comune infatti predispone dei precisi parametri volumetrici per gli edifici, iscritti nei progetti di lottizzazione. Gli aumenti volumetrici sono un intervento frequente, in special modo per quanto riguarda , ad esempio, l’ampliamento di una terrazza calpestabile o la costruzione su un lastrico solare. Il mancato rispetto dei limiti rilevato da un sopralluogo porta a un’ordinanza di demolizione. È quando successo a un condominio che ha poi impugnato l’ingiunzione del Comune. A dirimere la controversia l’ottava sezione del TAR della Campania, con la sentenza n. 3005/2020. In questo caso, il Comune aveva infatti agito contro il condominio in toto.

Il motivo del rigetto sta in due parametri. Innanzitutto, è necessario stabilire se l’abuso edilizio preso in carica riguardi delle parti di proprietà esclusiva, quindi le singole unità immobiliari, o un’area comune del condominio. Se l’aumento volumetrico registrato interessa una singola abitazione, la demolizione per un abuso edilizio in condominio spetta al proprietario che si è reso colpevole dell’illecito penale.

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Chi si occupa della demolizione di un abuso edilizio in condominio?

In secondo luogo, anche se il reato di abuso edilizio riguardasse una delle parti comuni dell’edificio, non sarebbe corretto imputarne la demolizione al condominio. Nella sentenza citata, i giudici hanno interpretato l’articolo 1117 del Codice Civile sulle parti comuni dell’edificio. Qui si afferma chiaramente che tutte le parti elencate (a titolo non esaustivo ma esclusivamente illustrativo):

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo.

Ne deriva, quindi, che sono i singoli proprietari delle varie unità a detenere la proprietà, seppur condivisa, delle aree comuni. Non quindi il condominio rappresentato dall’amministratore, che risulta essere un semplice ente gestore di un patrimonio in alcun modo riconducibile alla sua proprietà. Ciascuna modificazione rilevante per aumentare le volumetrie delle stesse richiede infatti l’approvazione degli stessi condomini riuniti nell’assemblea.

È dunque la somma dei proprietari che deve occuparsi della demolizione di un abuso edilizio quando esso riguardi parti comuni del condominio. L’errore evidenziato dal TAR non riguardava quindi l’ordinanza di demolizione dell’abuso edilizio in sé, ma il fatto che essa fosse indirizzata al condominio in quanto entità priva di personalità giuridica, anziché ai singoli condomini effettivi proprietari del bene.

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Installazione di zanzariere in condominio: con quali permessi?

Spesso i proprietari di unità immobiliari in condominio tendono a trascurare l’incidenza di modifiche apparentemente piccole alle loro abitazioni. Se questi interventi riguardano il lato esterno del proprio balcone, si va, però, ad agire contemporaneamente anche sulla facciata del condominio. A questo punto, subentrano le norme relative alla gestione di beni e aree comuni che, ricordiamo, è obbligatorio rispettare. Parliamo, in particolare, della facciata del condominio e della tutela del suo decoro architettonico. Un discorso che bisogna valutare con attenzione anche quando si tratta di piccoli interventi come l’installazione di zanzariere in condominio. Quali fattori bisogna considerare in tal caso?

Per decoro architettonico si intende l’insieme armonico delle linee e delle strutture che compongono l’aspetto esterno di un edificio. Aspetto che è dato dall’insieme dei singoli elementi, compresi quelli installati nei balconi che pur corrispondono a spazi privati ad uso esclusivo dei condòmini.

Il rispetto del decoro architettonico non ha valenza solo in termini estetici. Lo stato della facciata esterna di un edificio incide, oltre che sulla bellezza del palazzo in quanto arredo urbano, anche sul suo valore economico. Da un utilizzo sconsiderato di elementi esterni come tende da sole, impianti per l’aria condizionata e perfino zanzariere può quindi derivare un danno economico a tutti i proprietari del condominio. Ecco perché bisogna sapere a cosa si va incontro anche quando si decide di installare delle zanzariere sul proprio balcone.

È obbligatorio il permesso per l’installazione di zanzariere in condominio?

Cominciamo dalle regole. Un regolamento “tradizionale”, quindi assembleare e votato con maggioranze classiche, non può impedire l’installazione di zanzariere sul proprio balcone. È possibile però che in passato l’assemblea abbia votato all’unanimità una norma in tal senso, che impedisca o stabilisca delle condizioni a questo tipo di intervento. È bene quindi verificare la presenza nel proprio regolamento di clausole contrattuali in merito.

Inoltre, piccole modificazioni delle parti comuni del condominio sono permesse, a patto che non ledano il diritto altrui di godere allo stesso modo dell’area condivisa. In altri termini, è quindi possibile installare zanzariere sul proprio condominio solo se il loro aspetto non pregiudica il decoro architettonico dello stabile.

In tal senso, non esiste un obbligo di comunicazione all’amministratore. È bene però sapere che gli altri condomini potrebbero, se ritenessero che zanzariere in questione dannose per l’aspetto estetico dell’edificio, opporsi a tale decisione e persino ricorrere a un Tribunale per ordinarne la rimozione. Ecco perché spesso, in via precauzionale, sarebbe meglio condividere il proprio intento con l’amministratore e con l’assemblea, in modo tale da non dover affrontare la questione in via giudiziale.

Ad ogni modo, spetterà poi al tribunale competente il giudizio finale sull’opera realizzata. Il giudice può infatti ritenere che l’alterazione del  derivante dall’installazione di zanzariere in condominio sia trascurabile, quando non comprometta il valore economico dell’edificio. Una caratteristica che può facilitare questo tipo di valutazione permissiva è, ad esempio, la rimovibilità delle zanzariere o l’adozione di reti con lo stesso colore delle strutture preesistenti quali la ringhiera del balcone condominiale o la tenda da sole.

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Serve il permesso dell’assemblea per la sopraelevazione in condominio?

La sopraelevazione in condominio suscita spesso non poche polemiche. Si tratta, in sintesi, di un’azione del proprietario del lastrico solare o dell’appartamento dell’ultimo piano che decide di integrare la volumetria della sua proprietà. Questo può accadere tanto con un’innovazione degli elementi già presenti sul suolo calpestabile tanto con la costruzione di un nuovo piano o fabbricato. Partiamo col dire che la legge permette esplicitamente la sopraelevazione in condominio. Salvo, ovviamente, il rispetto di alcune condizioni. A tal proposito, è necessario il permesso dell’assemblea per la sopraelevazione in condominio? Oppure gli altri proprietari non possono opporsi in alcun modo?

Abbiamo detto che la costruzione di una volumetria aggiuntiva sul lastrico solare spetta unicamente al suo proprietario – o al proprietario dell’unità immobiliare all’ultimo piano. Quando è possibile fare la sopraelevazione in condominio? La legge non impone il generico obbligo di richiesta del permesso all’assemblea condominiale. Esistono, però, alcuni limiti a questi progetti espansivi. Vincoli che, in alcuni casi, sono superabili solo attraverso il passaggio in assemblea. Vediamo quindi quando è bene coinvolgere gli altri condomini nel proprio progetto di sopraelevazione condominiale.

I vincoli principali alla sopraelevazione sono:

  • Rispetto del decoro architettonico dell’edificio.
  • Garanzia del diritto di veduta condominiale.
  • Mantenimento della stabilità dell’edificio.
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Per quanto riguarda il decoro architettonico e il diritto di veduta condominiale, è chiaro che una costruzione di questo tipo sia in grado, potenzialmente, di pregiudicare entrambi. Nonostante non sia obbligatorio per legge il permesso dell’assemblea per la sopraelevazione in condominio, è buona norma presentare il proprio progetto all’assemblea prima della sua realizzazione. Anche se si tratta di una porzione privata dell’edificio, una costruzione esteticamente sgradevole, non coerente con l’architettura dell’edificio o estremamente coprente potrebbe infatti scatenare le proteste a posteriori degli altri proprietari. Meglio discuterne preventivamente.

Sopraelevazione e stabilità: quando serve il permesso dell’assemblea

Questi vincoli sussistono in ragione di un principio fondamentale in condominio: la tutela del pari utilizzo da parte di tutti delle aree comuni. Se quindi la sopraelevazione non pregiudica questo diritto degli altri proprietari, non è necessario richiederne il permesso. Una situazione diversa è invece il caso in cui la costruzione sul lastrico solare pregiudichi la stabilità dell’edificio. Ad esempio, minandone la struttura antisismica o mettendo a rischio il sostegno delle fondamenta del palazzo.

In tal caso, per il proprietario del lastrico solare è obbligatorio chiedere il permesso all’assemblea per la sopraelevazione. Insieme all’approvazione del progetto, gli altri condomini dovranno infatti approvare anche tutti quei lavori accessori ma necessari per ripristinare la stabilità dell’edificio e adeguarla alle nuove volumetrie. È questo l’unico caso in cui un proprietario non può evitare di passare dall’assemblea condominiale, per ovvi motivi di sicurezza di tutti.

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Tettoia a distanza illegale: è una molestia?

Che si tratti di grandi costruzioni per ricoprire ad esempio una porzione di giardino o di cortile o che si parli di piccole sporgenze per riparare il passaggio dalla pioggia, per costruire una tettoia è necessario rispettare degli obblighi ben precisi. Alcuni, nei confronti del proprio Comune, altri nei confronti del proprio condominio. Nello specifico, è essenziale rispettare le distanze imposte dalla legge. Altrimenti, una tettoia a distanza illegale potrebbe costituire ben più di un abuso edilizio, ed essere considerata una vera e propria molestia.

Abbiamo parlato del Comune. È obbligatorio, infatti, richiedere l’autorizzazione urbanistica del proprio Comune. A meno che non si tratti di una costruzione di dimensioni estremamente modeste, atta, ad esempio, semplicemente a riparare l’ingresso dalla pioggia. L’installazione di una tettoia senza permesso comunale può essere risolta con una sanatoria se il Comune concede l’autorizzazione a posteriori. Se invece tale permesso non viene riconosciuto, si può incedere nel reato penale di abuso edilizio.

Per quanto riguarda invece le condizioni richieste dal proprio condominio per la costruzione di una tettoia, bisogna innanzitutto tenere in considerazione il principio di decoro architettonico. Tale criterio, che si applica a quasi tutti i lavori e le innovazioni che riguardano la facciata esterna di un edificio, comprende l’insieme armonico ed estetico delle linee strutturali e delle decorazioni di un palazzo.

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Una tettoia, se costruita senza riguardo per questo principio, può alterare l’aspetto esterno del condominio compromettendone quindi anche il valore economico oltre che quello estetico. Per ottenere un lasciapassare in tal senso è sempre buona norma fare comunicazione al proprio amministratore del progetto di costruzione della tettoia – se riguarda uno spazio ad uso esclusivo o privato del condominio.

Quando è illegale la distanza di una tettoia?

Sarà poi l’amministratore a illustrare tale progetto all’assemblea condominiale che ne valuterà l’impatto. Così come, ad esempio, è richiesto quando si vuole trasformare il proprio balcone in veranda. Questo, fermo restando naturalmente la prova che tale costruzione non pregiudichi la stabilità strutturale dell’edificio. Ma c’è un altro criterio che il costruttore è tenuto a rispettare: quello delle distanze.

La legge stabilisce che le tettoie installate successivamente alla costruzione di un edificio come un condominio debbano mantenersi a una distanza di 3 metri dalla costruzione dell’edificio limitrofo. Questa distanza non va calcolata a partire dalle mura, ma dall’ultimo centimetro di sporgenza della tettoia stessa. Se quindi il vicino è già in possesso di una tettoia sporgente, per costruire la propria è necessario che i 3 metri intercorrano dalla fine della tettoia già esistente all’inizio di quella da installare.

Questo, a meno che la tettoia del vicino non sia abusiva. In quel caso, bisogna calcolare la distanza a partire dal perimetro murale esterno. In caso di violazione di queste distanze? Una tettoia a distanza illegale costituisce non solo un abuso edilizio in tal senso. Con la sentenza n. 23940 del 25/9/19 la Cassazione ha stabilito che tale opera edilizia integra una vera e propria molestia nei confronti del vicino, che potrà quindi rivalersi sul dirimpettaio irrispettoso.