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Spese di spurgo nel condominio: come si ripartiscono?

Lo spurgo delle fognature in condominio rientra fra le manutenzioni necessarie, e comprende delle iniziative “ordinarie” e degli interventi “straordinari”. Vediamo come funziona la gestione di queste operazioni che, in ogni caso, rientra fra le spese comuni da dividere fra tutti i condomini. La gestione è affidata all’amministratore di condominio, supportato dalla ditta incaricata, così come il calcolo delle quote dovute da ciascun proprietario. Come si ripartiscono le spese di spurgo nel condominio?

Abbiamo già parlato di impianti fognari in condominio, in merito alla questione di proprietà della braga e dell’installazione dello scarico fognario nel muro perimetrale. La ripartizione delle spese segue, in generale, il criterio affermato dal Codice Civile in materia. Ciascun proprietario, in ragione del suo diritto reale sull’unità immobiliare, è tenuto al versamento della propria quota in proporzione al valore specificato nelle tabelle millesimali.

Sono esentati dal pagare le spese di spurgo nel condominio i titolari che non traggano alcuna utilità dal bene comune in questione. Ad esempio, perché privi di allacci all’impianto di spurgo o perché proprietari di aree condominiali isolate rispetto alle tubature dello scarico (ad esempio, il proprietario di un posto auto, di un box o di una cantina). In caso di locazione dell’immobile, le spese sono a carico del conduttore, quindi dell’inquilino, come afferma nero su bianco la Disciplina delle locazioni di immobili .

All’articolo 9 della legge n. 392 del 27 luglio 1978, si legge che sono «interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario» le spese relative «allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine», così come la fornitura di altri servizi comuni come la pulizia, l’ordinaria manutenzione dell’ascensore, la fornitura dell’acqua e così via. Spesso si stabilisce una somma forfettaria comprensiva di tutte le spese di amministrazione inclusa nel canone d’affitto dell’immobile.

Come si effettua lo spurgo in condominio?

Innanzitutto, è richiesto un lavoro di concertazione fra l’opera gestionale e organizzativa dell’amministratore, che renderà conto delle sue azioni all’assemblea, e una ditta incaricata specializzata. La manutenzione ordinaria degli scarichi fognari è fondamentale perché libera le tubature da ostruzioni minori (causate ad esempio dal maltempo) e previene guasti maggiori. La manutenzione straordinaria incorre invece in casi di emergenza. In entrambi i casi, la tempestività è fondamentale per risolvere problemi che potrebbero, col tempo, trasformarsi in guasti irreparabili.

In tal senso, è responsabilità dell’amministratore di condominio far eseguire i dovuti controlli ai periti e valutare un intervento più o meno tempestivo. Spurgo della colonna, pulizia delle fosse, disostruzione delle tubature e disinfezione dei tombini sono i passaggi principali. È buona norma, per questo, inserire nel bilancio annuale un preventivo delle spese di spurgo in condominio che riguardi gli interventi di manutenzione ordinaria. La manutenzione straordinaria richiede invece un’apposita delibera dell’assemblea con lo stanziamento immediato e specifico di fondi.

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Riparazione del box in condominio: a chi spetta?

La ripartizione delle spese condominiali avviene, in linea di massima, in base a un criterio fondamentale. Le parti comuni dell’edificio sono soggette a riparazioni e manutenzione sostenuta da tutti i condomini. Spesso, però, nascono diatribe rispetto a specifiche aree del palazzo. È il  caso, ad esempio, di riparazioni riguardanti garage, aree interne o parcheggi. A far scaturire dei dubbi, il fatto che tali aree vengano utilizzate più da alcuni condomini che da altri. A tal proposito si è espresso il Tribunale di Roma con una sentenza che fa chiarezza sull’argomento, riguardo alla riparazione di un box in condominio.

Il box auto, quando non è di proprietà esclusiva di uno dei condomini, rientra fra le aree comuni dell’edificio. La titolarità va dimostrata nell’atto d’acquisto dell’unità immobiliare o in un’avvenuta usucapione o acquisizione tramite testamento. In caso contrario, si presume la comproprietà. In caso di riparazione del box in condominio, le spese spettano dunque a tutti i proprietari.

È il principio stabilito dall’articolo 1123 del Codice Civile, nel quale si specifica che le spese per il mantenimento delle parti comuni dell’edificio vadano sostenute «dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno».

Quando la spesa per la riparazione di un box non è condivisa?

Sono solo due i casi in cui le spese per la riparazione di un box non spettano a tutti i condomini. È la fattispecie presentata al secondo comma dello stesso articolo:

Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.

Così, se un lastrico solare ricopre solo una parte del condominio, le spese per la sua riparazione spettano ai soli proprietari che beneficino della sua funzione di copertura. Non è però questo il caso del box che, anche se abitualmente utilizzato da un numero ristretto di proprietari, potenzialmente svolge comunque una funzione utile a tutti. Così ha stabilito la sentenza citata del Tribunale di Roma (n. 18080/2013).

La seconda possibilità di deroga alla ripartizione equa delle spese in base alle tabelle millesimali può verificarsi solo grazie a una clausola nel regolamento contrattuale. Questo tipo di norma richiede infatti l’approvazione all’unanimità da parte di tutta l’assemblea, e permetterebbe quindi di “escludere” alcuni condomini dal godimento di determinati diritti reali su un bene (come, ad esempio, un box), esonerandoli quindi anche dal pagamento di eventuali spese.

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Spese condominiali: come si ripartiscono?

La ripartizione delle spese condominiali è uno degli argomenti più spinosi. Tanto per l’assemblea che deve approvare e mettere ai voti la loro distribuzione, quanto per l’amministratore che deve porsi come mediatore fra i vari interessi e interprete della legge. In linea di massima, le spese condominiali si ripartiscono secondo un criterio di proporzionalità. Ciascuno pagherà cioè una somma proporzionale alla propria quota di proprietà nel condominio. Stiamo parlando del calcolo delle tabelle millesimali condominiali.

Questo principio però non sempre è sufficiente a risolvere controversie e liti legate ai contributi economici dei singoli condòmini. Bisogna infatti tenere conto del fatto che diversi tipi di intervento o diverse voci di spesa richiedano specifici criteri di ripartizione che l’amministratore deve conoscere bene se vuole evitare l’impugnazione di delibere condominiali da parte dei proprietari.

Alcune parti comuni sono infatti soggette a una legislazione specifica, che dipende dal principio che ciascuno deve accollarsi le spese delle aree comuni che abbiano un’utilità manifesta alla loro vita in condominio. Da precisare che si tratta di godimento potenziale e non godimento effettivo.

Così, ad esempio, calcolo a parte è richiesto per le scale. Pur essendo proprietà comune a tutti i condòmini, esse vengono logorate maggiormente dagli inquilini ai piani superiori che hanno modo di utilizzarle. Proprio per questo, le spese di manutenzione delle scale condominiali spettano per metà a tutti i condòmini in base alle quote millesimali e per metà proporzionalmente all’altezza dove sono collocate le unità immobiliari.

In base allo stesso principio, le spese per il lastrico solare ad uso esclusivo sono coperte da tutti, ma secondo quote diverse. Il titolare del diritto di proprietà ne pagherà un terzo delle spese. I restanti due terzi saranno ripartiti fra gli altri condomini che non hanno accesso al lastrico ma che usufruiscono della sua funzione di copertura dell’edificio.

Come si ripartiscono le spese in caso di pignoramento, asta o affitto

Altri casi particolari di ripartizione delle spese condominiali riguardano situazioni come il pignoramento di un bene, la compravendita o la messa all’asta di un’unità condominiale. Quando a un condòmino viene pignorata l’unità immobiliare i costi continuano a ricadere su di lui. Un immobile messo all’asta, comporta invece delle spese a carico del nuovo acquirente solo a partire dall’anno precedente al suo atto di compravendita. Le spese precedenti ricadranno sugli altri proprietari.

Ricordiamo anche che nel caso di affitto di un’unità immobiliare, il proprietario rimarrà il solo obbligato a versare la propria quota di spese al condominio. Eventuali accordi presi con il conduttore non sono sufficienti per dispensare il proprietario da tale obbligo, scaricandolo sull’affittuario. Debitori e creditori faranno bene anche a conoscere la prescrizione delle spese condominiali: dopo quanto intercorre e come deve comportarsi l’amministratore in caso di proprietario moroso?

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Cos’è un condominio minimo e come si ripartiscono le spese?

Sappiamo che per un edificio composto da unità immobiliari con proprietari diversi è obbligatorio nominare un amministratore solo con un numero di condòmini maggiore di 8 proprietari. Tuttavia, sappiamo anche che il condominio si costituisce automaticamente quando in un edificio convivono due proprietari distinti. La Riforma del 2012 ha quindi introdotto una serie di norme relative a tutte quelle realtà più “piccole” composte da un numero di condòmini compreso fra 2 e 8. Si tratta del cosiddetto condominio minimo. Vediamo cos’è, come si gestisce e come vengono ripartite le sue spese.

Un condominio deriva dalla coesistenza in uno stesso edificio di più unità immobiliari appartenenti a proprietari diversi. Prendiamo il caso di un villino indipendente, diviso in due piani. Le due abitazioni che ne derivano hanno accessi separati (ad esempio, con una scala esterna che permette l’accesso al piano superiore senza passare da quello inferiore). Il proprietario del villino vende i due appartamenti a due proprietari diversi. Ecco che, in automatico, l’edificio diventa un condominio minimo, e ad esso si applicheranno tutte le norme del Codice Civile.

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Queste norme serviranno per amministrare la gestione di aree e beni condivisi ai due proprietari. Parliamo, ad esempio, del vialetto di accesso, di un cancello d’ingresso, del cortile sottostante, ma anche del lastrico solare. Essendo i proprietari solo due, non sussiste l’obbligo di nominare un amministratore, anche se i due condòmini possono ugualmente delegare la gestione contabile dell’edificio a una figura esterna. Allo stesso modo, non è necessario nemmeno redigere e approvare un regolamento, obbligatorio a partire da 10 condòmini. Fra le norme che, all’atto pratico, più interesseranno i due condomini, rientrano sicuramente quelle sulla ripartizione delle spese.

Come si ripartiscono le spese nel condominio minimo?

Pur in assenza di amministratore e regolamento, i due proprietari dovranno sostenere delle spese per il mantenimento delle parti comuni e, in base alle norme del Codice Civile, ripartirle equamente. Un istituto condominiale che è quindi obbligatorio anche per il condominio minimo sono le tabelle millesimali. La loro approvazione è fondamentale per distribuire le spese. In caso di mancata compilazione, infatti, sarà il giudice a dover ricostruire dei criteri di ripartizione basati sul modello delle tabelle.

Le spese per le aree comuni, naturalmente, non vanno solo distribuite, ma anche approvate. Altro elemento quindi indispensabile nel condominio minimo è l’assemblea condominiale, in base alle stesse regole civilistiche del condominio “tradizionale”. Ovviamente, le norme su criteri di maggioranza e partecipazione si adeguano al numero di condomini. Nell’esempio del nostro villino, una decisione è da intendersi presa all’unanimità solo se all’assemblea perviene il voto favorevole di entrambi.

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Prescrizione delle spese condominiali: quali sono le tempistiche?

Come sappiamo, ciascuno è tenuto al pagamento delle spese condominiali in proporzione alle quote indicate dalle tabelle millesimali. Purtroppo, una situazione di grave disagio economico può portare i proprietari di unità immobiliari a ritardare i pagamenti e ad accumulare quindi un debito nei confronti del condominio. Tanto la parte debitrice quanto il creditore devono quindi conoscere la normativa relativa all’estinzione di questo debito. Quali sono le tempistiche della prescrizione delle spese condominiali?

Ricordiamo innanzitutto che la riscossione dei debiti spetta, per legge, all’amministratore. Fra i suoi obblighi, elencati all’articolo 1129 del Codice Civile, rientra anche l’azione per la

riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

L’articolo successivo (1130) punisce la negligenza dell’amministratore con la revoca del suo incarico. Non solo: il condominio può anche richiedere all’amministratore il risarcimento del danno per il mancato adempimento di un suo compito. Il termine di 6 mesi è però da intendersi come relativo all’azione dell’amministratore. Per quanto riguarda invece la prescrizione delle spese condominiali? Quali tempistiche intercorrono?

Quando scatta la prescrizione del debito per le spese condominiali?

Ovvero, ribaltando la domanda, fino a quando il condominio creditore può esigere il pagamento delle quote non versate da uno dei proprietari? È importante comprendere che, a tale scopo, non conta solo la durata della prescrizione. È fondamentale infatti comprendere anche da quando intercorre questo periodo.

La prescrizione del debito per le spese condominiali è di 5 anni. Trascorso questo periodo, il condominio non potrà più far valere il proprio credito sul proprietario moroso. La legge prevede che la prescrizione vada calcolata a partire dall’approvazione della delibera dell’assemblea dello stato di riparto delle spese. Questo termine è però rinnovabile.

L’amministratore, infatti, può (anzi, dovrebbe) inviare una lettera di diffida e di messa in mora al debitore. La data della raccomandata indica, a questo punto, il nuovo termine di decorso della prescrizione. Quest’azione ha quindi l’effetto di bloccare il decorso dalla delibera del riparto delle spese, azzerando il conteggio e facendolo ripartire da capo. I cinque anni della prescrizione sono quindi da intendersi in senso continuativo e senza interruzione o azzeramento mediante una diffida.

Non solo. In caso di adempimento, il legale scelto dall’amministratore può anche richiedere al tribunale un decreto ingiuntivo con esecuzione immediata. A tal punto, dopo pochi giorni dalla notifica, il debitore potrà subire il pignoramento dei suoi beni.

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Manutenzione del balcone incassato: chi paga?

Oggi parliamo di balconi incassati. Abbiamo già visto che esistono vari tipi di balcone, a ciascuno dei quali corrisponde una diversa suddivisione delle spese. Su questo, incide ovviamente anche la natura dell’intervento (se di manutenzione ordinaria o straordinaria) e la parte del balcone interessata. Tutti fattori che, combinati, possono richiedere ripartizioni diverse dei costi. Vediamo quindi cosa succede nel caso specifico della manutenzione dei balconi incassati. Chi paga le spese di riparazione? Il proprietario o l’intero condominio?

Innanzitutto: che cos’è un balcone incassato? Si tratta di una tipologia di balconi molto diffusa. In questo caso, la struttura non sporge rispetto al muro perimetrale del condominio. Il balcone è quindi compreso all’interno dell’edificio e chiuso su 2 lati (a L) o su 3 lati (a U). Appartengono a questa tipologia anche le terrazze a castello e i balconi a loggia. La particolare conformazione dei balconi incassati rispetto, ad esempio, a quelli aggettanti, ne determina una ripartizione diversa delle spese.

Cominciamo dalla manutenzione del balcone incassato nella sua parte frontale, che corrisponde, a livello di sporgenza, alla facciata del condominio. Questo elemento, come abbiamo spesso ricordato, appartiene agli elementi comuni di un condominio. Al suo mantenimento devono quindi contribuire tutti i proprietari, in misura proporzionale ai valori delle tabelle millesimali.E per quanto riguarda le altre parti dei balconi incassati? Chi paga le spese di manutenzione?

Soletta del balcone incassato in condominio: chi paga la manutenzione?

Se la riparazione riguarda il pavimento calpestabile di un balcone, la ripartizione delle spese cambia e non è più condivisa da tutti i condòmini. Bisogna comprendere innanzitutto quale parte del pavimento del balcone incassato è interessata dal danno da riparare.

Il solaio, anche detta soletta, è la struttura “intermedia” sul quale poggia il balcone. Funge, quindi, sia da pavimento per il condomino al piano superiore, sia da soffitto per quello del piano inferiore. L’elemento è quindi in comproprietà fra i due proprietari, che dividono fra di loro le spese di manutenzione della soletta. A dirlo è l’articolo 1125 del Codice Civile, per il quale:

Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti.

A questo punto, è facilmente intuibile come verranno ripartiti gli altri elementi nella manutenzione del balcone incassato.

  • Il pavimento del balcone funge da calpestio per il condòmino superiore. Come se fosse un semplice prolungamento del suo pavimento di casa, il proprietario ne paga quindi da solo le spese di manutenzione.
  • La manutenzione del soffitto del balcone spetta, invece, al condomino del piano inferiore. Ci riferiamo, ad esempio, all’intonaco del soffitto o alle decorazioni superiori.
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Imbiancare il pianerottolo condominiale: chi può farlo?

Il pianerottolo è una delle parti comuni dei condomini più utilizzata dai proprietari. Proprio perché adiacente all’ingresso delle abitazioni, queste aree sono quindi spesso oggetto di contesi e di dibattito per quanto riguarda non solo il loro mantenimento ma anche il loro arredo. Un’azione che spesso accende la discussione riguarda l’imbiancamento delle pareti, spesso ritenuta legittima dai vari proprietari che reputano il pianerottolo come una sorta di estensione dei loro immobili. Ma è possibile imbiancare il pianerottolo condominiale senza il consenso degli altri? O bisogna prima rivolgersi all’assemblea? E come ripartire le spese?

Il pianerottolo è in realtà da considerarsi come un’estensione delle scale, quindi un’area comune a tutti gli effetti. Questo, naturalmente, a meno di precise indicazioni di proprietà contenute nei contratti di compravendita degli immobili. Ciò vuol dire che anche a queste aree che danno accesso agli immobili vanno applicati gli stessi principi e le stesse norme relative i lavori di manutenzione e di riparazione dei beni comuni. Tanto quanto il giardino condominiale e il cortile condominiale. È bene quindi innanzitutto ricordare tale disciplina.

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Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria, non è necessaria l’approvazione preventiva dell’assemblea. Questo compito infatti spetta all’amministratore che provvederà automaticamente ad autorizzare l’intervento e ripartire poi le spese fra tutti i condomini. Opere di manutenzione straordinaria invece consistono in interventi più invasivi e anche costosi, e richiedono quindi il via libera dell’assemblea condominiale. Tanto più se si tratta di riparazioni straordinarie di notevole entità.

Imbiancare il pianerottolo condominiale: chi paga?

Un intervento come imbiancare il pianerottolo condominiale rientra nella manutenzione ordinaria o straordinaria? Dipende, naturalmente, dal lavoro richiesto. Se si tratta di imbiancare una piccola porzione di muro o di rifinire alcune aree ridotte non c’è bisogno di chiedere nessuna autorizzazione. Si può procedere direttamente avvisando semplicemente l’amministratore. Attenzione però: se l’intervento non è urgente, accollandoti le spese non hai diritto a ricevere nessun rimborso.

Non è quindi vietato in assoluto agire in autonomia se si ritiene necessario, ma al prezzo di dover sostenere l’intero costo dell’intervento. Se si tratta invece di imbiancare l’intero pianerottolo o di opere più incisive, è necessario passare per l’approvazione dell’assemblea condominiale. Questo, anche se si tratta di tinteggiare tutti i pianerottoli, con un conseguente onere economico di maggiore entità.

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Ripartizione delle spese per i pluviali condominiali

Torniamo a parlare di spese relative ai beni comuni. Oggi ci occupiamo dei pluviali, ossia i canali di scarico che permettono il confluire delle acque piovane. Trattandosi di beni comuni poiché funzionali a tutto l’edificio, di norma le spese di riparazione di questi elementi, così come di grondaie e doccioni ad esempio, andrebbero ripartite fra tutti i condomini. La questione, ad ogni modo, non sempre è così lineare. Vediamo perché e come risolvere eventuali controversie riguardo alla ripartizione delle spese per i pluviali.

Quando bisogna stabilire in che termini effettuare la ripartizione di spese per i pluviali in condominio bisogna ragionare ai sensi dell’articolo 1123 del Codice Civile. Lo stesso che si applica anche alla gestione del lastrico solare, ad esempio. Può infatti capitare che un lastrico sia di proprietà esclusiva di uno o più condòmini e che non rientri dunque esplicitamente fra i cosiddetti beni comuni condominiali. Cio nonostante, il lastrico non funge solo da spazio calpestabile per i suoi proprietari, ma svolge una fondamentale funzione di copertura di cui godono, anche se indirettamente, tutti i condomini.

Allo stesso modo, i pluviali installati su un lastrico solare. Grondaie e canali di scarico possono attenere a una sfera di proprietà esclusiva di alcuni condomini, ma offrono comunque un servizio all’intero edificio. Un servizio che consiste nel far confluire acque piovane verso il suolo. Se ne deduce che, anche in questo caso, la ripartizione delle spese per i pluviali vada effettuata fra tutti i condòmini in base alle tabelle millesimali.

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Spese per i pluviali e applicazione dell’articolo 1123

Questo, in applicazione dei criteri di ripartizione stabiliti all’articolo 1123. Qui si legge infatti che, a prescindere dalla proprietà esclusiva o comune di un bene, l’assemblea debba deliberare la ripartizione delle spese per la «prestazione dei servizi nell’interesse comune». Come? In misura «proporzionale al valore della proprietà di ciascuno». Questo, salvo diversa convenzione.

Questo criterio legale non può essere modificato con nessuna delibera, a meno che non venga approvata all’unanimità una modificazione contrattuale del regolamento in tal senso. Questo, perché non si tratterebbe solo di stabilire una diversa ripartizione delle spese per i pluviali. Sarebbero, invece, coinvolti i diritti stessi di proprietà dei singoli.

Se si tratta invece di pluviali installati su un lastrico solare che ricopra solo una parte di edificio – e, dunque, sia funzionale solo a una parte di condòmini? In tal caso «le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne». Alla ripartizione delle spese per i pluviali parteciperanno dunque solo quei condomini la cui proprietà è compresa sotto la verticale relativa al lastrico.

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È possibile fare il distacco dall’autoclave condominiale?

Fra i beni sottoposti a un regime di comunione all’interno di un condominio rientrano, certamente, anche gli impianti centralizzati di riscaldamento e le autoclavi. Abbiamo già visto cosa succede quando, a causa di mancati pagamenti di bollette, si rischia di incorrere nel distacco idrico in condominio. Può capitare però che un condomino decida sua sponte di distaccarsi da questo impianto idrico centralizzato per una serie di motivi. La legge lo permette, ma a determinate condizioni. Vediamo come è possibile fare il distacco dall’autoclave condominiale.

Può ad esempio accadere che l’impianto dell’autoclave condominiale sia troppo vecchio e quindi poco efficiente, ma non effettivamente tanto danneggiato da richiedere una manutenzione. Oppure, un condomino può semplicemente decidere di installare la propria autoclave negli spazi di sua proprietà così da non dover provvedere a spese di manutenzione collettive. Su questo argomento si esprime, con una certa chiarezza, l’articolo 1118 del Codice Civile. Secondo questa norma è possibile che un condòmino effettui il distacco dall’autoclave condominiale

Se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini.

Nessun limite quindi all’”indipendenza idrica” di un proprietario che voglia tirarsi fuori da questa comunione. a meno che, naturalmente, il suo distacco non rechi un pregiudizio agli altri proprietari. In tal caso la legge prevede che il condomino rinunziante sia comunque «tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma».

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Bisogna chiedere il permesso per il distacco dall’autoclave condominiale?

La possibilità di distacco dall’autoclave quindi non è esclusa. Non solo. L’interpretazione della giurisprudenza prevede che il condòmino non debba nemmeno chiedere il permesso all’assemblea condominiale. Tutto ciò che il proprietario deve fare è quindi dimostrare preventivamente in sede assembleare e attraverso una specifica documentazione tecnica che il suo distacco non rechi pregiudizio agli altri proprietari.

A quel punto, sarai pienamente legittimato ad installare un’autoclave tutta tua. Per quanto riguarda le spese, quindi, non dovrai più concorrere alle spese per i consumi ordinari. Rimangono fisse, invece, le spese per la manutenzione, proprio per l’origine comune del bene. Come, ad esempio, le spese da sostenere in caso di autoclave rumorosa in condominio.

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Muro di confine tra due proprietà: di chi è?

Abbiamo già parlato dei casi in cui due fondi diversi siano separati da siepi sul confine. In altri casi però, a fare da spartiacque fra due proprietà diverse sono muri. Che si tratti di due edifici distinti o di due appartamenti contigui separati da una parete in condominio, vediamo come avviene la gestione di un muro di confine tra due proprietà. Di chi è questo muro e, soprattutto, chi deve pagare in caso di spese di manutenzione o risarcimento danni all’altro proprietario (o a terzi)?

In generale, la legge presume che la proprietà di un muro di confine tra due proprietà sia condivisa. I due comproprietari infatti godono, in linea teorica, dello stesso diritto sul muro che fornisce loro il medesimo servizio di separazione e protezione. Questo vale sia per i muri fra fondi distinti sia per i muri condominiali che separano le unità immobiliari di un condominio. È possibile, in ogni caso, presentare delle prove di una esclusività della proprietà del muro. Ad esempio, riportando l’acquisizione dello stesso mediante il contratto di compravendita dell’appartamento. Fino a eventuali rivendicazioni, il muro viene però considerato come comproprietà.

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A meno che uno dei due proprietari non porti all’altro le prove di un diritto esclusivo di proprietà sul bene, ogni spesa di riparazione che concerne il muro di confine tra due proprietà andrà equamente divisa fra entrambi. La legge dedica poi ampio spazio nel Codice Civile al caso in cui il muro divisorio separi due fabbricati distinti, come due condomini o un condominio e un’abitazione indipendente. Anche in questo caso si presume la comproprietà. Esistono però delle altre eccezioni, oltre alla possibilità di dimostrare con un documento la proprietà esclusiva del muro di confine. Vediamole.

Muro di confine tra due fondi di proprietà diversa: quali eccezioni?

In particolare, la legge prevede che in alcuni casi la proprietà di un muro di confine ricada su uno solo dei due proprietari. Questo avviene in due eccezioni alla regola, fissate dall’articolo 881 del CC. La prima è il caso in cui il muro sia divisorio fra due campi (o due giardini, orti, cortili et similia). In questo caso, la sua proprietà è esclusivamente del proprietario del fondo in favore del quale si riversa il piovente (la grondaia di scorrimento dell’acqua sul muro).

Altra ragione di esclusività di proprietà sta nella presenza di cornicioni, decorazioni o vani; il proprietario sul cui fondo si affacciano tali sporti avrà un diritto di proprietà anche sul muro divisorio. Viceversa, un proprietario può chiedere la comunione forzosa di un muro quando esso, pur trovandosi nella proprietà di un altro soggetto, funge sostanzialmente da delimitazione fra i due fondi.