img1

Umidità di risalita dal sottosuolo in autorimessa condominiale

L’umidità è un nemico insidioso e spesso difficile da combattere. Condizioni ambientali, conformazione strutturale degli edifici e mancata manutenzione spesso trasformano delle semplici infiltrazioni in danni a pareti, pavimenti e oggetti. In particolare l’umidità di risalita è un fenomeno frequente connesso al sottosuolo che, per le sue condizioni, traspira in modo capillare danneggiando così il primo piano o il piano interrato di un edificio. Area che, spesso, corrisponde al garage o ai box auto. Vediamo come dividere le spese di riparazione in caso di danni provocati da umidità di risalita dal sottosuolo in autorimessa condominiale.

È bene innanzitutto definire l’umidità di risalita individuandone le possibili cause. Spesso il problema si presenta in concomitanza con un mancato rivestimento della pavimentazione o con un guasto nel sistema di isolamento predisposto dal costruttore. A questa situazione concorrono altri fattori come le condizioni climatiche del luogo e la qualità dei materiali di costruzione. Ad ogni modo, il primo punto fermo è che un danno da umidità di risalita è connesso al sottosuolo che costituisce a tutti gli effetti un bene comune del condominio.

Per sottosuolointendiamo infatti la porzione di terreno sottostante un edificio, comprensivo tanto della superficie più esterno quanto degli strati più profondi. Quest’area è da annoverarsi fra le parti comuni (insieme agli altri elementi indicati all’articolo 1117) poiché svolge una funzione di sostegno e base strutturale dell’intero fabbricato. Ecco quindi che l’umidità di risalita trova la sua origine in una porzione condivisa di condominio. Questo è determinante per stabilire come dividere le spese per danni all’autorimessa condominiale.

Di chi è la responsabilità di danni da umidità di risalita dal sottosuolo?

Sulla base di questo principio generico, è evidente a un primo sguardo che i danni da umidità di risalita dal sottosuolo sono imputabili al custode degli spazi comuni, vale a dire il condominio stesso. È infatti compito dell’amministratore, quale figura rappresentante del condominio, prendersi cura della manutenzione per prevenire eventuali danni. Questo paradigma è applicabile tanto nel caso in cui i danni si limitino all’autorimessa condivisa quanto nei beni di proprietà esclusiva danneggiati dall’umidità di risalita. In tal caso, al condominio quindi l’onere sia di risarcimento civile del danno sia di riparazione del guasto.

La Cassazione ha chiarito come in questi casi vada però stabilita una responsabilità oggettiva in termini di negligenza o di mancata custodia. L’amministratore può ad ogni modo dimostrare che il danno da infiltrazione di umidità di risalita dal sottosuolo sia stato cagionato da un evento esterno, fortuito e autonomo nonché imprevedibile. Ad esempio, un evento atmosferico eccezionale come un acquazzone improvviso.

La catena delle responsabilità, poi, può anche essere estesa, tramite apposite perizie, ad altri soggetti. L’amministratore può, ad esempio, individuare un difetto di costruzione che ha ampliato gli effetti dell’umidità di risalita dal sottosuolo. Parliamo, appunto, di gravi difetti di costruzione imputabili interamente alla ditta del costruttore. L’azione può quindi essere mossa o contro il condominio, che a sua volta può rifarsi sul costruttore, o direttamente su quest’ultimo se si rientra nel termine decennale di garanzia della prestazione. In tal caso, è fondamentale anche la tempestività della segnalazione del danno ad opera dei condomini, pena la riduzione del diritto al risarcimento.

img1

Assicurazione globale fabbricati in condominio: è obbligatoria?

Guasti improvvisi, crolli o intasatura dello spurgo condominiale. E ancora vizi di costruzione sul lastrico, difetti nella gestione dei conti e responsabilità civile e penale per infortuni nel palazzo. Sono moltissime le evenienze dalle quali un condominio può decidere di tutelarsi con una polizza. Tuttavia è bene fare chiarezza su questo tipo di contratto assicurativo. A chi spetta la sua stipulazione e in quali termini? E soprattutto: l’assicurazione globale per i fabbricati in condominio è obbligatoria? Vediamo cosa dice la legge in merito.

Il primo punto sul quale fare chiarezza è l’obbligatorietà. L’assicurazione globale per i fabbricati in condominio non è obbligatoria per legge. Unica condizione capace di imporre un obbligo in capo ai condomini sono eventuali indicazioni contenute nel regolamento condominiale. In genere, si tratta di norme contrattuali, quindi di clausole votate e approvate all’unanimità da tutti i condomini. Questo criterio più “rigido” dipende, naturalmente, dal fatto che i costi per l’assicurazione in condominio andranno poi divisi equamente fra tutti i proprietari.

Solo nel caso in cui sia il regolamento a prevedere tale obbligo l’amministratore di condominio può procedere con la richiesta di preventivi senza chiederne l’approvazione. Resta, ovviamente, invariato l’obbligo di comunicazione all’assemblea dei termini del contratto, in modo che la gestione dell’assicurazione sia trasparente e approvata in ogni sua clausola dai proprietari che ne pagano il conto. Difatti, l’assemblea condominiale è tenuta ad approvare la stipulazione finale del contratto. Senza il suo benestare, non è possibile firmare nessuna polizza.

img2.jpg

L’assicurazione può essere uno strumento utilissimo in molti casi e, a dispetto di quanto si possa pensare, a tutela di danni tanto alle parti comuni quanto alle unità di proprietà esclusiva. Vediamo meglio quali tipi di danni sono protetti da una polizza condominiale.

Quali rischi copre l’assicurazione globale fabbricati in condominio?

Una polizza condominiale può ricoprire due macro-tipologie di danni. Parliamo, innanzitutto, di danni materiali a parti dell’edificio o all’intero stabile. In questo caso, ci si riferisce generalmente a danni provocati da agenti esterni quali incendi, scoppi, crolli e persino danni da emissioni di fumo. Come tutte le polizze, anche l’assicurazione globale fabbricati è un documento personalizzabile. Questo significa che ogni condominio deve valutare quali siano le cause di rischio principali dello stabile, dagli agenti atmosferici alle infiltrazioni.

È possibile includere nell’assicurazione anche copertura da danni di altra natura, come quelli da responsabilità civile. Parliamo, quindi, di una protezione finanziaria e legale in caso di condomini morosi, di spese processuali per cause giudiziarie, di risarcimento a terzi o ai condomini stessi per danni cagionati dall’incuria di un proprietario o dell’amministratore. Inclusi anche dei vizi di costruzione direttamente imputabili a una ditta che hanno causato dei danni a un’area comune o a una proprietà esclusiva.

img1

Di chi è la responsabilità di un infortunio sulle scale condominiali?

Quando si parla di infortuni domestici non bisogna tener conto solo di quelli che accadono fra le mura di casa, ma anche degli incidenti che avvengono nelle aree comune condominiali. Ad esempio, sulle scale. Capita, purtroppo, che una semplice caduta si trasformi addirittura in un evento fatale per il malcapitato. In queste situazioni, al danno fisico o al dolore per una perdita si aggiungono anche dei ragionamenti sulla responsabilità del fatto. Erano scale mal custodite? C’erano crepe o dislivelli? Erano rese scivolose da una perdita non asciugata? E ancora, di chi è la responsabilità di un infortunio sulle scale condominiali?

Il caso è stato sollevato più volte dinnanzi alla Corte di Cassazione, la quale ha come sempre provveduto a fornire alcune interpretazioni giurisprudenziali del principio di responsabilità penale in condominio. Partiamo con le indicazioni generali fissate nel Codice Civile. Parlando dell’amministratore, sappiamo già che questa figura ha in capo obblighi ben precisi per legge.

Fra questi rientra il dovere di custodia del condominio e dei suoi beni comuni. La custodia implica, come si legge all’articolo 2051, una responsabilità sui danni cagionati dal bene stesso, «salvo che provi il caso fortuito». Di qui, una prima risposta. La responsabilità di un infortunio sulle scale condominiali è, congiuntamente, dell’amministratore e del condominio quando il danno poteva essere evitato se il bene comune fosse stato custodito con la dovuta attenzione.

Caso fortuito: quando la responsabilità di un infortunio sulle scale non è condominiale

Allo stesso tempo, il condominio può dimostrare in via giudiziale che l’incidente ha avuto origine da un caso fortuito. Si intende, in questo senso, di cause di forza maggiore e imprevedibili, come ad esempio un evento atmosferico violento e inaspettato. Rientrano nel caso fortuito anche i comportamenti imprudenti della vittima del danno o di un terzo, non imputabili né all’amministratore né al condomino. Se un soggetto cade dalle scale del condominio perché spinto da un terzo, ad esempio, o perché non ha prestato attenzione ai cartelli esposti, non è possibile attribuirne la responsabilità al condominio.

La Cassazione ha ad esempio stabilito che un condominio che assicuri la pulizia delle scale due volte a settimana adempie adeguatamente al suo ruolo di custode. Non sarebbe pertanto imputabile a lui la presenza di rifiuti lasciati da terzi o da sostanze scivolose non segnalate sulle scale. Diversamente, un distacco improvviso della luce sulle scale che provoca la caduta di una persona è imputabile alla responsabilità del condominio, così come ha stabilito il Tribunale di Crotone con una recente sentenza.

img1

Danni da infiltrazioni: il condominio risponde in solido?

Quando si parla di “beni comuni condominiali” ci si riferisce a una categoria delicata. Da un lato, infatti, essi sono in comunione fra diversi proprietari, i quali però ne rispondono per conto di una figura giuridica unitaria, vale a dire il condominio. Non sempre, quindi, è facile scindere i due soggetti, specialmente quando si parla di responsabilità per danni a terzi o ai condòmini stessi. Ne è un tipico esempio il caso dei danni da infiltrazioni, nei quali spesso si configura una responsabilità in solido. Quando un condominio risponde in solido con i singoli condòmini per danni da infiltrazioni?

Si tratta, innanzitutto, di stabilire di chi sia la responsabilità di un danno. L’ultima parola spetta, come sempre, al giudice che risalirà al responsabile valutando chi avesse in cura la causa del danno. Ad esempio, la Corte di Cassazione ha di recente affermato di prediligere il “criterio dell’ubicazione” per stabilire la responsabilità per custodia di un elemento. Dunque, se la tubatura causa di rottura è situata nell’appartamento di un proprietario, la responsabilità ricade unicamente su di esso e non sull’intero condominio (sentenza n. 27248/2018). In tal caso, nessuna responsabilità in solido per il condominio.

Pixabay

Solidarietà impropria per danni da infiltrazioni: il condominio risponde in solido?

Se invece la causa di un danno dipendesse, ad esempio, dall’incuria del condominio stesso? Il quale, magari, non provvedendo alla tempestiva manutenzione di un bene, ne ha generato il deterioramento causando danni alla proprietà esclusiva di un singolo. Si tratterebbe, di fatto, di una solidarietà impropria, dato che il danno è stato causato da più soggetti (il condominio in toto e i singoli proprietari) legati a quel bene da titoli extracontrattuali diversi.

La solidarietà impone comunque che chi ha subito il danno debba ricevere l’intera somma del risarcimento da chi l’ha causato, indipendentemente dalle quote corrisposte da ciascuno. In tal caso, a pagare il risarcimento danni da infiltrazione sarà l’intero condominio. Naturalmente, in ragione delle quote stabilite dalle tabelle millesimali.

img1

Risarcimento danni degli inquilini: si pagano anche i mesi di riparazione?

Se un inquilino danneggia il tuo immobile, come e quanto ti deve risarcire? Una domanda che tutti i proprietari, almeno una volta, si sono chiesti. Le diatribe fra proprietari e inquilini in affitto sono una vera e propria storia infinita. Dai litigi di natura economica riguardo a locatari che non pagano il condominio al risarcimento danni degli inquilini alle questioni legate a danni materiali. Non è raro che queste liti si trasformino poi in vere e proprie odissee giudiziarie, che approdano fino all’ultima istanza, in Corte di Cassazione. Conoscere alcune di queste sentenze può essere utile per comprendere alcune dinamiche sulle quali la legge stessa, spesso, non è così chiara.

A fare chiarezza rispetto la questione di risarcimenti degli inquilini a danni provocati a un immobile è stata una sentenza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (7/3/19 n. 6596). Nel caso in esame un inquilino, al termine del contratto di affitto, lascia l’immobile in condizioni di degrado ben oltre il danno da utilizzo solitamente tollerato. Il proprietario, essendo quindi costretto a dei lavori lunghi e invasivi, deve rinunciare ad affittare nuovamente l’appartamento per tutto il periodo delle riparazioni. Per questo motivo, chiede che il risarcimento del danno sia comprensivo del mancato guadagno causato dall’impossibilità di affittare l’immobile nel periodo dei lavori.

Pixabay

L’articolo 1590 del Codice Civile stabilisce chiaramente che:

Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto.

È pacifico quindi che l’inquilino debba accollarsi il pagamento dei danni causati all’immobile. Non solo. La Corte di Cassazione con questa sentenza ha anche accolto la richiesta del proprietario riguardo al risarcimento danni degli inquilini.

Risarcimento danni degli inquilini per il mancato affitto?

La Corte ha infatti stabilito che nel conteggio dei danni da risarcire debbano rientrare anche le mensilità nelle quali i lavori di riparazione abbiano  impedito nuovi contratti di locazione. In sostanza, l’inquilino responsabile di un danno deve risarcire il proprietario anche di tutti gli affitti mancati che non ha potuto riscuotere a causa del danno stesso. Il risarcimento di questo mancato guadagno inoltre, come ha specificato la Corte, non deve essere sostenuto da effettive offerte di locazione alle quali il proprietario ha dovuto rinunciare. È sufficiente che sussista la mancata disponibilità del bene alla sua riconsegna.

Pixabay

Balcone aggettante con infiltrazioni: chi paga le spese?

La disciplina che regola l’utilizzo e i diritti di proprietà dei balconi condominiali è ben nutrita. Queste strutture sono infatti spessissimo oggetto di contesa fra condòmini. Esistono infatti vari tipi di balcone (ve ne abbiamo parlato qui) e a ciascuno corrisponde un diverso regime di spese. È importante conoscere questi passaggi per poi capire come attribuire la distribuzione delle spese di mantenimento o di risarcimento danni. Oggi ci occupiamo di un caso particolare: quello di un balcone aggettante con infiltrazioni. Chi deve occuparsi della manutenzione dello stesso o risarcirne i danni?

I balconi aggettanti sono prolungamenti dell’edificio strutturalmente autonomi da esso. Sporgendo in fuori, essi non esercitano alcuna funzione di copertura per il vicino del piano di sotto. Questo punto è rilevante perché ci fa già comprendere come avverrà la ripartizione di eventuali spese di riparazione. I balconi aggettanti infatti non sono parti comuni. Essi appartengono esclusivamente all’unità immobiliare della quale costituiscono un mero prolungamento esterno.

Dobbiamo però ricordarci del vincolo di decoro architettonico posto come obbligo ai proprietari di un condominio. Le componenti del balcone quindi, anche se aggettante, che contribuiscono a decorare o abbellire il condominio sono da ritenersi parti comuni. Si tratta, nello specifico, di elementi decorativi come fioriere e vasi di fiori, ma anche del rivestimento della facciata esterna e inferiore.

Chi paga i danni di infiltrazioni dal balcone aggettante?

Pixabay

Data la commistione di elementi di diversa proprietà, la risposta a questa domanda non è immediata. Che si tratti della manutenzione del balcone aggettante o di pagare una richiesta di risarcimento danni per infiltrazioni, la prima cosa da fare è capire quale parte del balcone vada riparata. Se si tratta di un intervento alla balaustra o alla pavimentazione ad esempio. Ne consegue, naturalmente, che se l’intervento riguarda una componente considerata comune, saranno tutti i condòmini a pagare secondo le tabelle millesimali.

Naturalmente, anche il tipo di intervento incide su questo. Se i lavori sono funzionali al decoro di tutto l’edificio (ad esempio, i rivestimenti danneggiati da un’infiltrazione), le spese verranno divise tra tutti. Se si tratta invece di lavori a parapetto, pavimento o la parte sottostante al piano di calpestio, le spese sono a carico del solo proprietario. Di nuovo: a meno che il sottobalcone non sia abbellito da stucchi o decorazioni. In tal caso rientreremmo nella questione comune del decoro architettonico. In caso di infiltrazioni sul proprio soffitto a causa di un balcone aggettante mal tenuto, sarà il proprietario a dover pagare le spese se la cagione del guasto è una sua negligenza.

Pixabay

Ripartizione delle spese fra vecchio e nuovo proprietario

Una fattispecie particolare ma che si presenta non di rado riguarda la ripartizione delle spese fra vecchio e nuovo proprietario di un’unità immobiliare. È il caso, insomma, di condòmino che vende il proprio appartamento e che vede sorgere, in seguito, delle spese di manutenzione o di risarcimento danni relative a questioni precedenti alla compravendita. A chi spetta quindi il pagamento delle somme dovute? Come si divide fra vecchio e nuovo proprietario? La risposta, tutt’altro che lineare, va ricercata tanto nella legge quanto nelle pronunce della giurisprudenza in merito.

Un primo punto fermo da fissare è nell’articolo 63 delle Disposizioni per l’attuazione del Codice Civile. Qui si leggono i doveri in capo sia all’acquirente sia al venditore. Rispettivamente:

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

E:                                     

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

Vanno specificati poi due principi di attuazione. Innanzitutto, si tratta di norme imperative e dunque inderogabili. In secondo luogo, per “anno in corso e quello precedente” si intende il periodo effettivo calcolato a partire dall’atto di compravendita. Non, invece, l’anno solare.

Ripartizione delle spese: ordinarie, straordinarie e di risarcimento danni

La casistica sottoposta all’attenzione dei giudici fornisce diversi esempi in cui non fosse ben chiaro come ripartire le spese fra vecchi e nuovi proprietari. In generale, la decisione ultima dipenda sempre e comunque da un’analisi contingente della situazione e richiede quindi solitamente il consulto di un esperto. Possiamo però riportare qui alcuni esempi generici.

Pixabay

Innanzitutto, si tende a operare una certa distinzione fra spese ordinarie di manutenzione e spese straordinarie, anche di notevole entità. Esse si distinguono non solo per la natura dell’intervento, ma anche per i criteri di approvazione in sede di assemblea condominiale. In generale, possiamo dire che le spese ordinarie spettano chi è proprietario dell’immobile nel momento dell’esecuzione dei lavori. Questo perché si tende a pensare che il soggetto che in quel momento abita nel condominio abbia interesse affinché i lavori ordinari di manutenzione siano svolti regolarmente.

Se si tratta invece di spese straordinarie, la ripartizione graverà su chi era proprietario dell’immobile nel momento della delibera assembleare che approvava questi lavori. Non si può infatti presumere che le opere straordinarie avrebbero ricevuto la stessa approvazione dal nuovo proprietario.

Un caso di ripartizione di spese per risarcimento danni fra vecchio e nuovo proprietario è stato di recente affrontato dal Tribunale di Caltanissetta. In sintesi, il nuovo proprietario di un immobile sito in un condominio si era opposto di partecipare alle spese di risarcimento di un danno cagionato a un altro condomino dalla mancata manutenzione dell’edificio. In questo caso, i lavori di riparazione e si erano svolti dopo la compravendita da parte del nuovo proprietario.

Il Tribunale ha però stabilito che fossero tenuti a partecipare alle spese di risarcimento solo i condòmini titolari di diritti nel momento in cui il danno si è effettivamente verificato. Era proprio a loro che spettava, infatti, l’obbligo di manutenzione dello stabile. Le spese di riparazione – in questo caso, quindi, divenute straordinarie – sono ricadute sul vecchio proprietario, e non sul nuovo.